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  • Mercoledì 24 giugno 2020

La bozza con le linee guida per la riapertura delle scuole

Circola da ieri, è molto generica e, di fatto, rimanda la maggior parte delle decisioni alle amministrazioni locali e ai dirigenti scolastici

Liceo classico e musicale Tassoni, Torino, 17 giugno 2020 (ANSA/TINO ROMANO)
Liceo classico e musicale Tassoni, Torino, 17 giugno 2020 (ANSA/TINO ROMANO)

Ieri diversi siti e giornali hanno pubblicato una bozza che conterrebbe le linee guida del ministero dell’Istruzione per la ripresa dell’attività scolastica a settembre. All’interno ci sono una serie di indicazioni che vanno dall’organizzazione della didattica alla formazione del personale: sono piuttosto generiche e, chiamando in causa l’autonomia, rimandano di fatto la maggior parte delle decisioni alle amministrazioni locali e ai dirigenti scolastici. Il 25 giugno la conferenza Stato-regioni si riunirà a Roma per approvare o meno le linee guida.

Nel testo vengono immaginate due ipotesi: che i contagi rimangano sotto controllo, o che invece peggiorino e si torni a un livello nuovamente emergenziale. Nel secondo caso, la bozza prevede l’avvio della didattica a distanza e invita le scuole ad organizzare attività specifiche di formazione per il personale docente in materia di utilizzo delle nuove tecnologie. L’obiettivo, si dice, è «non disperdere e potenziare ulteriormente le competenze acquisite nel corso del periodo di sospensione delle attività didattiche».

Nel caso in cui a settembre sia previsto il rientro a scuola, il documento dice che l’organizzazione sarà coordinata in ciascuna regione da appositi tavoli per rispondere, si dice, «alle esigenze del contesto di riferimento». Nella bozza si insiste molto sull’autonomia scolastica e quindi sulla flessibilità con cui ciascuna scuola potrà decidere di organizzarsi, anche in base agli spazi a disposizione. Il ministero dà però dei suggerimenti, che non sembrano in alcun modo vincolanti.

Viene ad esempio data la possibilità di «riconfigurare le classi in più gruppi di apprendimento», di dividere dunque la classe e far lavorare ciascun gruppo in ambienti diversi. Si propone poi di «articolare gruppi di alunni provenienti dalla stessa classe o da diverse classi o da diversi anni di corso», di creare cioè gruppi di studio eterogenei anche per età. La frequenza scolastica potrebbe essere organizzata in turni differenziati «anche variando l’applicazione delle soluzioni in relazione alle fasce di età degli alunni e degli studenti nei diversi gradi scolastici».

Per la secondaria di II grado, le linee guida provvisorie dicono che sarà possibile «permettere una fruizione per gli studenti, opportunamente pianificata, di attività didattica in presenza e didattica digitale integrata, ove le opportunità tecnologiche, l’età e le competenze degli studenti lo consentano»: per le scuole superiori si parla dunque di didattica a distanza. Sarà possibile, dice ancora la bozza, aggregare le discipline in aree e ambiti disciplinari ed estendere il tempo scuola settimanale anche al sabato. Le scuole potranno anche organizzare gli orari di entrata e di uscita in modo da evitare assembramenti nelle aree esterne.

Il documento fa riferimento anche ai cosiddetti “patti educativi di comunità”: vari soggetti pubblici e “attori privati” potranno cioè mettere a disposizione strutture e spazi per la didattica, o integrare la didattica stessa con attività alternative, come musica, sport o teatro.

Una parte delle linee guida è dedicata alle scuole dell’infanzia: si dice che per i minori di sei anni non è previsto l’uso di mascherine; gli educatori e le educatrici dovranno invece usare protezioni che li rendano riconoscibili ai bambini e che possano permettere un contatto ravvicinato.

Per quanto riguarda i dispositivi di sicurezza e di contenimento, la bozza rimanda al documento del Comitato tecnico scientifico dello scorso 28 maggio, che dovrebbe però essere aggiornato. Nelle linee guida provvisorie, dunque, non si parla di mascherine, di distanziamento fisico o di plexiglas.

Commentando la bozza su Repubblica di oggi, Antonello Giannelli, a capo dell’Associazione nazionale presidi (Anp), ha detto che il documento «è generico» e che «scarica la patata bollente sui dirigenti scolastici» senza prevedere però, per il buon funzionamento dell’autonomia, né nuove risorse di personale «per limitare il numero di alunni per classe» né «nuovi spazi per organizzare le attività didattiche».

Nel frattempo, martedì 23 giugno, il ministero dell’Istruzione ha inviato a tutte le scuole le linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica. A partire dal prossimo anno scolastico, questo insegnamento sarà infatti obbligatorio in tutti i gradi dell’istruzione, a partire dalle scuole dell’infanzia, con almeno 33 ore all’anno dedicate. Si studieranno, dice il MIUR, la Costituzione, lo sviluppo sostenibile (l’educazione ambientale, la tutela del patrimonio, del territorio e dei beni comuni) e la cittadinanza digitale: «A studentesse e studenti saranno dati gli strumenti per utilizzare consapevolmente e responsabilmente i nuovi mezzi di comunicazione e gli strumenti digitali. In un’ottica di sviluppo del pensiero critico, sensibilizzazione rispetto ai possibili rischi connessi all’uso dei social media e alla navigazione in Rete, contrasto del linguaggio dell’odio».