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  • Lunedì 9 dicembre 2019

C’è un’indagine per terrorismo sulla sparatoria in Florida

Il soldato saudita che ha ucciso tre persone in una base militare aveva mostrato video di stragi ad alcuni colleghi, e un altro soldato saudita ha filmato l'attacco

(Josh Brasted/Getty Images)
(Josh Brasted/Getty Images)

Le autorità statunitensi e quelle saudite stanno indagando su Mohammed Alshamrani, l’uomo saudita che venerdì scorso ha ucciso tre persone in una base militare americana a Pensacola, in Florida: da domenica è ufficialmente aperta un’indagine per terrorismo. L’ipotesi è che Alshamrani si sia radicalizzato durante un viaggio in Arabia Saudita fatto l’anno scorso.

Alshamrani ha sparato a tre soldati della Marina alla Naval Air Station Pensacola utilizzando una pistola comprata legalmente, prima di essere ucciso dalla polizia. Era negli Stati Uniti dal 2017 come parte di un addestramento militare che sarebbe dovuto finire ad agosto, ma non ci sono notizie di sue attività criminali precedenti alla sparatoria. Robert O’Brien, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha detto che la sparatoria «sembra terrorismo o qualcosa di simile al terrorismo», specificando però di essere in attesa dei risultati dell’indagine dell’FBI.

Il Wall Street Journal scrive, citando una persona informata sull’indagine, che la settimana prima della sparatoria Alshamrani aveva riprodotto dei video di stragi sul telefono mostrandoli ad altri soldati sauditi parte del programma di addestramento. Uno di questi soldati è stato fermato perché, secondo la fonte del Wall Street Journal, stava riprendendo con il telefono la sparatoria compiuta da Alshamrani. Il segretario della Difesa Mark Esper, interpellato dai giornalisti, non ha dato spiegazioni particolarmente convincenti sul perché un altro saudita stesse filmando l’attentato: «Sapete come vanno le cose oggi, la gente tira fuori il telefono e filma qualsiasi cosa».

Sempre nel weekend è emerso un account Twitter, che secondo il sito di analisi del terrorismo SITE apparteneva ad Alshamrani, che aveva pubblicato messaggi che accusavano gli Stati Uniti di «crimini non solo contro i musulmani ma contro l’umanità».

Dopo la sparatoria, è emerso un documento – visto dal New York Times – secondo il quale Alshamrani aveva denunciato un incidente avvenuto lo scorso aprile durante il suo corso di addestramento: alla fine di una lezione un istruttore, James Day, lo aveva chiamato “Porn Stash”, un nomignolo che si riferiva ai suoi baffi, paragonati a quelli di un attore pornografico. L’istruttore aveva riso, chiedendogli prima se non avesse mai visto «una pornostar», e poi lasciando cadere l’argomento. Alshamrani aveva denunciato l’episodio in una lamentela ufficiale, scrivendo di essere rimasto “infuriato” dopo l’episodio.

La sparatoria e l’indagine su Alshamrani arrivano in un momento in cui gli strettissimi rapporti tra Stati Uniti e Arabia Saudita sono complicati dai diversi scandali diplomatici che hanno deteriorato l’immagine internazionale della monarchia saudita, a partire dall’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, avvenuto nell’ottobre del 2018 a Istanbul. L’Arabia Saudita è impegnata in una campagna antiterrorismo cominciata in seguito all’attentato dell’11 settembre 2001, nel quale 15 dei 19 dirottatori avevano origini saudite. Da allora migliaia di persone sono state sottoposte a programmi di deradicalizzazione, e migliaia di religiosi sono stati rimossi per non aver rifiutato la violenza legata all’integralismo islamico (nonostante in nome della religione e della conservazione del potere il regime saudita utilizzi normalmente intimidazioni e violenze). La lotta al terrorismo è tuttora uno dei principali motivi della stretta e controversa alleanza tra Stati Uniti e Arabia Saudita.

L’omicidio di Khashoggi, il prolungarsi della guerra condotta dal paese in Yemen e le ricorrenti notizie sulle violazioni dei diritti umani hanno portato molti a chiedere che il rapporto degli Stati Uniti con la monarchia saudita sia rivisto o quantomeno condizionato a qualcosa, mentre Trump ha sempre difeso i sauditi e anche in questo caso, secondo la stampa, è stato più attento a difendere il principe Mohamed bin Salman che a condannare la strage. Alshamrani era negli Stati Uniti, come tanti altri sauditi, ad addestrarsi come parte della più vasta alleanza militare tra i due paesi. Non ci sono elementi della sua biografia che facciano sospettare una radicalizzazione o una propensione alla violenza, scrive però il Wall Street Journal, e un suo parente ha parlato a un giornale saudita collegato alla monarchia definendo il suo «un atto solitario».