L’Arabia Saudita dice che gli attacchi contro i suoi stabilimenti petroliferi sono stati «promossi dall’Iran»

I resti dei missili da crociera e dei droni iraniani usati negli attacchi di sabato scorso contro gli stabilimenti petroliferi sauditi (AP Photo/Amr Nabil)
I resti dei missili da crociera e dei droni iraniani usati negli attacchi di sabato scorso contro gli stabilimenti petroliferi sauditi (AP Photo/Amr Nabil)

Nel corso di una conferenza stampa il colonnello Turki al Maliki, portavoce del ministero della Difesa dell’Arabia Saudita, ha accusato l’Iran di essere dietro gli attacchi compiuti sabato scorso contro due importanti stabilimenti petroliferi sauditi. Maliki ha così chiarito la posizione ufficiale del suo governo, che finora era stato piuttosto prudente e aveva detto di voler commentare solo dopo avere analizzato i resti dei droni usati negli attacchi.

Maliki ha detto che gli attacchi «non sono partiti dallo Yemen» – a differenza di quanto sostenuto da una rivendicazione diffusa dai ribelli yemeniti houthi, alleati dell’Iran – «nonostante gli sforzi iraniani di farlo sembrare così» e ha detto che sono stati senza dubbio «promossi dall’Iran».

La veridicità della rivendicazione era già stata messa in dubbio nei giorni scorsi dagli Stati Uniti, che avevano sostenuto che gli attacchi fossero partiti da nord o da nordovest, quindi dall’Iraq o dall’Iran. Maliki ha detto inoltre che i bombardamenti sono stati compiuti con missili da crociera e droni: i missili sono gli “Ya Ali”, usati dalle Guardie rivoluzionarie iraniane, potente unità militare dell’Iran responsabile di molte azioni aggressive in Medio Oriente. Anche i droni sono iraniani, del modello Delta Wing.

In pratica, ha concluso Maliki, la rivendicazione degli houthi sarebbe stato un tentativo di coprire il coinvolgimento iraniano negli attacchi.