“L’Eredità” dovrà correggersi sullo status di Gerusalemme

Lo ha deciso il Tribunale di Roma, dopo che il noto programma della Rai aveva sostenuto che Gerusalemme fosse la capitale di Israele

Il conduttore Flavio Insinna (ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI)
Il conduttore Flavio Insinna (ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI)

Il tribunale di Roma ha deciso che la Rai dovrà rettificare la risposta di un quiz nel programma televisivo L’Eredità sulla capitale di Israele, che due mesi e mezzo fa aveva provocato molte polemiche. Il 21 maggio scorso, durante il noto programma di Rai 1 condotto da Flavio Insinna, una concorrente aveva risposto “Tel Aviv” alla domanda quale fosse la capitale di Israele. Insinna l’aveva corretta, sostenendo che la risposta giusta fosse Gerusalemme. Secondo quanto stabilito dal tribunale, durante la prossima puntata dell’Eredità, in programma per fine settembre, Insinna dovrà pronunciare questa frase:

«Il diritto internazionale non riconosce Gerusalemme quale capitale di Israele»

La stragrande maggioranza dei paesi del mondo, tra cui l’Italia, riconosce Tel Aviv come capitale di Israele, anche se sia gli israeliani che i palestinesi rivendicano Gerusalemme come propria capitale. Della questione si era parlato molto alla fine del 2017, con la decisione del governo statunitense di spostare la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo implicitamente quest’ultima come capitale del paese. La mossa dell’amministrazione Trump, che era stata seguita da alcuni altri paesi, era stata però condannata in una risoluzione adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, organo che rappresenta tutti gli stati del mondo. L’Italia era stata tra i paesi a condannare la decisione degli americani.

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Dopo le polemiche provocate dalla puntata del 21 maggio, Insinna aveva provato a fare mezzo passo indietro. Il 5 giugno, durante una successiva puntata dell’Eredità, aveva letto una dichiarazione che parlava di «controversia» e citava «posizioni diverse» su quale fosse la capitale di Israele, non accennando però a quanto ha stabilito finora il diritto internazionale. Insinna aveva detto: «Ci si può ritrovare involontariamente al centro di una controversia che chiama in causa vicende sulle quali non spetta certo a un gioco come il nostro intervenire». Aveva inoltre specificato che la domanda contestata era «da considerarsi nulla ai fini del gioco».

Le due associazioni che si sono rivolte al tribunale di Roma, l’Associazione palestinesi in Italia e l’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese, hanno però sostenuto che non ci sia alcun margine di incertezza sul fatto che la maggior parte della comunità internazionale non riconosca Gerusalemme come capitale di Israele.

Come ha ricostruito Repubblica, il tribunale ha dato ragione alle due associazioni: «È fatto notorio che il 21 dicembre 2017 l’Italia abbia votato a favore della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che rifiutava la decisione degli Usa di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele, così come è noto che le stesse Nazioni Unite si siano ripetutamente espresse sulla questione condannando l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e di Gerusalemme est, e negando qualsiasi validità giuridica alle decisioni di Israele di trasformarla nella sua capitale». Il tribunale ha aggiunto che le risoluzioni Onu «costituiscono diritto convenzionale direttamente applicabile nel nostro ordinamento».

Il tribunale ha anche detto: «Dare per assodato che la città di Gerusalemme sia la capitale dello Stato di Israele concreta la diffusione di una informazione errata. Definire la questione una “disputa”, come fatto durante la prima replica della Rai, non basta a rettificare quanto avvenuto in trasmissione, poiché non restituisce l’informazione (corretta) che la questione è sì obiettivamente controversa fra gli stati direttamente coinvolti, ma è altresì oggetto di una netta presa di posizione del diritto internazionale».