Una canzone dei Simply Red

Non una cover, un lavoro di ingegneria

(Harold Cunningham/Getty Images for IWC)
(Harold Cunningham/Getty Images for IWC)

I Men at work sono ricordati quasi solo per quel successo pazzesco che fu Who can it be now? nel 1981. Ma fecero alcune altre cose buone prima di sciogliersi, e il loro cantante Colin Hay ha mantenuto una certa fama nei paesi di lingua inglese (erano australiani, lui nato in Scozia). Un loro ottimo pezzo si chiamava Overkill: ho trovato questo video di quattro anni fa in cui lui ne fa una bella versione con un popolare coro di Toronto (che fa di frequente spettacolini del genere).

Sunrise
Un pezzo della redazione è nella campagna toscana per un workshop del Post che dura fino alla fine della settimana, e in campagna come si sa ci si sveglia presto e però ne vale la pena, che ci si gode questo spettacolo di colline e luce dorata e quella cosa che chiamano alba a cui i risvegli si avvicinano sempre di più quando si invecchia. E insomma è finita che la newsletter che leggete stasera l’ho scritta stamattina e il mood è meno notturno del solito, e poi è giovedì: col sole che sorgeva, appunto.

Nella canzone dei Simply Red il sorgere del sole in realtà è nei tuoi occhi, e ci sono un po’ di altre fanfaluche di questo genere. Non è una canzone che si distingua per quel testo che lèvati.
As I look into your eyes I see the sunrise
The light behind your face helps me realize
Will we sleep and sometimes love until the moon shines
Maybe the next time I’ll be yours and maybe you’ll be mine

Però è una canzone che va che è una meraviglia in giornate così da prenderle alla leggera, oppure da alleggerirle se ne hanno bisogno. Per merito di alcuni fattori. Il primo è che in questo campionato i Simply Red sono sempre stati bravissimi e un po’ sottovalutati, malgrado i grandi successi commerciali: e hanno sparpagliato per gli anni Ottanta e Novanta un sacco di belle cose pop. Il secondo è che la canzone fu costruita nel 2003 con un brillante lavoro di ingegneria (chissà come gli venne in mente) sopra un pezzo del 1981 di Hall and Oates – dei quali torno a promettere che a un certo punto parleremo come meritano – sfruttandone quasi tutto e permettendosi di sacrificarne l’ottimo refrain. Il terzo è che invece di farne una cover, i Simply Red ci incastrano delle strofe loro diverse che funzionano benissimo. Il quarto è che il refrain che pure ci incastrano, stavolta senza dirlo ufficialmente, deve molto a un gran pezzo del 1974 che si chiamava How long (di cui uscirono successive cover).

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