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  • Sabato 29 giugno 2019

Un centro commerciale con solo merce usata

Lo gestisce la città di Eskilstuna, in Svezia, e sta aiutando le persone a riciclare di più e produrre meno rifiuti

Il centro commerciale ReTuna, a Eskilstuna, in Svezia
Il centro commerciale ReTuna, a Eskilstuna, in Svezia

A circa 20 minuti di macchina dal centro della città di Eskilstuna, in Svezia, c’è un centro commerciale che a prima vista può sembrare uguale a molti altri. Si possono acquistare prodotti Apple, vestiti di Gucci e beni di vario tipo, ma c’è una differenza rispetto ai negozi di altri centri commerciali: tutta la merce disponibile è già stata usata.

Il centro, che si chiama ReTuna, è stato aperto nel 2015 ed è di proprietà del comune, che ci ha investito 19,5 milioni di corone svedesi (circa 1,8 milioni di euro) e ha anche offerto delle sovvenzioni per chi avesse voluto aprire un negozio nel centro commerciale. Nel 2018 per la prima volta non ci sono state sovvenzioni e il centro commerciale ha raggiunto il pareggio di bilancio, anche se Anna Bergström, la direttrice del centro, sa che c’è ancora molto lavoro da fare: «Dobbiamo fare più soldi per poterci permettere di assumere altro personale, perché i negozianti stanno lavorando veramente duro per sette giorni alla settimana», ha raccontato. Bergström si è trasferita a Eskilstuna nel 2012 dopo aver lavorato nella moda.

Eskilstuna è una città della Svezia centro-orientale la cui economia è stata sostenuta per anni dalle fabbriche d’acciaio (veniva chiamata la “Sheffield di Svezia”, paragonandola alla città britannica famosa per la produzione di acciaio). A partire dagli anni Settanta, però, la crisi delle acciaierie si è riflettuta sul tessuto economico della città, che ha dovuto far fronte a una crescita della disoccupazione, oggi quasi doppia rispetto a quella nazionale.

Dal 2012 la città ha introdotto una serie di iniziative per migliorare l’ambiente, che l’hanno resa tra le città più ecologiche della Svezia. I trasporti pubblici per esempio sono alimentati a biogas e elettricità, e gli abitanti devono separare i propri rifiuti in sette sacchetti di colori diversi (verde per i residui di cibo, giallo per la carta, blu per i giornali, rosa per i residui tessili, grigio per il metallo, arancione per la plastica e nero per l’indifferenziata). I residenti sono fortemente incentivati a fare la raccolta differenziata nelle proprie case, anche perché altrimenti sono costretti a pagare una tassa annuale per lo smaltimento dei rifiuti domestici di 2.894 corone (circa 271 euro), due volte superiore a quella che pagherebbero facendo la differenziata.


Come funziona ReTuna

Quello che non si riesce a riciclare o che può avere una seconda vita viene portato al centro commerciale ReTuna, dove viene venduto in negozi appositi. ReTuna funziona in maniera piuttosto semplice: i cittadini di Eskilstuna che non vogliono buttare un oggetto (che sia un vestito, un giocattolo o del mobilio) si recano al centro commerciale, dove 12 impiegati del magazzino hanno il compito di ricevere e smistare la merce da rivendere nei vari negozi. All’inizio c’era qualche dubbio che potesse funzionare, ma il giorno dell’inaugurazione il centro fu visitato da 6mila persone e da allora ogni giorno arrivano circa 700 persone. Attualmente, scrive CNN, altre quattro città svedesi stanno avviando progetti simili a quelli di ReTuna a Eskilstuna, e ad Hamar, in Norvegia, un centro commerciale di oggetti riciclati è già quasi pronto e dovrebbe essere inaugurato nell’aprile del 2020.

Di recente dentro ReTuna sono stati aperti anche un ristorante e un centro conferenze; Bergström auspica che presto possa aprire anche un supermercato ecosostenibile.

Maria Larsson, che gestisce un negozio di fiori all’interno del centro, ha raccontato al Guardian che lavora circa 70 ore alla settimana per mantenere la sua attività, dove vende sia articoli usati che altri riutilizzati in maniera creativa. Il problema principale – per lei come per gli altri negozianti – è decidere quanto far pagare per merce che in fin dei conti ricevono gratuitamente. «La gente crede che i prodotti dovrebbero essere economici, ma è molto difficile dare un prezzo al lavoro che facciamo qui». Un vaso di fiori nel suo negozio, per esempio, può arrivare a costare 480 corone svedesi (circa 45 euro).

Il progetto di ReTuna ha dato modo alla città di Eskilstuna di massimizzare l’efficienza del suo sistema di riciclo, ma ha anche aiutato la popolazione creando 50 nuovi posti di lavoro: una cifra piccola ma significativa, in una città che negli ultimi anni ha visto crescere costantemente il numero degli abitanti disoccupati. Il 10 per cento degli abitanti della città, inoltre, è composto da rifugiati arrivati in Svezia in seguito alla crisi dei migranti del 2015, e alcuni di loro hanno trovato in ReTuna un luogo dove darsi da fare per aiutare la comunità o imparare nuove abilità da mettere in pratica in ambito lavorativo. Tra questi c’è Yusuf al-Aboud, che è arrivato in Svezia dalla Siria due anni fa e che oggi lavora come tuttofare nel centro commerciale. «Nel mio paese non butteremmo mai qualcosa a meno che non sia completamente rotto, quindi questo lavoro non è nuovo per me», ha raccontato mentre dipingeva un mobile riciclato.

Tutto quello che non può essere portato dai residenti nel centro commerciale finisce nel centro di smistamento di Lilla Nyby, a 20 minuti di macchina di distanza, dove i rifiuti vengono smistati e quelli organici compattati e riutilizzati per produrre biogas. In un piccolo capannone alle spalle dal centro, inoltre, alcuni ricercatori dell’Università di Uppsala stanno studiando un modo per usare delle larve per digerire i rifiuti alimentari, ed essere utilizzate a loro volta per nutrire il bestiame.

Jimmy Jansson, leader socialdemocratico della città e presidente del Consiglio comunale, sostiene che la svolta ambientalista di Eskilstuna è anche un modo per dare alla città una nuova identità in seguito alla deindustrializzazione: «Abbiamo avuto la possibilità di imparare dai nostri errori del passato, e anche se non ci siamo ancora del tutto ripresi, non è difficile fare la cosa giusta. È una nostra responsabilità».