Fortnite ha deciso di fare la guerra ad Apple e Google

Ha introdotto un suo sistema di pagamenti che aggira le percentuali trattenute dagli store digitali ufficiali, pagandone subito le conseguenze

Epic Games, la società che produce il popolarissimo videogioco Fortnite, ha fatto causa ad Apple e a Google per la percentuale che raccolgono sui pagamenti fatti attraverso le app per i dispositivi iOS e Android. È una battaglia legale che ha attirato da subito grandi attenzioni, perché mette in discussione il modello di business alla base dei due servizi con cui si scaricano le app sui dispositivi Apple e Android – l’App Store e il Play Store – e che da tempo è assai criticato dagli sviluppatori, che accusano soprattutto Apple di trattenere percentuali fuori mercato sui pagamenti dentro alle app, sfruttando una posizione di fatto di monopolio.

Per scaricare un’applicazione su iPhone o iPad, bisogna necessariamente usare l’App Store, il servizio ufficiale di Apple. Google invece esercita un controllo meno stringente sul suo software, e permette in teoria di scaricare applicazioni anche da posti diversi dal Play Store, anche se rimane il servizio usato dalla stragrande maggioranza degli utenti. Fino allo scorso aprile, Fortnite non era per esempio presente sullo store ufficiale di Google.

– Leggi anche: Fortnite per principianti

Anche se un’applicazione è gratuita, può richiedere acquisti “in-app”, cioè fatti all’interno dell’app, per funzionare: sia Apple che Google richiedono che questi acquisti siano fatti con i loro sistemi di pagamento, e trattengono percentuali che arrivano fino al 30 per cento. Una quota estremamente più alta di quella trattenuta da altri servizi, come PayPal o Visa, sotto al 5 per cento. Questo meccanismo, peraltro, dà un grande vantaggio ai servizi di Apple, per esempio il servizio di streaming musicale Apple Music, che godono di un margine di guadagno superiore non dovendo dare un terzo dei ricavi a un’altra società.

Gli acquisti in-app sono spesso quelli sui quali si basa il modello di business degli sviluppatori: è il caso di Fortnite, un videogioco sparatutto che è diventato nel giro di pochi anni il più popolare al mondo e che è arrivato a fatturare 4,7 miliardi di dollari lo scorso anno. Si può giocare sulle console, sul PC o sugli smartphone, ed è gratuito: ma al suo interno si possono comprare tantissime funzioni aggiuntive, che rappresentano le entrate di Epic Games.

– Leggi anche: Fortnite non è solo un gioco

Giovedì Epic Games ha annunciato l’introduzione di un proprio servizio di pagamenti in-app, alternativo a quelli di Apple e Google, che offriva agli utenti un significativo risparmio perché non comprendeva la percentuale del 30 per cento precedentemente trattenuta. Come risposta, sia Apple che Google hanno escluso Fortnite dai propri negozi di app, spiegando che aveva violato i termini stabiliti quando aveva accettato di distribuire l’app attraverso i loro servizi. Significa che gli utenti non possono più scaricarla né aggiornarla, e quindi che se la situazione non si risolverà a breve non potranno più giocarci sui dispositivi iOS e Android. Potranno continuare a farlo da PC e dalle console, ma sarebbe comunque una perdita enorme per Epic Games.

È una cosa grossa, perché si parla di un videogioco che si stima sia giocato da 350 milioni di persone (è popolarissimo soprattutto tra gli adolescenti), e che ha dimensioni tali da potersi permettere di sfidare due delle più grandi e ricche società al mondo. La decisione di Epic Games è infatti stata di sfidare deliberatamente quello che considera un monopolio, specialmente nel caso di Apple visto che in teoria le app di Android si possono scaricare anche fuori dal Play Store.

In un lungo comunicato, Epic Games ha spiegato in pratica di aver deciso di intraprendere questa battaglia legale per mettere in discussione un sistema che, dice, limita la libera concorrenza tra gli sviluppatori e va a danneggiare gli utenti, costretti a spendere di più. Ha anche pubblicato un video che cita un famosissimo spot della Apple trasmesso durante il Super Bowl del 1984, che a sua volta si ispirava al celebre romanzo di George Orwell.

Da parte sua, Apple dice che Fortnite era a conoscenza del funzionamento dei pagamenti in-app su iOS, e ha spiegato che chi accetta i termini riceve tutti i vantaggi che hanno gli sviluppatori che lavorano su App Store, in termini di sicurezza, efficienza e assistenza. Come ha spiegato Epic Games, però, Apple fa in realtà delle eccezioni, per esempio per l’app di Amazon, per la quale non viene trattenuta la percentuale del 30 per cento su ogni acquisto. Sono comunque casi rari: Netflix e Spotify, per esempio, non fanno sottoscrivere gli abbonamenti sulle app di iOS e Android ma reindirizzano gli utenti al sito, per evitare di dare 3 o 4 dollari al mese (il 30 per cento dell’abbonamento) ad Apple. Per un videogioco come Fortnite, indirizzare gli utenti fuori dall’app per i pagamenti sarebbe una soluzione poco pratica.

Non è una storia nuova: sono anni che gli sviluppatori si lamentano di questo sistema, ma la battaglia legale di Epic Games è la prima volta in cui viene messo così seriamente in discussione. Le cause contro Apple e Google sono state depositate in un tribunale della California, e potrebbe volerci tempo prima che si risolvano: nel frattempo, Epic Games non può più distribuire gli aggiornamenti per iOS – quelli per Android sì, anche se è più difficile senza Play Store – e quindi potrebbe rimanere senza due grossi pezzi della sua base di utenti.

Anche per Apple però è un bel grattacapo, visto che potrebbero esserci utenti che non compreranno più iPhone, se non dovesse più supportare Fortnite: ma se avesse permesso a Epic Games di mantenere il sistema alternativo di pagamenti, nel giro di poco tempo l’avrebbero di certo introdotto tantissimi altri sviluppatori.