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  • Sabato 7 dicembre 2019

Il giardino di Derek Jarman

È appena uscito un libro che unisce i diari del grande regista morto nel 1994 a fotografie scattate nel suo cottage sul promontorio inglese

Il giardino di Derek Jarman
(nottetempo)
Il giardino di Derek Jarman (nottetempo)

Nel 1986 il regista e scenografo inglese Derek Jarman scoprì di avere contratto l’HIV; in quello stesso anno comprò Prospect Cottage, una casa di pescatori sul promontorio di Dungeness, nella costa sud dell’Inghilterra. Jarman lo scoprì mentre girava in auto con Tilda Swinton in cerca del posto giusto dove girare il film The garden, e investì d’impulso 32mila sterline ereditate dal padre. Jarman era appassionato di giardini sin da piccolo, e iniziò a crearne uno suo, raccogliendo selci dalla spiaggia per delimitare le aiuole, piantando rose canine, cavoli marini, pruni, cespugli di sambuco e banchi di ginestre, trasformando ferraglia e pezzi di legno, raccattati nelle lunghe passeggiate nei dintorni, in statue e sculture. La nascita del giardino e lo sviluppo della malattia si intrecciarono da allora nei suoi film come nei suoi diari, fino a fondersi negli ultimi anni nel racconto delle rigogliose violaciocche e dei giovani smangiati dall’AIDS in ospedale.

La casa editrice nottetempo ha appena pubblicato in Italia Il giardino di Derek Jarman, un libro uscito in Regno Unito postumo nel 1995, un anno dopo la morte di Jarman: accompagna brani, tratti dai suoi diari scritti dal 1986 all’ultimo anno di vita, a 150 fotografie scattate nel giardino da Howard Sooley, suo caro amico e fotografo, che dal 1991 lo visitò spesso e accompagnò in mercatini e camminate a Dungeness. «Quando fotografa assume la posa di una T a cui manca metà braccio: sorride, scatta, mormora qualche parola di incoraggiamento, più che altro rivolto a se stesso o al giardino», scrive di lui Jarman. Nel libro troverete immagini del cottage, della vicina centrale nucleare sullo sfondo, di licheni, arnie, calendule e aglio da fiore, insieme a ritratti di Jarman tra piante aromatiche, con in braccio legnetti appena raccolti, su un trono tra i ciottoli; descrizioni puntuali sulla disposizione delle aiuole rincorrono ballate per lucertole, flebo staccate, stralci di poesie, le orchidee selvatiche a bordo strada, i ranuncoli dei boschi, il profumo del promontorio di Ness e l’odore del ginestrone e del mare.

Jarman trascorse gli ultimi anni a Prospect Park – «è quello che avrei sempre dovuto fare, non avrei mai dovuto fare il regista, il cinema è una cosa per pazzi. Il giardinaggio è centrale, con il giardinaggio si entra in un’altra dimensione del tempo, nell’eterno, nei ritorni e nelle resurrezioni» disse una volta a BBC – insieme al compagno Keith Collins (HB, nel libro), un ingegnere informatico diventato attore che ereditò il suo giardino e lo curò fino alla morte, per un tumore al cervello nell’agosto del 2018. Il giardino è tuttora visitabile. Di seguito, un estratto del libro.

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«O Paradiso, mio giardino che nella luce sei avvolto, dentro la notte ti sei dissolto.
Domani mattina verso le sei una volpe verrà qui a curiosare e un po’ più tardi, al tepore del giorno, un serpente resterà raggomitolato vicino al cumulo del compost. Tempo fa un riccio si è fermato davanti al portoncino, e una volta un gheppio ha sbattuto contro una finestra con un terribile botto, rimanendo lì stordito per un po’.
Il giorno si è levato e le lucertole escono allo scoperto sgattaiolando nella santolina e crogiolandosi al sole. Ce ne sono di più nel mio giardino che nel resto del promontorio e adorano i miei cespugli profumati. Appena sposto un sasso, sotto sbuca una lucertolina – quindi anche i sassi servono a qualcosa.
I conigli sono spariti, e ne sono contento, ma accolgo con gioia la lepre che passa saltellando. La lepre è l’animale pazzerello della fiaba, e caspita, come va veloce.
Ho due gatti molto socievoli: uno tartarugato che di rado si fa vivo e il magnifico Thomas, il gatto di Sylvia, nero come casa mia. Thomas avanza con passo da parata – un vero sergente maggiore dei gatti. Per quanto socievole, mantiene le distanze e nemmeno lui ricorda quanto è vecchio. Dà la caccia ai topi che ci invadono in autunno, e li porta in bocca come se avesse catturato i baffoni di Lord Kitchener – un topo di meno che correrà su e giù nel mio armadio. Quelli piccoli e neri non mi dispiacciono; quelli marroni li catturo con le trappole – a volte sei in una notte. Di ratti non ne ho mai visti; vivono mangiando teste di pesce vicino alle barche».

La copertina di Il giardino di Derek Jarman
(nottetempo)