Le città dove mangiare nel 2020

Secondo il sito gastronomico Eater (spoiler: niente Italia, ché qui mangiamo sempre le stesse cose)

Marrakech, Marocco
(Marijan Murat/picture-alliance/dpa/AP Images)
Marrakech, Marocco (Marijan Murat/picture-alliance/dpa/AP Images)

L’autorevole sito gastronomico Eater ha selezionato 19 città particolarmente interessanti per l’offerta culinaria e che consiglia come mete per chi, nel progettare un viaggio, prende in considerazione anche il cibo. La guida è stata fatta consultando esperti di tutto il mondo che hanno condiviso le loro preferenze, che sono state poi vagliate dai giornalisti di Eater considerando anche i loro appunti di viaggio, la ricerca sul campo e i suggerimenti delle persone del luogo.

George Town, Malesia, Asia
È la capitale del’isola di Penang, che Eater definisce «probabilmente il posto migliore dove mangiare in tutto il Sud Est asiatico». La cucina mescola piatti malesi, cinesi, indonesiani, indiani, britannici e altri nati dalla loro contaminazione, come quelli della cucina baba-nyonya, indigena e cinese. Il cibo migliore è lo street food che si compra per strada, cosa che permette di assaggiare tante cose in giro pagando molto poco. Eater consiglia per esempio una colazione con nasi lemak, riso cotto nel latte di cocco e servito con sambal (una salsa speziata e piccante), pranzo a base di un indonesiano banana-leaf thali (assaggini, salsine e fritti accompagnati da riso e serviti su una foglia di banana), e a cena char kway teow (noodles, cioè spaghetti, saltati nel wok con uova, frutti di mare, salsiccia e salsa piccante).

 

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Marrakesh, Marocco, Africa
Quest’anno sarà la prima città africana a diventare capitale della cultura e, insieme a molti turisti, ci saranno investimenti nelle infrastrutture per accoglierli. Finora il cibo tipico come couscous o tajine (un piatto tradizionale a base di carne o pesce cotto sulla brace in un recipiente di terracotta) si trovava quasi solo nelle case, ma negli ultimi anni stanno aprendo ristoranti di ottima qualità, anche sulla spinta di un nuovo interesse per la cucina africana. Contemporaneamente sono spuntati anche caffè, hamburgerie, pizzerie e locali di cucina internazionale. Eater consiglia di assaggiare il méchoui, un intero agnello o montone arrostito allo spiedo molto lentamente.

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Malmö, Svezia, Europa
È una città industriale a 40 minuti di treno da Copenhagen, centro della Nuova cucina nordica messa a punto dallo chef René Redzepi al ristorante Noma. Qui l’atmosfera «è più vibrante ed eccentrica» e si riflette nell’offerta gastronomica, a partire dal ristorante Bastard, una stella Michelin, con piatti da condividere o assaggini, soprattutto a base di carne. La città è piena di ristoranti interessanti e alla moda dove cenare sorseggiando, consiglia Eater, un buon vino naturale.

 

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Richmond, Canada, America
Ospita la maggiore percentuale di persone di origine est-asiatica del Nord America ed è qui che si può trovare il miglior cibo cinese della zona: sia quello tradizionale sia le creazioni di giovani chef asiatico-canadesi. «Qui troverai i migliori dim sum di tutto il continente», dice Eater (i dim sum sono stuzzichini serviti tradizionalmente con il tè, come fagottini di carne o pesce, ravioli, involtini, paninetti al vapore, bocconcini di riso avvolti in foglie di loto).

Gyeongju, Corea del Sud, Asia
Fu la capitale coreana durante il regno di Silla (dal 57 a.C al 935 d.C.) ed è considerata un «museo a cielo aperto» grazie a una rara quantità di antichi templi, palazzi, cimiteri e altri edifici ben conservati, cosa che la rende una delle mete turistiche più popolari del Paese. Qui potete assaggiare piatti preparati seguendo ricette tramandate nei secoli, novità create da chef contemporanei che mescolano ingredienti locali e nuove tendenze e soprattutto la cucina vegetariana che si mangia nei monasteri, preparata da monaci buddisti.

Milwaukee, Wisconsin (Stati Uniti), America
A luglio ospiterà la convention dei Democratici in vista delle elezioni presidenziali; da sempre è all’ombra della vicina e più celebre Chicago ma ora, dice Eater, è arrivato il suo momento. «La città ha sempre avuto una cultura di formaggio, birra e bevute nell’angolo di un bar, ma nel 2020 sembra al massimo del suo potenziale, una realizzazione improvvisa dopo decenni di rinnovamento della Rust Belt» (la regione industriale del Midwest e dei Grandi Laghi colpita da una lunga crisi economica). Eater consiglia il bratwurst in stile Milwaukee del locale Vanguard: un wurstel di maiale ricoperto di cagliata di formaggio, cheddar e formaggio fuso.

 

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Acri, Israele, Asia
È un’antica città portuale che fu anche capitale del Regno crociato di Gerusalemme nel XII e XIII secolo; la città vecchia, con i resti della fortezza dei Templari, fa parte del patrimonio dell’UNESCO. Acri è un intreccio di influenze ebraiche, arabe, musulmane, cristiane e baha’i (una religione monoteistica nata in Iran, diffusa in Israele soprattutto ad Acri e Haifa), come riflette anche il suo cibo: caffè aromatizzato al cardamomo e hawaji yemenita (un miscuglio di spezie usato appunto nelle zuppe e nel caffè), infinite variazioni di hummus, frutti di mare, e kanafeh (tipici dolcetti mediorentali di pasta filo) inzuppati di sciroppo, olive, datteri, za’atar (un altro miscuglio di spezie mediorentale, con timo, origano, sesamo). Eater suggerisce di mangiare pesce al ristorante Uri Buri, uno dei migliori di tutto Israele, e di assaggiare le tante varietà di hummus, raccogliendolo con un movimento circolare con uno spicchio di cipolla o un pezzetto di pita.

Marsiglia, Francia, Europa
È la seconda città più importante di Francia: portuale, mediterranea e scompigliata da una secolare immigrazione italiana, spagnola, greca e nordafricana. Nell’ultimo decennio, dopo essere stata scelta come capitale europea della cultura nel 2013, è rifiorita: si è aperta al turismo grazie alla riqualificazione del lungomare con progetti degli architetti Zaha Hadid, Norman Foster e Stefano Boeri, e ha attirato una schiera di giovani chef da tutta la Francia, che cucinano la saporita cucina francese meridionale. Marsiglia pullula anche di ristoranti di cucina nord-africana e non la si può lasciare senza aver provato un piatto di tradizionale couscous: il Post consiglia quello di Femina, locale aperto nel 1921 dall’aspetto molto turistico che però lo serve al grano saraceno e a volontà, da bagnare con una zuppa di ortaggi e il tipo di carne che avrete scelto. Se siete tradizionalisti, fermatevi anche da Toinou, una pescheria nel centro della città che da 50 anni serve prelibati frutti di mare in un ambiente amichevole e alla buona, lontano dall’atmosfera ingessata che incombe in Italia sui piatti di ostriche e conchiglie.

Lagos, Nigeria, Africa
È una delle capitali pulsanti dell’Africa occidentale e lo si vede anche nell’offerta di ristoranti, insegne, street food che propongono cibo locale e dei paesi vicini. Tra i piatti nigeriani più comuni c’è il jollof, riso basmati bollito e condito con pomodori, pasta di pomodoro, olio, cipolle, peperoni e il riso ofada, una varietà locale, con stufato di peperoni e olio di palma. In strada si possono comprare spuntini di street food fino a tarda notte mentre gli immigrati, arrivati da Etiopia, Libano e India meridionale per lavorare nella nascente industria tecnologica, hanno portato con sé i sapori di casa.

 

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Nagoya, Giappone, Asia
Per Eater è una buona meta culinaria in vista delle Olimpiadi che si terranno a Tokyo questa estate: a due ore di treno da Tokyo e al centro di snodo di altre importanti città come Osaka, Kyoto e Hiroshima, non c’è molto da fare ma molto da mangiare, come segnala anche la guida Michelin. La cucina Nagoya-meshi, com’è chiamata, comprende kishimen (noodles larghi, piatti e gommosi), hitsumabushi (anguilla croccante in salsa agrodolce), miso katsu (cotoletta di maiale ricoperta di miso, una pasta di fagioli rossi) e altri piatti vigorosi.

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Monterrey, Messico, America
È un centro finanziario, commerciale e industriale circondato dalle montagne della Sierra Madre, «dove il manzo regna e saperlo grigliare bene è un’arte». Eater racconta che è qui che sono nate le più grandi sfide di barbecue dell’America Latina, l’arrachera (un taglio di carne che corrisponde all’italiano lombatello e che viene marinata in spezie e grigliata), il cabrito, cioè il capretto arrosto, e RibEye, succulenta bistecca ricavata dalla costola di manzo. Eater segnala anche dei piatti meno noti come le empalmes, un panino di tortilla di mais ripieno di lardo, salsa e fagioli, e i peperoncini piquín, piccantissimi e abbrustoliti sul carbone.

East Village, New York (Stati Uniti), America
Libero dalle grandi catene, è un concentrato di ristorantini delle cucine più diverse: giapponese, cinese, coreana, ucraina, ebraica, indiana, filippina, vietnamita e altro ancora; ultimamente si è specializzato nelle cucine regionali dell’Asia orientale e sudorientale. Eater consiglia Suki, di cui ha scritto anche il New York Times, un posticino con sei coperti specializzato in curry, Dian Kitchen, che cucina noodles di riso come della provincia cinese di Yunnan, Kolkata Chai, gestito da due fratelli e dedicato al masala chai, un tè nero aromatizzato di spezie e servito con il latte, e un locale di Alley, una famosa catena di Bubble Tea, la bevanda di Taiwan a base di tè, con zucchero, sciroppi e gommose palline di tapioca. Vanno provati anche il gelato e il sorbetto di stagione di Superiority Burger, il ristorante vegetariano dello chef e musicista Brooks Headley.

Pristina, Kosovo, Europa
È la capitala del più giovane stato europeo, che si separò dalla Serbia nel 2008. La sua cucina è stata storicamente influenzata dai sapori dell’Impero ottomano, dell’ex Yugoslavia e del vicino Mediterraneo, con una particolare attenzione alla carne grigliata, ai formaggi e ai sottaceti. L’energia della novità sta coinvolgendo la scena culinaria, aiutata anche da un principio di turismo, con piatti nati da nuove combinazioni di ingredienti locali. Tra le cose da provare, secondo Eater, ci sono i peperoni farciti, le focacce e il vino dalla regione di Rahovec.

Porto, Portogallo, Europa
Il cibo portoghese è in ascesa così come il turismo nel Paese, anche se la maggior parte dei visitatori si ferma a Lisbona, trascurando questa città portuale dall’«atmosfera nostalgica e bellezza mozzafiato». Hanno di recente aperto molti ristoranti, caffè, pizzerie e pasticcerie internazionali e contemporanee, anche se la forza gastronomica risiede nella tradizione e nelle tascas, le tipiche trattorie che ogni giorno mettono insieme un rustico e gratificante menu a pochi euro.

 

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Cartagena, Colombia, America
È una città caraibica e turistica, dove le culture indigene si mescolano a quelle delle popolazioni africane, arabe e spagnole che l’hanno poi abitata. L’abbondanza di pesce fresco e di frutti e ortaggi tropicali sta attirando molti chef da tutto il Paese, in un momento si grande sviluppo della cucina colombiana: richiama l’attenzione internazionale con un miscuglio di ingredienti dall’Amazzonia e piatti tradizionali, tra stufati corposi, empanadas (fagottini) di formaggio, sorprendenti frutti tropicali. Eater consiglia in particolare le arepas de huevo, fagottini di mais fritti e farciti di uova, mangiati a colazione.

Hobart, Australia, Oceania
È la capitale della Tasmania, molto cambiata dal 2011 dopo l’apertura del Museum of Old and New Art (MONA), che l’ha trasformata in un centro di interesse artistico e musicale. Il turismo ha portato con sé chef dall’entroterra che hanno aperto nuovi ristoranti, tra cui il Franklin dove assaggiare, dice Eater, la King Edward potato galette, una torta di patate considerata la sua specialità.

 

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Oakland, California (Stati Uniti), America
«Dal punto di vista gastronomico è una delle città più vivaci d’America», dice Eater, non solo per i suoi ristoranti eleganti e stellati ma per i suoi tanti cuochi che «raccontano storie complicate attraverso il cibo: da dove vengono, la loro battaglia per l’uguaglianza e come, da cittadini, pensano ci si debba trattare gli uni gli altri». Tra i posti da provare c’è Bakesale Betty e il suo panino di pollo fritto.

Cork, Irlanda, Europa
Ospita molti festival musicali ed è zeppa di locali affollati dagli abitanti e dagli studenti dell’università. Nell’ultimo anno e mezzo tre ristoranti della sua zona costiera hanno ottenuto una stella Michelin (anche se uno, Mews, ha chiuso di recente) ma ora anche Cork ha sviluppato un intrico di locali attorno all’English Market, il vecchio mercato centrale: piccoli caffè indiani, pizzerie giapponesi, bar mediorientali, ristoranti di fish&chips e una fissazione per la birra artigianale. Eater consiglia di assaggiare, sempre all’English Market, la tipica combinazione trippa e drisheen, un sanguinaccio insaccato.

Santiago, Cile, America
La capitale del Cile è una vecchia città coloniale spagnola accoccolata in una valle circondata dalle Ande. È associata a comfort food come completos (hot dog farciti di pomodori, avocado e maionese), e pernil (spalla di maiale marinata e arrostita a lungo) ma si trova al centro di una rivoluzione culinaria, che mette insieme i principi della cucina Neo-Nordica (quella del Noma di Copenaghen che si fonda sulla riscoperta di ingredienti e tradizioni locali) e l’ascesa delle cucine sudamericane: nessuno pensa più, come ancora pochi anni fa, che il cibo tipico cileno non possa essere alta cucina. Da un lato c’è la riscoperta di ingredienti amazzonici come quelli usati dagli indigeni Mapuche, dall’altro la sperimentazione sui piatti classici. Eater consiglia su tutto il menu degustazione del 99 Restaurante: si può scegliere tra tre, sei o nove portate al costo di 17, 35 e e 52 dollari, vini – naturali – esclusi.

 

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