Perché nel governo si litiga sulla regolarizzazione dei migranti

Innanzitutto per la proposta in sé, ma anche per i numeri e la durata degli eventuali permessi

La ministra delle Politiche Agricole e Forestali Teresa Bellanova, Roma, 3 marzo 2020 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
La ministra delle Politiche Agricole e Forestali Teresa Bellanova, Roma, 3 marzo 2020 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

Oggi, giovedì 7 maggio, proseguiranno le trattative tra i partiti della coalizione di maggioranza sulla regolarizzazione delle persone migranti attualmente in Italia senza permesso di soggiorno: potrebbe essere inserita nel cosiddetto “decreto maggio” che in settimana dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri.

Nelle ultime ore ci sono stati diversi scontri politici, sulla questione. Parte del Movimento 5 stelle è contraria a una «sanatoria», mentre la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, di Italia Viva, la sta chiedendo da tempo e ha minacciato di dimettersi se non verrà approvata. Secondo Bellanova, quella sulla regolarizzazione dei migranti «non è una battaglia strumentale per il consenso: queste persone non votano. Se non passa, sarà un motivo di riflessione sulla mia permanenza al Governo. Non sono qui per fare tappezzeria».

Sulle modalità della regolarizzazione non ci sono però molte notizie né, per ora, un accordo: non è chiaro quanti e quali categorie di migranti lavoratori e lavoratrici dovrebbe riguardare, né quanto gli eventuali permessi di soggiorno dovrebbero durare.

Attualmente in Italia sono presenti circa 600 mila persone senza permesso di soggiorno. Bellanova sta chiedendo una regolarizzazione che le coinvolga tutte, e non solo in funzione del reperimento di manodopera per l’agricoltura – che quest’anno manca a causa dell’epidemia da coronavirus e del conseguente blocco delle frontiere – ma anche per estendere tutele, diritti, assistenza e controlli sanitari.

– Leggi anche: L’agricoltura ha un grosso problema

La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese è d’accordo sulla necessità di un intervento, ma di dimensioni numeriche più ridotte. Per Lamorgese, scrivono i giornali, la priorità sarebbero i braccianti agricoli di cui c’è bisogno per assicurare la raccolta nei campi: si tratterebbe di circa 200 mila persone che stanno già lavorando nella filiera produttiva agricola, ma senza un contratto visto che sono irregolari – e irregolari visto che sono senza contratto – e che sono quindi sfruttate. Ma la ministra dell’Interno sarebbe disposta ad allargare la regolarizzazione anche a colf e badanti in nero, altre 200 mila persone circa.

Sulla questione, il Movimento 5 Stelle è diviso. Roberto Fico, presidente della Camera, è favorevole così come il sottosegretario al Lavoro Steni Di Piazza e il presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, Giuseppe Brescia. Dall’altra parte, ci sono Vito Crimi, capo politico ad interim del Movimento dal gennaio 2020 dopo le dimissioni di Luigi Di Maio, e il sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia: «Se c’è una sanatoria modello Maroni non ci stiamo», ha dichiarato ieri Crimi.

La ministra del Lavoro Nunzia Catalfo (M5S) durante le trattative ha presentato diverse obiezioni e tentativi di mediazione al ribasso: hanno a che fare sia con la durata del permesso di soggiorno (non di sei mesi, come vorrebbe Bellanova, ma di due o meglio di uno soltanto) e con il numero di migranti che potrebbero ottenere il permesso di soggiorno temporaneo. Oggi, Giuseppe Conte cercherà di favorire una mediazione tra le parti.

Le associazioni del settore agricolo, così come i sindacati e diverse altre organizzazioni, chiedono da tempo una regolarizzazione. Cia-Agricoltori Italiani ha fatto sapere che «se non si agisce in fretta», la regolarizzazione «rischia di avere effetto fra troppi mesi, quando la stagione della raccolta sarà terminata e i prodotti saranno abbandonati nei campi per mancanza di forza lavoro, con la conseguenza per le famiglie di trovare scaffali vuoti nei supermercati».

I sindacati, così come le organizzazioni che si occupano di diritti delle persone migranti, non vogliono però limitare la regolarizzazione al solo settore agricolo perché, come ha dichiarato il segretario confederale della Cgil, Giuseppe Massafra, va tenuto conto «della condizione di ricatto e sfruttamento vissuta da tutte le lavoratrici e i lavoratori stranieri, attualmente sprovvisti di un regolare titolo di soggiorno, impiegati in vari settori dall’agricoltura, all’edilizia, al lavoro domestico e di cura, alla ristorazione, al commercio».