Zingaretti: «Gli italiani non sono dei coglioni»

Il segretario del PD dice che gli accordi di governo vanno rispettati, «altrimenti si arrabbiano e giustamente ci sarà una rivolta»

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

Intervenendo alla trasmissione di La7 Non è l’Arena, il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti ha parlato dello stato dei rapporti con gli alleati di governo del Movimento 5 Stelle, rispondendo ad alcune accuse del ministro degli Esteri Luigi Di Maio che avevano portato i giornali a parlare di “tensioni” e “ultimatum” nella maggioranza, come succedeva periodicamente con il governo precedente. Zingaretti ha detto:

Noi saremo molto responsabili. Diciamo ai nostri alleati: “Secondo me si può andare avanti”. Ma nessuno continui o ricominci a piantare le bandierine sulle proprie identità, perché di questo gli italiani sono stanchi. Questo è un popolo molto paziente, gli abbiamo fatto delle promesse. È calmo. Ma gli italiani non sono dei coglioni. E quindi ora bisogna mantenere gli accordi, e bisogna rispettarli. Perché altrimenti si arrabbiano, e giustamente ci sarà una rivolta.

I problemi del governo riguardano la legge di bilancio, sulla quale PD e M5S non si sono ancora messi interamente d’accordo: per lunedì è prevista una riunione dei ministri in cui si discuterà dei punti sui quali persistono i disaccordi, come le pene per gli evasori e le tasse sui lavoratori autonomi. Su questo secondo punto, peraltro, è intervenuto anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi dal palco della Leopolda, l’evento annuale organizzato a Firenze per discutere di politica. Questi screzi avevano portato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a escludere che la legge di bilancio potesse essere modificata, aggiungendo che «chi non fa gioco di squadra è fuori dal governo», rivolgendosi secondo molti a Di Maio. Conte aveva poi smentito di essersi rivolto a Di Maio, ma i retroscena degli ultimi giorni dicono che i rapporti tra i due sono molto peggiorati di recente, causando un avvicinamento tra Conte e il PD.