Si può – e si deve – andare a lavorare?

Cosa dice e cosa non dice il nuovo decreto sul coronavirus, tra ampie zone grigie

(ANSA / CIRO FUSCO)
(ANSA / CIRO FUSCO)

Il nuovo decreto del governo per le misure di contenimento del coronavirus stabilisce alcune misure in materia di lavoro, facendo una serie di inviti e raccomandazioni ma trasformando di fatto ogni situazione in un caso particolare in cui sta prevalendo la contrattazione privata tra lavoratori e datori di lavoro. Non esiste ancora, insomma, una politica unica, anche all’interno di medesimi settori con le medesime esigenze; come andranno le cose concretamente per ogni persona dipenderà dal tipo di lavoro svolto, dall’accordo raggiunto con la propria azienda e dalla dimensione dell’azienda stessa.

Ci sono lavori produttivi che richiedono la presenza, e altri no; ci sono aziende, ove possibile, che sono più attrezzate per trasformare il lavoro in presenza nel lavoro da casa, mentre altre non sono nella condizione di poter scegliere; altre ancora preferiscono di non attivare questa possibilità pur potendolo fare o non hanno ancora attivato l’accesso alle forme compensative create, nell’emergenza, dal governo. Andiamo con ordine.

Cosa dice il decreto
Nel nuovo decreto per isolare il più possibile i territori della Lombardia e di altre 14 province per contenere l’epidemia da coronavirus (SARS-CoV-2), al primo punto dell’articolo 1 si chiede di «evitare ogni spostamento delle persone fisiche» in entrata, in uscita e all’interno dei territori segnalati, «salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute».

Più avanti, sempre all’articolo 1, si «raccomanda» ai datori di lavoro pubblici e privati «di promuovere» fino al 3 aprile «la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie»; fermo restando quanto previsto più avanti da un comma dell’articolo 2 che norma, appunto, le modalità di “lavoro agile”. Per la durata dello stato di emergenza e per il lavoro subordinato, insomma, il decreto non obbliga ma raccomanda la promozione della modalità di lavoro esterna ai locali aziendali anche in assenza di accordi precedenti.

Concretamente
Come spiega il Sole 24 Ore, ai lavoratori delle zone interessate si presentano due possibilità: il lavoro da casa oppure l’invito a mettersi in congedo o ferie eventualmente fino al 3 aprile. «Nella “peggiore” delle ipotesi», scrive il Sole, «potrebbe trattarsi di 4 settimane di ferie che per la stragrande maggioranza dei lavoratori significherebbe esaurire tutte le ferie dell’anno. Un’eventualità più concreta per i lavoratori dell’industria che svolgono attività che richiedono la presenza in fabbrica, piuttosto che per gli addetti della ristorazione e delle pulizie».

L’altra possibilità è il lavoro da casa, che può essere attivato senza accordo individuale in tutta Italia, ma che evidentemente può essere limitato solo ad alcune tipologie di lavoro: non a quelle che prevedono una presenza. In ogni caso, se il datore di lavoro non ha permesso di lavorare da casa, se non ha attivato le misure di congedo o ferie, o l’accesso a qualche tipo di cassa compensativa, si può o ci si deve recare al lavoro, auto-certificando lo scopo dei propri viaggi in caso si venga fermati dalle forze dell’ordine.

Cosa si diceva nella bozza circolata prima del decreto ufficiale?
Il giorno prima della pubblicazione della norma definitiva era stata diffusa dai giornali una bozza del decreto non ufficiale e incompleta, nella quale le disposizioni sul lavoro e gli spostamenti erano più stringenti: si diceva infatti di evitare «in modo assoluto» ogni spostamento in entrata, in uscita e all’interno dei territori interessati, salvo che per gli spostamenti motivati «da indifferibili esigenze lavorative» o situazioni di emergenza. «Indifferibili» è diventato poi «comprovate»: rispetto alla versione definitiva c’è stato dunque un ammorbidimento, risultato molto probabilmente di una mediazione.

In una nota esplicativa del governo, pubblicata nel pomeriggio di domenica sul sito di vari ministeri, si chiarisce che le limitazioni entrate in vigore:

  • non si applicano alle merci (il personale che conduce i mezzi di trasporto può quindi entrare e uscire dai territori interessati e spostarsi all’interno degli stessi)
  • si applicano alle sole persone fisiche non sottoposte a quarantena o risultate positive al virus, «come letteralmente indicato»
  • non vietano alle persone fisiche gli spostamenti su tutto il territorio nazionale per comprovati motivi di lavoro. I transfrontalieri potranno quindi entrare e uscire dai territori interessati per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa
  • si potrà comprovare il motivo lavorativo dello spostamento «con qualsiasi mezzo, inclusa una dichiarazione che potrà essere resa alle forze di polizia in caso di eventuali controlli»

Cosa dicono le imprese
Assolombarda – l’associazione territoriale di Confindustria Milano, Monza Brianza e Lodi – e Confindustria sono intervenute sul tema con alcuni chiarimenti e spiegando che il decreto non prevede «il blocco delle attività produttive, delle attività lavorative, né tantomeno il blocco dei trasporti e della circolazione delle merci da e per le aree richiamate», dicendo in sostanza che le persone possono (e devono, quindi) continuare a lavorare.

Assolombarda, sul proprio sito, precisa dunque che in attesa di eventuali ulteriori disposizioni nel merito, gli interessati «potranno comprovare il motivo lavorativo dello spostamento con opportuni mezzi». E li indica:

a) il cedolino paga;
b) il tesserino di identificazione aziendale;
c) una dichiarazione del datore di lavoro che attesti l’esigenza del viaggio.
Tali documenti dovranno essere esibiti alle Autorità di pubblica sicurezza chiamate a monitorare l’applicazione delle misure di contenimento.

Se le «indifferibili esigenze lavorative» della bozza fossero diventate ufficiali nella versione definitiva, avrebbero forse reso più stringenti le limitazioni in materia di lavoro, ampliandone la validità a tutte le attività produttive o che richiedono una presenza fisica non “indifferibile” e rendendo più efficaci gli incentivi al lavoro da casa, quando possibile.

L’ammorbidimento deciso nella versione definitiva, e il mancato obbligo al lavoro da casa dove possibile, potrebbero causare un problema giuridico: nel caso cioè in cui fosse possibile attivare il lavoro da casa ma un’impresa scegliesse di non farlo, e nel caso in cui non si attivassero congedi e ferie. L’articolo 2087 del codice civile dice infatti che «l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». La normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro propone poi una serie di norme per la gestione della sicurezza e della salute in ambito lavorativo di tipo preventivo e permanente, attraverso l’individuazione dei fattori e delle sorgenti di rischio e la loro riduzione. Per proteggere i lavoratori, facendo leva sul codice civile e sulla normativa di settore, il lavoro da casa – ove possibile – potrebbe dunque essere richiesto ma non preteso: e questo proprio per come è strutturato il decreto, che non obbliga ma invita, lasciando di fatto una serie di zone grigie.

E chi è in auto-isolamento ma senza sintomi?
Potrebbe esserci poi un altro problema: la situazione, infatti, non è ancora sufficientemente chiara per chi è stato posto in auto-isolamento dall’autorità sanitaria. Per esempio le persone che sono entrate in contatto con una persona contagiata dal virus e che, facendo un lavoro che richiede presenza, non possono lavorare pur essendo asintomatiche. Tecnicamente per loro non si può parlare di malattia: di chi sono dunque a carico? Ancora una volta, al momento la risoluzione del problema deve passare da una negoziazione privata con il proprio datore di lavoro, almeno finché un eventuale intervento dell’INPS non porti a comparare questi casi a quelli di un malato vero e proprio.