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  • Lunedì 17 febbraio 2020

Salvini ha favorito il «business dell’accoglienza»

Tagliando i fondi per i centri per migranti ha dato vantaggi alle cooperative e aziende più grosse e meno interessate all'integrazione, scrive Internazionale

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

La giornalista Annalisa Camilli, una delle più esperte e preparate in Italia sull’immigrazione e l’accoglienza, ha ripreso su Internazionale un recente rapporto di Action Aid e Openpolis da cui emerge che diverse misure decise dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini abbiano favorito il cosiddetto «business dell’accoglienza», cioè quello portato avanti da aziende e cooperative che si arricchiscono con i grandi appalti per gestire i centri per migranti.

Uno dei provvedimenti di Salvini che – assieme ai due cosiddetti «decreti sicurezza» – hanno inciso di più sul sistema dell’accoglienza è stato il taglio dei fondi dei centri, passato dai famosi 35 euro al giorno per ospite (che in realtà erano una media) a circa 19/21. Questo ha reso di fatto accessibili i bandi per i centri per l’accoglienza straordinaria – cioè la maggior parte di quelli che esistono in Italia – soltanto alle grosse aziende e cooperative, le uniche che possono permettersi margini di guadagno molto bassi. Persino a Milano, dove i piccoli centri sono molto diffusi, l’appalto per la gestione di un nuovo centro per i rimpatri è stato vinto da una cooperativa molto grande e assai problematica.

Enti del genere sono spesso poco integrati con il territorio in cui lavorano, e dato che i bandi vengono vinti al ribasso non sono incentivati a offrire servizi di qualità: la maggior parte delle inchieste giornalistiche e giudiziarie sul cosiddetto «business» dell’accoglienza, contro cui Salvini si è spesso lamentato a parole, ha coinvolto proprio loro.

Grandi centri di accoglienza nelle mani di pochi enti gestori che in alcuni territori esercitano un vero e proprio monopolio: è quanto emerge dall’ultima parte del rapporto di Action Aid e di Openpolis, pubblicato il 16 febbraio, sugli effetti del primo decreto sicurezza entrato in vigore nell’ottobre del 2018, fortemente voluto dall’ex ministro dell’interno Matteo Salvini. Il decreto, seguito da un nuovo capitolato di gara di appalto per la gestione dei centri di accoglienza, ha previsto un taglio considerevole della spesa e si è passati dai famosi 35 euro al giorno per persona a 19/21 euro al giorno per persona, un taglio che ha determinato un boicottaggio delle gare d’appalto da parte di molti enti gestori, che hanno denunciato l’insostenibilità del sistema.

Mentre a palazzo Chigi il 17 febbraio si discute di come cambiare i due decreti che portano il nome dell’ex ministro dell’interno, continuano a uscire rapporti sugli effetti nefasti delle due norme sull’immigrazione approvate dallo scorso esecutivo. La riforma, proposta al governo dalla ministra Luciana Lamorgese, dovrebbe riguardare il ripristino di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, che si dovrebbe chiamare permesso speciale, le norme sulla cittadinanza e l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, ma sembrerebbe che non ci siano invece riforme in vista per quanto riguarda il sistema di accoglienza ex Sprar/Siproimi, fortemente attaccato dallo scorso governo. […]

Il nuovo capitolato ha previsto tagli importanti alla spesa per i centri straordinari e questo ha favorito gli enti gestori che hanno una maggiore capacità economica, le aziende e più in generale gli enti profit. Molti gestori hanno deciso di non partecipare ai bandi di gara per protesta, mandandoli deserti, ma in molti casi i più grandi e quelli profit hanno invece partecipato, accettando condizioni peggiorative, a scapito dei servizi offerti. L’attuale governo, attraverso una circolare del 4 febbraio, ha annunciato un’interpretazione migliorativa del nuovo capitolato, annunciando di portare la cifra stanziata dai 19/21 euro per persona ai 24 euro per persona al giorno. Per le organizzazioni dell’accoglienza che hanno boicottato i bandi di gara dopo il nuovo capitolato, l’interpretazione della circolare di Lamorgese non è sufficiente perché non incide sulla qualità dei servizi offerti e si pone in continuità con le regole del capitolato voluto da Salvini.

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