Indovinate a chi non piace questa moda della barba

Gillette sta avendo qualche problema, negli ultimi anni, per quello che definisce «uno spostamento sociale verso minori rasature»

David Beckham (Eduardo Parra/Getty Images)
David Beckham (Eduardo Parra/Getty Images)

Alla fine di luglio Procter & Gamble, la più grande società al mondo che produce beni di consumo, ha pubblicato i dati sui suoi risultati nel trimestre che va da aprile a giugno: anche se le cose sono andate meglio di quanto atteso, la società ha comunque dichiarato perdite per oltre 5 miliardi di dollari. Sembra che buona parte della colpa sia di Gillette, la più grande azienda di rasoi al mondo, che dal 2005 fa parte di Procter & Gamble. Per spiegare ai suoi azionisti perché Gillette è andata male, Procter & Gamble (comunemente abbreviato in P&G) ha detto che parte della causa è che sempre più persone, in sempre più paesi, si fanno crescere la barba.

Gillette – che esiste dal 1901 e a sua volta controlla altri marchi – fu acquisita da P&G nel 2005 per 57 miliardi di dollari, in quella che al tempo fu la più grande acquisizione della sua storia. Da allora Gillette fa parte – insieme a Braun e Venus – dell’unità di P&G dedicata alla rasatura e alla depilazione, che produce circa il 10 per cento del fatturato di Procter & Gamble. Gillette non va male solo da pochi mesi: nel recente documento per gli azionisti, P&G ha detto di aver registrato un «onere di svalutazione di 8 miliardi di dollari» per le attività legate a Gillette. Vuol dire, in breve, che Gillette ha perso valore.

Per spiegare la perdita di valore di Gillette, P&G ha citato tre motivi: un generale aumento della competizione (quindi cause definibili “di mercato”); le perdite di valore di diverse valute mondiali (quindi cause esterne al settore); e, infine, «la minore frequenza di rasatura, in particolare nei mercati in via di sviluppo».

Sembra peraltro che non sia un problema circoscritto ai mercati in via di sviluppo: i dati della società di ricerca Euromonitor dicono che negli ultimi cinque anni il mercato statunitense dei prodotti per la rasatura maschile si sia ridotto dell’11 per cento, passando da un valore di quasi 2,5 miliardi di dollari a poco più di 2,2 miliardi di dollari. Per quanto riguarda invece l’Italia, pochi mesi fa un portavoce di Gillette parlò ad AdnKronos di «consumo nazionale declinato negli ultimi anni».

È praticamente impossibile dire quanto meno ci si fa la barba, nel mondo o in determinati paesi, perché i dati spesso aggregano prodotti diversi, che servono per la depilazione, il taglio dei capelli o la cura della barba. Per quantificare quello che il suo direttore finanziario Jon Moeller ha definito uno «spostamento sociale verso minori rasature», Gillette ha fornito qualche dato frutto di ricerche interne: ha detto che nell’ultimo decennio nei mercati in via di sviluppo il numero medio di rasature settimanali è passato da 3,7 a 3,2. Sembra poco, detto così, ma vuol dire due rasature in meno al mese, e più di venti rasature in meno all’anno.

Inoltre i giovani percepiscono da diversi anni la barba come qualcosa “di moda”, e in quasi ogni contesto lavorativo una barba curata è ormai accettata. In molti contesti si è passati dal quasi obbligo a presentarsi con il viso rasato ogni mattina alla generale accettazione di una lunga barba, ma anche di una barba non curata, di uno o due giorni. Massimiliano Menozzi, vicepresidente di Gillette, ha detto a CNN: «Oggi gli uomini non sono giudicati negativamente se saltano una rasatura: non è più considerato un segno di pigrizia o mancanza di rispetto».

Nonostante i problemi di Gillette, P&G continua definire la rasatura come un «settore molto attrattivo», citando vendite generali che restano in crescita, seppur a tassi minori rispetto a molti altri prodotti di P&G. Allo stesso tempo, però, sta provando a cambiare le cose: già da alcuni anni la società ha lanciato prodotti di minor costo, per rispondere alla concorrenza di aziende che offrivano prodotti meno di qualità e quindi meno cari. Inoltre Gillette sta provando a puntare sempre più sui prodotti per chi non si rade – o lo fa molto meno – ma ci tiene a tenere la barba curata, pulita, definita o profumata, possibilmente senza andare dal barbiere. Il tutto nell’attesa che passi la moda delle barbe lunghe, di cui qualcuno preannunciava la fine già nel 2013.