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  • Martedì 21 gennaio 2020

Le foto della sfilata di Dior a Parigi

Ispirata al tema delle divinità femminili, con una scenografia costruita insieme all'artista femminista Judy Chicago

Maria Grazia Chiuri alla sfilata di Dior (Pascal Le Segretain/Getty Images)
Maria Grazia Chiuri alla sfilata di Dior (Pascal Le Segretain/Getty Images)

Martedì, Dior ha presentato a Parigi la sua collezione haute couture, quella di alta moda, per la primavera-estate 2020. La collezione è stata disegnata dalla direttrice creativa, l’italiana Maria Grazia Chiuri, mentre la scenografia della sfilata è stata pensata e costruita insieme all’artista femminista Judy Chicago, che ha disegnato un’installazione intitolata The Female Divine (“Il divino femminile”), costituita da un edificio bianco a forma di utero, dentro al quale è stata allestita la passerella. Le pareti dell’edificio sono state decorate con manifesti colorati e ricamati per formare domande a tema, come “What If Women Ruled The World?” e “Would God Be Female?” (“E se le donne comandassero il mondo?” e “Dio sarebbe femmina?”). I manifesti sono stati realizzati dalle studentesse della scuola Chanakya di Mumbai, in India, che si occupa di insegnare alle donne i mestieri artigianali che tradizionalmente praticavano gli uomini.

— Leggi anche: Piccola guida alla haute couture

In concordanza con il tema della scenografia, la collezione è stata ispirata dall’abito femminile tipico dell’antica Grecia, il peplo. Intervistata da Vogue, Chiuri ha detto che «quando Chicago è venuta a parlarmi della sua idea delle dee, la mia mente ha richiamato subito i ricordi delle statue a Roma e di Botticelli», e che ha pensato poi al peplo in quanto «è qualcosa che drappeggi e annodi, qualcosa che definisci attraverso il tuo corpo». Chiuri ha anche aggiunto di aver voluto applicare questo concetto non soltanto agli abiti, ma anche ai tailleur e alle gonne, per richiamarsi alla tradizione del marchio Dior.

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Vogue ha commentato la sfilata apprezzando le intenzioni, ma criticando la parte relativa alla collezione in sé, giudicata troppo poco ambiziosa rispetto all’idea che l’ha ispirata: «quando si parla di moda femminile, bisognerebbe avere idee più radicali».