«È stato come accendere un cerino in un pagliaio»

Un'associazione di categoria che rappresenta diverse case di riposo ha criticato la decisione della Lombardia di fare ospitare alle strutture alcuni malati con la COVID-19

(ANSA/CESARE ABBATE)
(ANSA/CESARE ABBATE)

In una intervista al Quotidiano del Sud, il presidente della Lombardia di una grossa associazione di categoria delle case di riposo, Luca Degani, ha ribadito le sue critiche per la scelta della regione Lombardia di fare ospitare a queste strutture alcune persone infettate da coronavirus nei primi giorni dell’emergenza. «Chiederci di ospitare pazienti con i sintomi del COVID-19 è stato come accendere un cerino in un pagliaio», ha detto Degani, lasciando intendere che la decisione della regione sia una delle cause dell’aumento delle morti nelle strutture di assistenza per anziani in Lombardia, attribuito al coronavirus.

Degani – che lavora per Uneba, un’associazione che rappresenta un migliaio di enti socio-sanitari – si riferisce alla delibera XI/2906 emanata dalla regione l’otto marzo (PDF), in cui si chiedeva alle Residenze sanitarie assistenziali (RSA), cioè le case di riposo, di ampliare «la ricettività dei pazienti» in modo da ospitare i casi meno gravi di persone infettate da coronavirus, e liberare così alcuni posti letto negli ospedali (e permettere al personale sanitario di concentrare le energie sui casi più gravi).

Nei giorni successivi, come documentato dal Post e da diversi altri giornali, nelle case di riposo di molte città lombarde si è registrato un notevole aumento delle morti, spesso non attribuite ufficialmente al coronavirus per mancanza di risorse nel tracciamento dei casi.

«Quella delibera della giunta regionale l’abbiamo riletta due volte, non volevamo credere che dalla Regione Lombardia potesse arrivarci una richiesta così folle», ha spiegato Degani. Già da settimane gli anziani erano considerati fra le categorie più a rischio di contrarre il coronavirus in forme gravi, perché spesso soggetti a patologie pregresse (soprattutto se ricoverati in strutture sanitarie come le RSA). Poco dopo la sua approvazione la delibera era stata criticata dai sindacati e dai partiti di centrosinistra, ma la storia era passata in secondo piano rispetto alle notizie di quei giorni.

Degani non sa esattamente quante strutture abbiano accettato persone positive al coronavirus dagli ospedali – «la maggior parte delle nostre non ha dato seguito alla richiesta della regione, ma c’è chi l’ha fatto e poi si è pentito» – e al momento dati del genere non sono disponibili.

Nei giorni successivi alla delibera l’assessore al Welfare della Lombardia, Giulio Gallera, aveva difeso la misura sostenendo che i pazienti positivi al coronavirus potevano essere ospitati solo nelle RSA che avevano «piani separati, padiglioni separati o strutture indipendenti; con personale dedicato per pazienti stabilizzati che sono in via di guarigione o che non hanno particolari problemi».