Ascoltiamo soprattutto musica vecchia, in streaming

Lo dice uno studio di Nielsen: secondo il Wall Street Journal c'entra la sempre maggiore età degli utenti, ma non solo

Elton John con un paio di cuffie nel 1974. (D. Morrison/Express/Getty Images)
Elton John con un paio di cuffie nel 1974. (D. Morrison/Express/Getty Images)

Secondo una ricerca dell’istituto Nielsen citata dal Wall Street Journal, il 65 per cento della musica ascoltata sui servizi di streaming è “vecchia musica”, cioè pubblicata da più di un anno e mezzo. L’ascesa della musica di catalogo, come viene definita nel settore, è un fenomeno piuttosto recente e legato strettamente a un mercato in cui non si compra la musica, ma la si ascolta in streaming con abbonamenti forfettari.

Negli ultimi dieci mesi alcuni tra i principali servizi di musica in streaming, tra cui Spotify, YouTube e Amazon, hanno creato una nuova posizione dirigenziale che si occupi specificamente della musica di catalogo, con il compito di promuovere le vecchie canzoni in modo che siano attraenti per ogni fascia di età. La stessa posizione c’era già in aziende come Apple Music e Pandora.

Tradizionalmente i venditori di oggetti fisici, e quindi anche di dischi, si sono concentrati sulla promozione di prodotti nuovi, esposti in vetrina o in cima ai propri cataloghi. È sempre stato così anche nella musica, dove storicamente le vendite sono divise a metà tra vecchia e nuova musica, spiega il Wall Street Journal. Con la musica in streaming il ragionamento è diverso, perché non vendendo copie fisiche dei dischi non c’è il rischio di offrire ai clienti prodotti che hanno già. I servizi di streaming puntano invece ad offrire e mettere in mostra prodotti che sanno essere quelli che i clienti preferiscono ascoltare: e sono più spesso la vecchia musica, rispetto a quella nuova.

È per questo che in cima alle pagine degli artisti sui servizi di streaming viene normalmente proposta una selezione di canzoni che contiene principalmente i classici, intervallati da qualche sporadica nuova canzone. Nelle playlist, le successioni automatiche di canzoni tendono a inserire sempre più vecchi classici nelle playlist generiche, includendo grandi hit del passato anche in quelle apparentemente più moderne. Il Wall Street Journal fa l’esempio della playlist “Summer Road Trip”, pensata per accompagnare i viaggi estivi in auto, in cui ci sono alcune canzoni recenti di grandissimo successo come “Old Town Road” di Lil Nas X e “Piece of your Heart”, peraltro di un trio di dj italiani, i Meduza, insieme a classiconi dei Cure e dei Doobie Brothers.

Non è facile capire le cause della richiesta di vecchie canzoni, né quanto sia alimentata dal fatto che sono gli stessi servizi di streaming a metterle in risalto sulle proprie piattaforme. In parte c’entra l’attenzione contemporanea ai documentari e ai film biografici, che per esempio hanno fatto impennare gli ascolti dei Queen e di Elton John, protagonisti di due recenti biopic. Il sistema di scelta di Spotify funziona poi sulla base dei suggerimenti automatici, che tendono a consigliare artisti simili: ascoltando Elton John, perciò, si finisce facilmente su Billy Joel, Paul McCartney o su James Taylor. Tutta gente che ha fatto grande musica, che continua a riscuotere un grande successo sui servizi di streaming.

Un’altra ragione, poi, è più semplicemente il fatto che anche tra gli adulti le piattaforme di streaming stanno diventando sempre più popolari, grazie alla loro ormai capillare diffusione e grazie per esempio alle forme di abbonamento familiari. Dei 232 milioni di utenti di Spotify, i più anziani sono la fascia della prossima vera espansione, ha spiegato il capo del catalogo Johan Lagerlöf. «Questa fascia più anziana deve sentirsi a casa quando entra in Spotify, perché se non si sentono così la prima volta non torneranno una seconda».

Oltre che selezionando determinati artisti da proporre, questo obiettivo viene raggiunto anche offrendo dischi digitali che comprendano elementi ormai quasi spariti, come i testi, le informazioni e le foto sugli artisti, simili a quelle un tempo contenute nei dischi fisici.

Per fare un esempio di come i servizi di streaming stiano cavalcando questo fenomeno, il Wall Street Journal cita il caso della promozione del 50esimo anniversario dei Led Zeppelin quest’estate, accompagnato su Spotify dalla possibilità di creare playlist personalizzate intitolate con il proprio nome scritto nel famoso font del logo della band. Le playlist furono compilate anche da artisti famosi, come il chitarrista Jack White: come ha spiegato il capo del catalogo della casa discografica Warner Bros, le canzoni scelte da questi artisti diventarono le più ascoltate del gruppo. Queste strategie raggiungono solitamente due scopi: riproporre quei classici a chi li ascoltava da giovane, e farli conoscere ai più giovani che li ignoravano.