Boris Johnson è stato dimesso dall’ospedale

Boris Johnson in una foto scattata il 2 aprile (Han Yan/Xinhua via ZUMA Wire)
Boris Johnson in una foto scattata il 2 aprile (Han Yan/Xinhua via ZUMA Wire)

Il primo ministro britannico Boris Johnson è stato dimesso dal St Thomas’ Hospital di Londra in cui era stato ricoverato dopo un peggioramento dei sintomi da Covid-19 (la malattia provocata dal coronavirus), ma non tornerà immediatamente al lavoro.

Johnson aveva annunciato di essere risultato positivo al coronavirus (SARS-CoV-2) lo scorso 27 marzo. Il 5 aprile era stato trasportato in ospedale: la scelta era stata annunciata da un portavoce del suo ufficio come una “misura precauzionale”, “su consiglio del suo medico”. Il 6 aprile, però, Johnson era stato trasferito in terapia intensiva, dopo un peggioramento delle sue condizioni, e lì aveva passato tre notti, prima che le sue condizioni migliorassero. Nella mattina del 12 aprile è stato dimesso e andrà a Chequers, la residenza di campagna a disposizione del primo ministro britannico, per portare a termine la sua convalescenza.

Nelle prime ore del pomeriggio ha poi diffuso un breve messaggio, piuttosto commosso, che comincia così:

Buon pomeriggio, oggi ho lasciato l’ospedale dopo una settimana durante la quale l’NHS [il servizio sanitario nazionale britannico] mi ha salvato la vita. Non ci sono dubbi a riguardo.
È difficile trovare le parole per esprimere quanto io mi senta in debito, ma prima di farlo voglio ringraziare tutti i cittadini del Regno Unito per lo sforzo e il sacrificio che hanno fatto e stanno facendo.

Prosegue dicendo che il Regno Unito ha fatto progressi nella «battaglia contro il coronavirus» perché ha capito che l’intera nazione doveva fare da «scudo» verso il suo «bene più prezioso: il Servizio Sanitario Nazionale». Ha poi ringraziato tutti quelli che lavorano per contrastare il coronavirus negli ospedali: medici e infermieri ma anche cuochi e addetti alle pulizie, e ha ringraziato in modo particolare due infermieri che sono stati con lui nel momento peggiore della sua permanenza in ospedale: un’infermiera originaria della Nuova Zelanda, e un infermiere portoghese.