In Spagna quasi 100mila visoni di un allevamento saranno uccisi perché molti tra loro sono risultati positivi al coronavirus

Un visone in un allevamento italiano (A&G/Lapresse)
Un visone in un allevamento italiano (A&G/Lapresse)

Quasi 100mila visoni di un allevamento del nord-est della Spagna saranno uccisi perché molti tra loro sono risultati positivi al coronavirus. L’epidemia tra i visoni dell’allevamento, che si trova nel comune di La Puebla de Valverde, in Aragona, è stata scoperta dopo che la moglie di un uomo che ci lavora si è ammalata di COVID-19 a maggio; da allora altre sette persone dipendenti dell’allevamento sono risultate positive al coronavirus. L’87 per cento dei 92.700 visoni dell’allevamento è risultato positivo a sua volta. A fronte dell’abbattimento degli animali, che vengono allevati per la loro pelliccia, l’allevamento riceverà un risarcimento.

I visoni saranno abbattuti per «evitare il rischio di trasmissione alle persone», ha detto il ministro dell’Agricoltura dell’Aragona Joaquin Olona, anche se non esistono prove che il coronavirus si trasmetta dai visoni alle persone. Sappiamo che varie specie di animali – come cani, criceti, macachi, furetti, gatti e tigri – possono contrarre il virus, ma non se possa passare da questi animali alle persone.

Prima che in Spagna, anche in Danimarca e nei Paesi Bassi erano stati trovati casi di visoni da allevamento infetti. Nei Paesi Bassi, decine di migliaia di visoni sono stati uccisi negli ultimi mesi. Nel complesso le epidemie tra i visoni sono meno letali rispetto a quelle che si verificano a causa di altri virus che interessano il bestiame, come avviene per esempio nei pollai dove l’influenza aviaria può causare la morte di buona parte dei polli infettati. In Spagna esistono 37 allevamenti di visoni, dove ogni anno sono allevati 750mila animali, secondo i dati del WWF – pochi rispetto ai 17 milioni della Danimarca, agli 8 milioni della Polonia e ai 4,8 dei Paesi Bassi, dove comunque il settore è in calo per via della minore richiesta di pellicce per ragioni etiche.