Per chi vuole vedere “Hammamet”

Esce oggi il film di Gianni Amelio in cui Pierfrancesco Favino interpreta – qualcuno ha scritto "diventa" – Bettino Craxi nei suoi ultimi anni di vita

(Claudio Iannone)
(Claudio Iannone)

Hammamet – il film sugli ultimi anni di Bettino Craxi, scritto e diretto da Gianni Amelio e interpretato da Pierfancesco Favino – è nei cinema da oggi. Già dal trailer, molti hanno potuto accorgersi di quanto Favino assomigli a Craxi nella voce, nell’aspetto, nei gesti e nei movimenti. Molti altri probabilmente si stanno chiedendo invece che tipo di film sia Hammamet, e quale sia l’attitudine della storia verso il suo protagonista. Amelio ha spiegato di essersi voluto concentrare «più sull’uomo che sul politico» e ha aggiunto: «Non volevo fare una biografia, né il resoconto esaltante o travagliato di un partito. Meno che mai un film che desse ragione o torto a qualcuno».

L’idea del film
Per spiegare che tipo di film sia Hammamet è utile iniziare dal racconto, fatto sempre da Amelio, di come si sia messo a lavorarci. «Sono partito da una proposta del produttore [Agostino Saccà], che voleva un film su Cavour e sul suo legame con la figlia. Allora mi si è accesa la classica lampadina: perché non portare la storia un
secolo più avanti, perché non parlare di qualcosa più vicina ai giorni nostri, una
vicenda ancora calda, non “sanata”?». Ed è così, quindi, che da un possibile film su Camillo Benso conte di Cavour, si è passato a uno su Benedetto Craxi detto Bettino, e sul suo rapporto con la figlia durante i suoi ultimi anni di vita (in esilio o in latitanza, a secondo di chi ne parla) in Tunisia. Amelio ha detto:

Volevo, come penso sia compito del cinema, rappresentare comportamenti, stati d’animo, impulsi, giusti o sbagliati che fossero. Cercando l’evidenza e l’emozione. Ho provato ad avvicinarmi ai personaggi quel tanto che permettesse non a me, ma allo spettatore, di giudicarli. Se avessi voluto fare un film in gloria di Craxi, magari mi sarei concentrato sulla notte di Sigonella, non sulla sua caduta. Ho scelto di metterlo a confronto, nei suoi ultimi mesi di vita, con una figlia appassionata e decisa, che ho chiamato Anita, come Anita Garibaldi.

Per preparare il film, Amelio ha raccontato di aver incontrato i familiari di Craxi: la vedova Anna e i figli Bobo e Stefania (il personaggio di Anita è chiaramente ispirato a lei, ma ha un nome diverso). «Ci siamo visti principalmente nella villa di Hammamet», ha detto Amelio, «dove poi ho girato gran parte del film». Amelio – che ha scritto la sceneggiatura con Alberto Taraglio – ha aggiunto: «Mi hanno lasciato la villa come se fosse un set già pronto, con un custode che ci apriva il portone ogni mattina. Se avessi potuto, avrei scelto un altro posto, per evitare ogni preconcetto. Ho setacciato tutta la Tunisia, e mi sono accorto che non esiste un’abitazione con quelle caratteristiche».

Pierfrancesco Favino
«Per questo film io volevo Favino, nessun altro» ha detto Amelio. Per averlo ha anche dovuto aspettare sei mesi, perché l’attore era impegnato nelle riprese del Traditore, in cui è stato il boss mafioso Tommaso Buscetta. Le riprese di Hammamet sono iniziate a marzo e Favino doveva sottoporsi ogni mattina a circa cinque ore di trucco per diventare Craxi e ad altre due, a fine giornata, per tornare a essere se stesso. Ma secondo Amelio non è solo questione di trucco, perché Favino «ha fatto un lavoro mimetico sui gesti, sulla voce, sullo sguardo».

Intervistato dal Venerdì di Repubblica, Favino ha spiegato che, per maggiore comodità, veniva trasformato in Craxi nell’alloggio in cui tornava ogni sera per dormire e che quindi arrivava sul set «già con la maschera». Ha quindi aggiunto: «In un paio di giorni mi sono accorto di suscitare una certa soggezione nella troupe, gente con cui lavoro da anni. C’era anche una forma imbarazzante di riverenza, quindi ho capito che sull’autorevolezza non dovevo lavorare: era garantita dal mio aspetto».

A proposito della sua interpretazione, Favino ha detto al Corriere della Sera: «Craxi è stato sicuramente un personaggio controverso, ma io non l’ho interpretato pensando a questo. Ho cercato solo di rappresentare quello che lui sentiva dentro. Il fatto di essere controverso è qualcosa che gli attribuivano gli altri e di cui lui era incosciente».

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Cosa è vero e cosa no
Il film inizia con una scena ambientata nel 1989 durante il 45° Congresso del PSI, il Partito Socialista Italiano, di cui Craxi fu segretario dal 1976 al 1993. È il Congresso, tenuto all’ex fabbrica Ansaldo di Milano, in cui Craxi fu confermato per la sesta volta segretario. Per chi non c’era, o c’era e non si ricorda, quegli strani schermi sui lati di una struttura piramidale che si vedono nei primi minuti di Hammamet c’erano davvero.

Ma nel 1989 il film resta giusto qualche minuto, per poi saltare direttamente agli anni di Hammamet, dove Craxi – che era stato presidente del Consiglio dal 1983 al 1987 – visse tra il maggio 1994 e il 19 gennaio 2000, giorno della sua morte. In Hammamet ci sono alcuni riferimenti alle vicende degli anni in cui Craxi fu presidente del Consiglio, in particolare uno alla famosa “crisi di Sigonella“, e ci sono diversi momenti in cui il protagonista espone le sue idee su quel che gli è successo.

Hammamet è però un film in cui il protagonista non viene mai chiamato né “Bettino” né “Craxi” e in cui anche gli altri personaggi non sono mai del tutto reali. Si parla di un “Giudice” di Milano ma non lo si vede mai e mai si sente il suo nome; e Craxi a un certo punto viene visitato da un ospite – interpretato da Renato Carpentieri – che è chiaramente un politico, ma di cui non si dice il nome e nemmeno il partito. Insomma, sebbene qualcuno stia già provando a dire chi-è-chi in Hammamet, è evidente che, sebbene si possano trovare diversi parallelismi, Amelio si è tenuto una certa libertà.

Bobo Craxi, figlio di Bettino (che nel film è chiamato Francesco, e non fa una gran figura) ha parlato a Repubblica del padre e del film. «Inizialmente ho avuto uno scazzo con Amelio e la produzione» ha detto, «perché l’elemento romanzato prevale su quello politico». Ma poi ha aggiunto: «C’è un elemento di libertà dell’artista che non può essere sindacato da nessuno. Credo che Amelio avesse in mente la stessa operazione che fece Carlo Lizzani sugli ultimi giorni di Mussolini».

Come ne parla Amelio
Il precedente film di Gianni Amelio, che il 20 gennaio compirà 75 anni, era stato l’apprezzato La tenerezza, tratto dal romanzo La tentazione di essere felici, e, prima ancora, L’intrepido, con protagonista Antonio Albanese. Di Hammamet, il suo dodicesimo lungometraggio di finzione, ha detto che «guardandolo da una certa prospettiva, ha un andamento un po’ western, un po’ noir. E vorrebbe, a suo modo, essere un melodramma». Riguardo a Craxi, Amelio ha detto: «Non sono mai stato un simpatizzante né ho mai votato socialista, se è questo che intende». Ha però precisato, parlando di quello che successe nell’aprile del 1993 all’hotel Raphael di Roma, che «non fu un gesto politico» perché «le idee si combattono con altre idee, non con sputi, insulti e minacce.

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Amelio ha anche spiegato una cosa di cui qualcuno potrebbe non accorgersi, guardando il film: «Il cinema è rappresentazione, non comizio o propaganda. Per essere ancora più chiaro, ho usato due formati sullo schermo: il 16:9 e il 4:3. Quasi tutte le prese di posizione del Presidente, che si possono condividere o no, sono viste dall’obiettivo di una telecamera, quasi virgolettate».

Le recensioni
Leggendo i giornali di questi giorni, in particolare di oggi, si trovano diverse interviste a Amelio, a Favino e ad altre persone in qualche modo legate al film e alle sue vicende. Perché di Hammamet si sta parlando come si parla di un film, ma molti lo stanno anche usando come spunto per tornare a parlare di tutte le questioni che tira in ballo.

Nelle recensioni uscite finora si leggono svariati e notevoli apprezzamenti per Favino: «Durante la proiezione mi sono ritrovato a chiedermi dove fosse finito l’attore, cercando di identificarlo in un battito di palpebre o nella cadenza della voce», ha scritto Paolo Mereghetti sul Corriere della Sera. E su Bad Taste, Gabriele Niola ha parlato di «uno sforzo di imitazione e fusione mimetica sconosciuto al nostro cinema, che al realismo preferisce sempre l’astrazione». Niola ha scritto che «Favino non fa Craxi ma diventa Craxi».

Ma ci sono anche state alcune critiche ad altri aspetti del film. Gianluca Arnone di Cinematografo ha parlato molto bene di alcuni dialoghi («fulminanti») ma ha scritto di non aver sempre apprezzato i «tanti, troppi, indizi metaforici disseminati da Amelio». Paola Casella di MyMovies ha scritto che «l’unico passo falso è il personaggio di Fausto, ridondante rispetto alla storia, inadeguato nella recitazione fragile di Luca Filippi». Secondo Niola molti dei “comprimari” di Hammamet oscillano «tra lo stereotipo culturale e la maschera teatrale». Mereghetti ha fatto capire di non aver gradito il «finale plurimo» e una serie di altre cose che rischiano di «frenare la forza di un film che ha però il coraggio di parlare di uno dei grandi rimossi dell’Italia». Sempre in riferimento all’interpretazione di Favino, Niola ha scritto: «Il film però sembra non sapere che farsene di tutto quest’ottimo lavoro e vaga, lieto di sentir parlare il protagonista».