A Bergamo stanno provando ad arrangiarsi, per fare più tamponi

Un'iniziativa di privati, d'accordo con l'ospedale, ha permesso l'acquisto di una serie di robot che dovrebbero raddoppiare i test quotidiani nella provincia

(Andrew Milligan - WPA Pool/Getty Images)
(Andrew Milligan - WPA Pool/Getty Images)

Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno l’ASST di Bergamo Est, uno dei tre gruppi ospedalieri della provincia, potrà raddoppiare il numero di tamponi per il coronavirus elaborati quotidianamente, grazie a una serie di macchinari acquistati grazie a un investimento del Rotary Club locale. Questi robot, 11 in totale, automatizzeranno quasi tutti i procedimenti che normalmente devono essere svolti – molto più lentamente – dai tecnici di laboratorio. Il risultato che si aspetta l’ASST di Bergamo Est, ha detto il direttore generale Francesco Locati, è che i tamponi elaborati ogni giorno aumentino di 2.000 o addirittura 2.500, dai 1.500 attuali analizzati in tutta la provincia.

I macchinari sono prodotti dall’azienda statunitense Opentronics, e non servono ad analizzare direttamente i tamponi. Sono bensì robot modulari che permettono di automatizzare quasi tutti i processi di preparazione dei tamponi, che normalmente sono svolti manualmente dai tecnici o con macchinari più piccoli. È un modo sperimentale di robotizzare il processo di laboratorio, che deve essere quindi appositamente progettato. Ad avere avuto l’intuizione di usare questi robot per aumentare i tamponi nei laboratori di Bergamo è stata la startup Multiply Labs, con sede a San Francisco ma fondata da due bergamaschi, e la società di consulenza Porsche Consulting, che hanno segnalato questa possibilità al Rotary di Bergamo, che ha provveduto a finanziarla.

Josef Nierling di Porsche Consulting ha spiegato che riproporzionando i vari moduli si potrà adattare la soluzione a laboratori grandi e piccoli, potenzialmente in tutta Italia. Con la prima fase, che dovrebbe partire a fine mese, il sistema di Bergamo potrà analizzare 140 tamponi all’ora, cioè oltre 2.000 al giorno lavorando su due turni: «ma è già in finalizzazione un secondo investimento che porterebbe l’output a più di 4.000 tamponi al giorno», ha spiegato Nierling.

Il fatto che in una delle province italiane più colpite dall’epidemia di COVID-19 si stia per provvedere a un aumento così significativo del numero di test eseguibili grazie a un’iniziativa privata, dopo mesi in cui la regione Lombardia sostiene tra molte critiche di star facendo tutto il possibile per aumentare il numero di tamponi, ha sollevato accese polemiche. Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha scritto su Twitter che l’operazione è «quel che la regione avrebbe dovuto fare e non ha fatto».

Alberto Barzanò, presidente della Commissione Azione Internazionale del distretto 2042 del Rotary Club, quello che ha coordinato l’operazione, ha spiegato al Post che l’iniziativa è effettivamente partita autonomamente, dopo che le strutture sanitarie locali – l’ATS di Bergamo e l’ASST Bergamo Est – avevano segnalato le difficoltà ad aumentare il numero di tamponi eseguiti, considerato uno dei problemi principali nella gestione dell’epidemia. 

L’operazione è stata portata avanti «tenendo informati tutti» e con contatti costanti con l’amministrazione comunale e regionale, ha spiegato Barzanò. Di fatto però il contributo della regione, che ha la competenza sulla sanità e a cui spetta il compito di aumentare la capacità dei laboratori che elaborano i test del coronavirus, si è limitato a ricevere gli aggiornamenti sull’avanzamento dell’acquisto, hanno confermato diverse persone vicine all’operazione.

Il costo totale dell’operazione è stato di circa mezzo milione di euro, provenienti dalle donazioni private. Oltre ad assicurare i robot, che sono al momento in viaggio dagli Stati Uniti, si è riusciti anche a ottenere una considerevole quantità di reagenti, le sostanze chimiche indispensabili per l’analisi dei tamponi e che notoriamente scarseggiano a livello nazionale. Sono prodotti da BP Genomics, ha spiegato Barzanò, che garantisce una produzione di 50mila test ogni due giorni che possono anche essere aumentati impegnandosi in ordini di due settimane.

– Leggi anche: Perché non stiamo facendo più tamponi?

All’accusa di Gori ha risposto il consigliere regionale leghista Giovanni Malanchini, dicendo che quella che ha assicurato i robot a Bergamo è stata una delle «grandi opere di solidarietà mandate avanti in collaborazione con alcuni rappresentanti dell’istituzione regionale e con le aziende sanitarie, sulle quali nessuno di noi ha voluto mettere il cappello». Malanchini ricordato che il Rotary «ha dialogato fin dall’inizio, anche su questa operazione, con alcuni rappresentanti dell’istituzione regionale».

Barzanò ha confermato di aver condiviso i dettagli del progetto tra gli altri con Malanchini, e riguardo alla polemica ha detto: «Hanno ragione tutti e due, da un lato è vero che l’iniziativa è nata dal Rotary, dall’altro abbiamo sempre avuto una condivisione con tutti. Ma l’iniziativa è nata dal Rotary, è fuori discussione».

Gori ha però ribadito l’accusa alla regione Lombardia al sito BergamoNews: «Per mesi mi sono sentito rispondere dagli assessori regionali che era “impossibile” reperire attrezzature e reagenti. Gli acquisti che il Rotary ha fatto negli Stati Uniti e in Inghilterra dimostrano che bastava metterci un po’ di impegno».

Nella conferenza stampa che ha presentato l’acquisto dei robot l’assessore alla Sanità della Lombardia Giulio Gallera, intervenendo brevemente per telefono, ha detto che «il problema più grande che abbiamo è proprio il numero di tamponi limitati», aggiungendo che «la strategia nazionale e regionale si incardina tutta sui tamponi». Nonostante gli sforzi per ampliare la rete di laboratori, Gallera ha ammesso che «tutto questo non è sufficiente per il bisogno e per tenere monitorata la diffusione del virus» e che quindi «una macchina del genere, che ha peraltro una potenzialità molto alta, per noi è importantissima». Barzanò dice che negli Stati Uniti ci sono altre macchine analoghe che sono già opzionate, «se la regione Lombardia riterrà, come noi speriamo, che il modello sia replicabile».