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  • Giovedì 2 aprile 2020

La cascata più grande dell’Ecuador è scomparsa

Una frana ha deviato il corso del fiume a monte della spettacolare meta turistica, con ipotesi diverse sulle ragioni

(Ministerio de Turismo Ecuador/
 Flickr )
(Ministerio de Turismo Ecuador/ Flickr )

La cascata più grande dell’Ecuador, quella di San Rafael che si trova nella riserva ecologica di Cayambe Coca, non esiste più. Era un’attrazione turistica che attirava ogni anno migliaia di persone. Ora l’acqua non precipita più dai 150 metri della spettacolare caduta a causa di una grande buca nel terreno, creatasi a monte del percorso del fiume, che ha generato tre percorsi e tre cascate più piccole.

La cascata di San Rafael si trovava al confine tra le province di Napo e Sucumbíos, tra la catena montuosa andina e la regione amazzonica, alla confluenza dei fiumi Quijos e Salado. Secondo il ministero dell’Ambiente la frana che avrebbe cambiato il corso del fiume, causando un crollo della parete rocciosa e quindi la creazione di una dolina, sarebbe stata causata dalle forti piogge che si sono abbattute sulla zona nei primi giorni dello scorso febbraio.

Ma ci sono ipotesi diverse: alcune ricordano che si tratta di un’area di significativa attività sismica e vulcanica, mentre c’è chi indica l’influenza della vicina centrale idroelettrica, inaugurata nel 2016, situata a monte. Ora si temono conseguenze della mancanza di acqua a valle della cascata per le attività produttive, ma anche per le specie selvatiche e più in generale per l’habitat dell’area.

 

«Una cascata che è stata lì per migliaia di anni non collassa, per coincidenza, pochi anni dopo l’apertura di un progetto idroelettrico. Questi sono processi che sono in articoli scientifici e ci sono prove sufficienti che una diga può causare effetti di questo tipo su un fiume», ha dichiarato Emilio Cobo, coordinatore del programma per le acque del Sud America presso la International Union for the Conservation of Nature (IUCN).

«Quando un fiume perde sedimenti, l’acqua aumenta la sua capacità erosiva, un effetto chiamato “acque affamate”», spiega lo studioso. «Tutti i fiumi trasportano sedimenti erosi dai suoli e dalle rocce su cui passano. Tutte le dighe e i bacini idrici intrappolano parte di questo sedimento, in particolare materiali pesanti, privando così il fiume a valle del suo normale carico di sedimenti». Questa cosiddetta “acqua affamata” assorbe quindi rapidamente i sedimenti per recuperare quelli persi erodendo il letto e le rive del fiume, in un processo che, secondo Cobo, può avere contribuito all’apertura della dolina.