Andrei Sakharov, fisico e attivista

La storia di uno dei più famosi scienziati e dissidenti nella storia dell'Unione Sovietica, morto 30 anni fa, che pagò duramente la sua opposizione al regime

Andrei Sakharov nel 1974 (AP Photo)
Andrei Sakharov nel 1974 (AP Photo)

Andrei Dmitrievich Sakharov morì il 14 dicembre di 30 anni fa, dopo avere dedicato buona parte della propria vita alla ricerca scientifica e all’attivismo, soprattutto per la promozione delle libertà civili nell’Unione Sovietica. Proprio per le sue attività da dissidente subì persecuzioni da parte del regime sovietico, che lo riteneva un pericolo per la stabilità del paese. Sakharov fu premiato con il Nobel per la Pace nel 1975 e dal 1988 il Parlamento Europeo assegna ogni anno un premio, che porta il suo nome, alle persone e alle organizzazioni che si battono per la libertà e i diritti umani.

Sakharov era nato a Mosca il 21 maggio del 1921, in una famiglia con un ruolo rilevante nella storia della Russia. Il padre, Dmitri Ivanovich, era professore di fisica all’università e figlio di un importante notabile dell’Impero Russo, che si era tra le altre cose battuto per l’abolizione della pena di morte (la sua storia sarebbe in seguito diventata fonte di grande ispirazione per Sakharov). La madre, Yekaterina Alekseyevna Sakharova, era la pronipote di Alexey Semenovich Sofiano, un importante comandante dell’esercito. La religione non aveva un grande ruolo nella famiglia e già da adolescente Sakharov capì che non faceva per lui: si dichiarò ateo, anche se in seguito avrebbe sostenuto di credere in una sorta di “principio guida”, che va oltre le leggi della fisica.

Nel 1938, Sakharov si iscrisse all’università a Mosca, ma a causa della Seconda guerra mondiale fu costretto a trasferirsi con parte della famiglia in quello che oggi è il Turkmenistan, dove completò gli studi e si laureò in fisica. Al termine della guerra, si dedicò alle ricerche sui raggi cosmici (particelle energetiche che provengono dallo Spazio esterno), ma fu poi coinvolto nel gruppo di lavoro incaricato di sviluppare tecnologie per la produzione di bombe atomiche.

Il programma atomico sovietico esisteva da prima della Seconda guerra mondiale, ma solo dopo le bombe atomiche statunitensi sganciate sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki l’Unione Sovietica investì maggiori risorse e cercò il più possibile di accelerare i tempi, per recuperare nei confronti degli Stati Uniti. Lavorando presso l’Istituto di Fisica dell’Accademia sovietica delle scienze, Sakharov escogitò un sistema che sfruttasse i principi sia della fusione sia della fissione nucleare per la costruzione delle bombe.

Andrei Sakharov nel suo appartamento di Mosca nel 1973 (AP Photo)

La prima bomba atomica sovietica fu sperimentata con successo alla fine di agosto del 1949. Negli anni seguenti, Sakharov collaborò alla progettazione di altri ordigni atomici, che avrebbero poi costituto la base per lo sviluppo della cosiddetta “Bomba Zar”, il più potente ordigno nucleare all’idrogeno mai sperimentato sulla Terra fatto detonare il 30 ottobre del 1961 a 4mila metri di altezza a nord del Circolo polare artico. Produsse una quantità di energia pari a 1.570 volte quella della bomba impiegata su Hiroshima.

Sakharov non avrebbe mai rinnegato il proprio ruolo nello sviluppo del programma atomico sovietico, sostenendo che – nonostante la produzione di ordigni sempre più potenti – anche grazie ad esso il mondo non avesse conosciuto una Terza guerra mondiale. Disse che la “distruzione mutua assicurata” (l’ipotesi secondo cui un conflitto nucleare avrebbe distrutto sia l’attaccante sia l’attaccato) resa possibile dagli ordigni nucleari contribuiva a fare da deterrente circa nuovi conflitti a livello globale. Non nascose comunque di avere molti dubbi circa la spesa militare, la ricerca di armi sempre più potenti e i pericoli comportati dagli sbilanciamenti di forze tra paesi antagonisti e dalla proliferazione nucleare.

Parallelamente al suo impegno in campo militare, Sakharov lavorò ad applicazioni delle tecnologie nucleari in ambito civile. Fu tra i primi a proporre la costruzione dei tokamak, reattori per sperimentare la fusione nucleare come fonte di energia al posto della fissione. La tecnologia teorizzata da Sakharov e colleghi è ancora considerata la più promettente ai giorni nostri per produrre reattori che sfruttino la fusione, senza i rischi della fissione, compresa la produzione di grandi quantità di scorie radioattive.

Nel 1967 le relazioni già difficili tra Stati Uniti e Unione Sovietica si complicarono ulteriormente in seguito alla prospettiva di utilizzare missili anti-balistici (ABM) per contrastare eventuali attacchi condotti con missili, contenenti anche testate nucleari. Sakharov espresse le proprie perplessità e i rischi che gli ABM potevano comportare in una lettera riservata, inviata al governo sovietico. Nonostante la sua posizione prominente, non ricevette alcuna risposta e gli fu impedito di parlare pubblicamente degli ABM o di scriverne sui giornali.

L’anno seguente, Sakharov diffuse clandestinamente un saggio dove definiva gli ABM un grande rischio per la coesistenza pacifica e una nuova potenziale causa nella proliferazione delle armi atomiche. Il regime sovietico non la prese bene: estromise Sakharov dalle ricerche che potessero avere ricadute in ambito militare e fu tenuto sotto controllo, perché considerato un pericoloso dissidente. Tornò a dedicarsi alla fisica delle particelle, indagando i meccanismi che portarono all’origine dell’Universo. Alla fine degli anni Sessanta postulò quella che sarebbe stata poi conosciuta come “ipotesi di Sakharov”, che prova a spiegare perché solo una parte della materia possa essere osservata.

L’attivismo per promuovere i diritti umani divenne negli anni seguenti una priorità per Sakharov. Nel 1970 fondò insieme ad altri il Comitato per i diritti umani nell’URSS, ritenuto dal governo sovietico un’associazione di dissidenti e quindi da mettere sotto sorveglianza dal KGB, i servizi segreti. Sakharov subì fortissime pressioni, da parte dei media sovietici e dei suoi colleghi, per assumere un atteggiamento meno ostile nei confronti del regime.

Nel 1975 Sakharov fu premiato con il Nobel per la Pace per avere reso evidente come: “l’inviolabilità dei diritti umani offra l’unica vera base per una cooperazione internazionale autentica e duratura”. L’Unione Sovietica non gli consentì di viaggiare all’estero per ricevere il premio, che fu ritirato a Oslo dalla moglie, Yelena Bonner.

Nei primi giorni del 1980, Sakharov fu arrestato mentre partecipava a una manifestazione contro l’intervento militare dell’Unione Sovietica in Afghanistan, iniziato l’anno prima. Fu inviato a Gorky (oggi Nižnij Novgorod), una “città chiusa” sottoposta a grandi restrizioni di residenza e di accesso da parte del regime, e nella quale non era concesso nemmeno l’ingresso agli stranieri. Sakharov fu tenuto sotto sorveglianza per almeno sei anni, con ricorrenti perquisizioni da parte della polizia nell’appartamento che gli era stato assegnato (ora trasformato in un museo).

Tra il 1984 e il 1985, Sakharov avviò due scioperi della fame, per ottenere che Bonner potesse raggiungere gli Stati Uniti per ricevere cure per problemi cardiaci. In entrambe le circostanze, fu ricoverato e alimentato contro la sua volontà. Solo nell’ottobre del 1985, il regime acconsentì a inviare Bonner negli Stati Uniti. Un anno dopo, nell’ambito delle iniziative sui processi di riforma (perestrojka) e di trasparenza (glasnost) avviate da Michail Gorbaciov, a Sakharov e Bonner fu consentito di tornare a Mosca, concludendo il loro esilio forzato.

Il ritorno a Mosca di Andrei Sakharov, dopo il suo esilio a Gorky (AP Photo/Boris Yurchenko)

Dopo una breve carriera politica negli ultimi anni dell’Unione Sovietica, Sakharov morì il 14 dicembre 1989, a un mese dalla caduta del Muro di Berlino: aveva 68 anni.

Dal 1988, il Premio Sakharov per la libertà di pensiero viene assegnato dal Parlamento Europeo per riconoscere il lavoro di organizzazioni e personalità nel campo della difesa e della promozione dei diritti umani. Nel corso degli anni, il premio è stato assegnato a numerose personalità come Nelson Mandela, Malala Yousafzai e ai leader dell’opposizione in Venezuela.

Sakharov dedicò una parte importante della propria vita a indagare i misteri dell’Universo, e anche per questo il suo nome è legato alle scoperte spaziali e alla fantascienza. Nella serie Star Trek: The Next Generation un tipo di astronave si chiama Sakharov. L’asteroide della fascia principale 2006 P-L è stato dedicato al fisico sovietico ed è da 40 anni noto come 1979 Sakharov.