Il tribunale di Taranto ha respinto la richiesta di una proroga per la messa a norma dell’altoforno 2 dell’acciaieria ex ILVA

(Michele Amoruso/Pacific Press via ZUMA Wire)
(Michele Amoruso/Pacific Press via ZUMA Wire)

Il tribunale di Taranto ha respinto la richiesta di una proroga per la messa a norma dell’altoforno 2 dell’acciaieria ex ILVA, ribaltando il parere della procura che si era detta favorevole per permettere alla produzione di proseguire durante i lavori di adeguamento dell’impianto. Senza la proroga, i gestori dell’acciaieria hanno tempo fino al 13 dicembre per mettere a norma l’altoforno: oltre quel giorno si rischia il sequestro e poi lo spegnimento dell’altoforno. I gestori dell’ex ILVA – la società multinazionale ArcelorMittal – dovrebbero fare ricorso al tribunale del Riesame.

Scriveva pochi giorni fa il Sole 24 Ore:

I nuovi lavori di messa in sicurezza consistono nell’installazione sui due campi di colata dell’altoforno 2 di sei nuove macchine per un investimento di circa 10 milioni. Ilva sinora ha speso 300mila euro circa di consulenze tecniche e fatto bonifici alle imprese fornitrici per circa 3,5 milioni di euro a valere sull’importo totale del nuovo investimento. Si calcola che i nuovi lavori necessitino di un anno. Sia il piano di ArcelorMittal che quello, in elaborazione, del Governo non prevedono in futuro l’uso dell’altoforno 2 per il siderurgico di Taranto in quanto è un impianto quasi prossimo al fine attività. Tuttavia la disponibilità dell’altoforno 2, ammodernato e messo soprattutto in sicurezza dopo l’incidente mortale di giugno 2015, da cui discende tutta la vicenda giudiziaria dell’impianto ed anche il primo sequestro, è essenziale in attesa che il nuovo assetto della fabbrica, tra decarbonizzazione e forno elettrico, prenda corpo.

Nel frattempo proseguono le trattative tra ArcelorMittal – che gestisce l’impianto in affitto – e il governo, dal momento che l’azienda ha deciso di sfilarsi dal contratto che l’avrebbe vincolata a comprare lo stabilimento e investire nel suo risanamento dopo che il Parlamento (per la seconda volta) ha tolto lo scudo penale sui dirigenti dell’azienda, visto che altrimenti sarebbero stati perseguibili per l’eccessivo inquinamento dello stabilimento causato dalla precedente gestione. Domenica diversi quotidiani avevano scritto che ArcelorMittal sarebbe disposta a pagare fino a un miliardo di euro al governo italiano pur di rescindere il contratto che la obbliga ad acquistare l’acciaieria entro due anni. I giornali parlavano anche di piani alternativi che invece continuano a prevedere un ruolo per la multinazionale indiana, ma che includono anche l’ingresso di aziende pubbliche e persino quello di capitali cinesi, così da garantire la produzione e l’occupazione generata dall’ex ILVA.