Mercoledì 5 persone sono state uccise in Kashmir, il numero più alto da quando l’India gli ha revocato l’autonomia

«Vogliamo la libertà», scritto su una serranda a Srinagar, Kashmir, settembre 2019
(Yawar Nazir/ Getty Images)
«Vogliamo la libertà», scritto su una serranda a Srinagar, Kashmir, settembre 2019 (Yawar Nazir/ Getty Images)

Mercoledì cinque persone sono state uccise in Kashmir: è stata la giornata con il numero più alto di morti da quando, il 5 agosto scorso, l’India aveva revocato lo “status speciale” garantito al Kashmir dagli anni Cinquanta. Le persone uccise sono un commerciante di mele del Punjab e un lavoratore arrivato da un altro stato in due attacchi separati a Shopian e Pulwama, nel sud dello stato; le altre tre persone erano sospettate di essere ribelli separatisti e sono state uccise dalle forze di sicurezza vicino alla città di Bijbehara.

Lo status speciale del Kashmir era garantito dalla Costituzione indiana e dava molta autonomia al governo locale, che doveva amministrare uno stato a maggioranza musulmana rivendicato dal Pakistan e oggetto di un’antica disputa territoriale. Dopo averlo revocato l’India ha diviso il Kashmir in due stati, uno che continuerà a chiamarsi Jammu e Kashmir (il nome formale del Kashmir) e che avrà un parlamento statale, l’altro chiamato Ladakh, che non avrà un parlamento.