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  • Sabato 22 agosto 2020

La canzone catalana che si canta nelle manifestazioni in Bielorussia

Si chiama "L'estaca", fu scritta da Lluís Llach nel 1968, durante il franchismo, e ha una storia particolare

(EPA/STR)
(EPA/STR)

Negli ultimi dieci giorni, durante le proteste che si stanno tenendo in Bielorussia contro il presidente Alexander Lukashenko, la folla ha intonato più volte la stessa canzone: L’estaca, una canzone catalana composta nel 1968 dal noto cantautore locale Lluís Llach. Potrebbe sembrare bizzarro che in un paese così lontano dalla Catalogna – geograficamente e culturalmente – si intoni una canzone composta più di mezzo secolo fa, e in lingua catalana. L’estaca è però una canzone particolare, con una storia particolare.

L’estaca, letteralmente “il palo” in italiano, fu composta durante la dittatura in Spagna del generale Francisco Franco. Llach scrisse il testo in catalano, scelta che già di per sé era un atto di ribellione contro la dittatura, visto che Franco aveva messo fuori legge l’uso della lingua. La canzone racconta un dialogo immaginario ispirato da alcune conversazioni che Llach aveva avuto con il nonno di un suo amico (“il vecchio Siset”, nella canzone): parla del fatto che tutti siamo legati a un palo da cui non riusciamo a liberarci, ma se tiriamo forte – «se io tiro forte di qua, e tu tiri forte di là» – riusciremo a farlo cadere (qui una traduzione italiana del testo).

Il palo rappresentava le limitazioni alla libertà imposte durante la dittatura di Franco, il quale dimostrò presto di non apprezzare troppo la canzone: il 13 dicembre 1969, durante il suo primo concerto al Palau de la Música di Barcellona, Llach disse che non avrebbe potuto cantare L’estaca, perché gli era stato proibito. Si limitò a suonarla, e il pubblico ci mise la voce.

Il fatto che fosse una canzone scritta contro una dittatura, fece sì che nel corso degli anni L’estaca fosse intonata in diversi paesi del mondo, e in versioni diverse, «sempre come simbolo della ribellione dei popoli», scrisse lo stesso Llach in un libro pubblicato nel 2007.

Per esempio un suo adattamento fu usato come inno, e con un significato anticomunista, dal sindacato polacco Solidarność, che sarebbe diventato poi il principale soggetto della transizione della Polonia dal comunismo alla democrazia.

Llach raccontò che «quasi tutti [in Polonia] pensavano che L’estaca fosse una canzone popolare polacca, perché il sindacato di Lech Wałęsa, Solidarność, negli anni Ottanta ne usò una versione adattata dal cantautore Jacek Kaczmarski, che fu intitolata Mury (muro). Esiste anche una versione di Mury tradotta in bielorusso, che era cantata nei comizi della leader dell’opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya prima ancora che iniziassero le proteste contro Lukashenko.

Altre due versioni di L’estaca divennero note negli ultimi anni: una, adattata da Yasser Jeradi e Lakadjina e intitolata Dima Dima, fu usata durante la Primavera araba in Tunisia, nel 2011; l’altra, più fedele al testo originale, fu adattata in russo dal gruppo Arkadiy Kots e fu usata durante le proteste contro la detenzione della punk band femminile Pussy Riot, che divenne nota per le sua azioni di protesta contro il regime autoritario di Vladimir Putin.

Nonostante Llach l’abbia descritta come «una canzone di sinistra e anticapitalista», nel corso degli anni L’estaca è stata usata per diversi tipi di rivendicazioni, tra cui quelle dell’indipendentismo catalano, di cui Llach è convinto sostenitore. A un certo punto iniziò a essere usata anche dalla Polizia nazionale spagnola (corpo spesso criticato dagli indipendentisti catalani) durante alcune marce in cui venivano chiesti stipendi più alti e condizioni di lavoro migliori. Nel 2012 Llach pretese che la Polizia smettesse di intonarla: «In quei giorni a Barcellona c’era una riunione di capi di stato; il pomeriggio la polizia andava a picchiare i gruppi anti-globalizzazione e poi cantava L’estaca. Feci leva sui miei diritti d’autore affinché gli agenti non la usassero mai più», raccontò Llach al giornale spagnolo L’Español nel 2017.

Llach ha terminato la sua carriera musicale nel 2007. Da allora si è dedicato alla scrittura e alla politica. Dall’ottobre 2015 all’ottobre 2017 è stato deputato del parlamento catalano, eletto con Junts pel Sì, la stessa forza politica dell’ex presidente indipendentista catalano Carles Puigdemont.