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  • Lunedì 1 giugno 2020

Brandelli di Ungaretti

Morì oggi 50 anni fa, fu un grande poeta per tutti e persino per certi liceali svogliati e bestie

di Luca Sofri

Giuseppe Ungaretti alla sua scrivania, Roma, 16 febbraio 1963
(@ArchiviFarabola/ANSA)
Giuseppe Ungaretti alla sua scrivania, Roma, 16 febbraio 1963 (@ArchiviFarabola/ANSA)

Oggi sono 50 anni dalla morte di Ungaretti. Come tutti gli studenti svogliati e un po’ bestie, non mi appassionavo tanto alla poesia, ma Ungaretti sovvertì questa pigrizia, e certi brandelli di versi a cui mi appassionai un sacco di tempo fa mi suonano ancora una meraviglia. Li incollo qui da una vecchia trascrizione ingenua, per altri tuttora ingenui e sentimentali.

Anche questa notte passerà
(Noia)

Sorpresa
dopo tanto
d’un amore
Credevo di averlo sparpagliato per il mondo
(Casa mia)

Balaustrata di brezza
per appoggiare stasera
la mia malinconia
(Stasera)

Conosco una città
che ogni giorno s’empie di sole
e tutto è rapito in quel momento
(Silenzio, 1916)

Il cielo pone in capo
ai minareti
ghirlande di lumini
(Notte di maggio)

Di che reggimento siete
fratelli?
(Fratelli, 1916)

M’illumino
d’immenso
(Mattina, 1917)

Mi si travasa la vita
in un ghirigoro di nostalgie
(Lindoro di deserto)

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
(Natale, 1916)

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
(Natale, 1916)

Esiti, sole?
(Aprile, 1925)

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
(Veglia)

È nuda anche la quercia,
Ma abbarbicata sempre al suo macigno
(Le stagioni, 1920)

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
(Soldati, 1918)

Allegria di naufragi
(titolo di Allegria di naufragi, 1917)

Bel momento, ritornami vicino.
(Ti svelerà, 1931)

Ricorderai d’avermi atteso tanto
E avrai negli occhi un rapido sospiro.
(La madre, 1930)

Fa, nel librato paesaggio, ch’io possa
Risillabare le parole ingenue
(Nelle vene, 1943)

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