Un pm del processo contro gli indipendentisti catalani ha parlato di “colpo di stato”
Riferendosi agli eventi accaduti in Catalogna nell'autunno 2017, quelli che portarono alla dichiarazione d'indipendenza
Martedì Javier Zaragoza, uno dei quattro pubblici ministeri del processo in corso a Madrid contro i leader indipendentisti catalani, ha presentato le sue conclusioni in aula, dopo settimane di testimonianze e ricostruzioni. Zaragoza ha confermato l’accusa di ribellione (la più grave) per gli eventi accaduti in Catalogna nell’autunno 2017, che portarono alla dichiarazione unilaterale di indipendenza pronunciata dall’allora presidente catalano Carles Puigdemont; e ha parlato per la prima volta di «colpo di stato», riferendosi ai tentativi dei politici indipendentisti di «derogare, sospendere totalmente o parzialmente la Costituzione per dichiarare l’indipendenza di una parte del territorio nazionale». Non era mai successo prima che Zaragoza usasse l’espressione «colpo di stato», una scelta che ha sorpreso diversi osservatori.
Il processo contro gli indipendentisti catalani è iniziato il 12 febbraio a Madrid. Gli imputati sono 12, sia leader politici sia esponenti della cosiddetta società civile, alcuni dei quali sono stati eletti o al Parlamento nazionale o al Parlamento europeo nelle ultime due elezioni in Spagna, quelle di aprile e maggio. Tra gli imputati non ci sono quelli che due anni fa uscirono dal paese prima di essere arrestati, tra cui Carles Puigdemont (anch’egli eletto eurodeputato alle ultime elezioni).
Come ha scritto il País, prima dell’inizio del processo era diffusa tra alcuni giuristi e tra gli avvocati della difesa la teoria che i pm avrebbero ridimensionato le accuse contro gli imputati una volta arrivati alla presentazione delle conclusioni in aula. Le cose però sono andate diversamente. Durante il suo intervento di martedì, Zaragoza ha confermato le accuse di ribellione e ha negato che l’obiettivo del processo fossero le idee indipendentiste degli imputati:
«Il motivo per cui siete processati non ha niente a che vedere con la criminalizzazione del dissenso politico. Non c’è persecuzione delle idee politiche o di progetti politici non compatibili con l’ordine costituzionale. La ragione è né più né meno l’aver tentato di liquidare la Costituzione del 1978, uno strumento fondamentale per la nostra convivenza»
Zaragoza ha usato anche un’altra espressione per descrivere gli eventi dell’autunno 2017 in Catalogna, che finora era stata impiegata solo dalla denuncia presentata da Vox, partito di estrema destra molto critico nei confronti dell’indipendentismo catalano: ha detto che «quello che successe [in Catalogna] fu un colpo di stato». La tesi dei pm è che gli indipendentisti catalani non attentarono solo contro l’ordine pubblico, ma anche contro l’ordine costituzionale.
L’uso di espressioni così dure e il tentativo di far passare la tesi dell’attentato contro l’ordine costituzionale sono due elementi fondamentali per dimostrare il reato di ribellione, che prevede fino a 30 anni di carcere. La ribellione è l’accusa più grave fatta dalla procura contro i leader indipendentisti catalani, e anche quella più controversa e dibattuta: secondo diversi penalisti, infatti, non si può parlare di ribellione perché non ci fu violenza.