Useremo detersivi senz’acqua?

Sta nascendo un'offerta di prodotti solidi o molto concentrati da diluire a casa, per ridurre imballaggi e trasporti

(Blueland)
(Blueland)

Dalla progressiva scomparsa delle cannucce e dei sacchetti monouso alla diffusione delle borracce in sostituzione delle bottiglie di plastica, negli ultimi anni diversi comportamenti personali più ecologici e rispettosi si stanno sperimentando e diffondendo: alcuni con un impatto praticamente irrilevante per il destino del pianeta, altri un po’ più rilevanti. Alcune società stanno provando infatti a creare una nuova nicchia di mercato che, se dovesse diventare mainstream, potrebbe ridurre drasticamente la produzione di plastica, con grandi conseguenze anche sulle emissioni dovute al trasporto della stessa. Si tratta di detersivi che vengono venduti allo stato solido per essere poi sciolti in acqua dal consumatore, oppure in formati concentrati da diluire in contenitori riutilizzabili. Sarebbero diversi quindi dai tradizionali detersivi concentrati, venduti a loro volta in contenitori di plastica.

Vox ha raccontato come funzionano alcuni di questi esperimenti negli Stati Uniti, dove è piuttosto facile abbonarsi a servizi che consegnano regolarmente prodotti senz’acqua, in modo da abbandonare totalmente quelli confezionati nella plastica monouso. Blueland, per esempio, offre un kit con tre contenitori spray in vetro: uno per il bagno, uno per i vetri e gli specchi, uno per le altre superfici. Le istruzioni sono semplici: i contenitori si riempiono d’acqua del rubinetto, si aggiunge una pastiglia del prodotto e si aspetta qualche minuto. Si ottengono così tre prodotti che, a dire dell’azienda, puliscono meglio di quelli comuni e non contengono sostanze tossiche. Il kit iniziale costa 30 dollari, una singola pastiglia – che produce 0,6 litri di detergente – due dollari. Alden Wicker, il giornalista di Vox che l’ha provato per l’articolo, ne è rimasto entusiasta: Blueland però spedisce soltanto negli Stati Uniti.

(Blueland)

Secondo la Ellen MacArthur Foundation, il 90 per cento di una normale bottiglia di detergente è composto da acqua. Eliminando quella componente, si ottengono due grossi risultati dal punto di vista ambientale: non c’è più bisogno di una confezione in plastica monouso, sostituita da una bottiglia riutilizzabile e da un imballaggio molto più leggero; e si riduce drasticamente l’ingombro dei prodotti, rendendo molto più sostenibile il loro trasporto e di conseguenza le emissioni legate alla spedizione. Sempre secondo la Ellen MacArthur Foundation, se nel mondo si usassero solo prodotti di questo tipo si potrebbe ridurre la plastica usa e getta prodotta globalmente di oltre il 20 per cento, sostituendo i normali imballaggi in plastica con quelli più facilmente riciclabili.

Prodotti di questo tipo non sono venduti soltanto da start-up e piccole società. Dallo scorso marzo, infatti, Amazon offre negli Stati Uniti una linea di detersivi chiamata Clean Revolution: consiste in una bottiglia spray in vetro sul cui fondo va avvitata una ricarica di detergente concentrato. Si riempie la bottiglia d’acqua, e una ricarica basta per sei bottiglie di detersivo. Il kit iniziale costa 12 dollari, due ricariche ne costano 17.

La multinazionale europea Unilever ha appena presentato il Cif Ecorefill, una ricarica di prodotto concentrato che si attacca direttamente alle normali bottiglie spray di plastica, e che se diluito con acqua basta a riempirla per 10 volte. Secondo Unilever, sostituendo i normali Cif usa e getta con gli Ecorefill – per ora disponibili solo sul mercato britannico – si ridurrebbe dell’87 per cento il numero di camion utilizzati per il trasporto. L’azienda si offre anche di sostituire gratuitamente l’erogatore delle bottiglie, nel caso dovesse rompersi, e assicura che le confezioni delle ricariche sono riciclabili. C’è da considerare che il trasporto dei prodotti costituisce soltanto il 3 per cento della “carbon footprint” – cioè le emissioni complessive – di Unilever: il 25 per cento deriva dalla lavorazione delle materie prime, e il 65 per cento dall’uso che ne fanno i consumatori, per esempio quando usano il prodotto per fare una lavatrice.

(Unilever)

Tutte queste iniziative arrivano dopo anni in cui la sensibilità collettiva si è concentrata soltanto sulla raccolta differenziata, trascurando le cosiddette “tre R” che dovrebbero regolare il consumo di rifiuti in generale e di plastica in particolare: ridurre, riusare, riciclare. Non si parla soltanto di prodotti disidratati, ovviamente, e non soltanto di detersivi: da maggio, per esempio, alcune grosse multinazionali – da Unilever a Nestlé a Pepsi – hanno avviato una sperimentazione per eliminare del tutto le confezioni di plastica non riutilizzabili, anche se per ora soltanto per poche migliaia di persone selezionate a New York e a Parigi. Questi clienti ricevono a casa i prodotti dentro a confezioni di alluminio o vetro, che una volta svuotate vengono ritirate, pulite e nuovamente riempite da una società specializzata.

Anche se questi servizi non sono ancora disponibili, da tempo sono relativamente diffusi prodotti solidi alternativi a quelli liquidi e che quindi non necessitano di ingombranti imballaggi in plastica. Ci sono per esempio molti shampoo solidi – sono piuttosto famosi in Italia quelli prodotti da Lush – ma anche dentifrici. Per non parlare del più antico e universale dei prodotti solidi alternativi a quelli liquidi: il sapone.

In questo momento soltanto una piccola parte della plastica prodotta globalmente viene riciclata: ci sono varie stime, ma tutte indicano una percentuale inferiore al 20 per cento. Da quando l’anno scorso la Cina ha smesso di importare i rifiuti in plastica dal resto del mondo, è probabile che la percentuale si sia ulteriormente ridotta. Una parte della plastica non riciclata viene bruciata, ma un’altra, superiore alla metà, finisce nelle discariche o nell’ambiente.