L’ergastolo ostativo è parzialmente incostituzionale

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, decidendo che tutti i detenuti devono poter usufruire dei permessi premio

Un corridoio della casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, 1 giugno 2017 (Nicolò Campo - LaPresse)
Un corridoio della casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, 1 giugno 2017 (Nicolò Campo - LaPresse)

La Corte Costituzionale ha stabilito la parziale incostituzionalità dell’ergastolo ostativo, una pena senza fine prevista nell’ordinamento penitenziario italiano che “osta” a qualsiasi sua modificazione e che non può essere né abbreviata né convertita in pene alternative, a meno che la persona detenuta decida di collaborare con la giustizia. In particolare la Corte Costituzionale ha stabilito che è incostituzionale subordinare la concessione di permessi premio alla collaborazione dei detenuti con la giustizia, specialmente nei casi in cui non ci siano elementi per ritenere che i detenuti potrebbero tornare a far parte della criminalità organizzata.

L’ergastolo ostativo – introdotto nell’ordinamento penitenziario italiano all’inizio degli anni Novanta, dopo le stragi nelle quali furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – è regolato dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario e stabilisce che le persone condannate per alcuni reati di particolare gravità, come mafia o terrorismo, non possano essere ammesse ai cosiddetti “benefici penitenziari” né alle misure alternative alla detenzione. Per queste persone è escluso l’accesso alla liberazione condizionale, al lavoro all’esterno, ai permessi-premio e alla semilibertà. La pena dell’ergastolo ostativo coincide dunque, per la sua durata, con l’intera vita del condannato: è quella per cui si usa spesso l’espressione “fine pena mai”.

La sentenza della Corte Costituzionale è arrivata in merito a due questioni di costituzionalità sollevate dalla Corte di cassazione e dal Tribunale di sorveglianza di Perugia, in merito a due condannati per mafia all’ergastolo ostativo e a cui venivano quindi negati anche i permessi premio. La sentenza, il cui contenuto è per ora solo stato anticipato da un comunicato dell’Ufficio stampa della Corte, riguarda quindi solo la parte dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario che riguarda i permessi premio.

«In virtù della pronuncia della Corte» dice il comunicato diffuso oggi «la presunzione di “pericolosità sociale” del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del Carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica».

Contro l’ergastolo ostativo si era espressa di recente anche la Corte europea per i diritti umani (CEDU), che aveva invitato l’Italia a rivedere la legge, ritenendola in contraddizione con la Convenzione europea dei diritti umani, che proibisce “trattamenti inumani e degradanti”.