L’indagine su Luca Palamara, spiegata

Un noto e importante magistrato è accusato di aver ricevuto regali e benefici in cambio di favori, e di aver tentato di danneggiare chi aveva avviato un'indagine su di lui

Luca Palamara, Roma 13 settembre 2016 (ANSA/CLAUDIO PERI)
Luca Palamara, Roma 13 settembre 2016 (ANSA/CLAUDIO PERI)

Giovedì 30 maggio la Guardia di Finanza ha perquisito l’abitazione e l’ufficio del magistrato Luca Palamara, ex consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM, l’organo di autogoverno della magistratura) ed ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM). Palamara, che ieri è stato interrogato, è accusato di corruzione dalla procura di Perugia, competente per le indagini sui magistrati di Roma. Sui giornali di oggi ci sono diversi pezzi della storia che lo riguardano, che è piuttosto complicata e della quale si conoscono ancora solo informazioni parziali.

In breve, Palamara è sospettato di aver sviluppato rapporti inopportuni, accettando soldi e regali, con Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone, un lobbista arrestato nel febbraio 2018 per frode fiscale, considerato vicino al Partito Democratico e in affari con gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore. Centofanti, Amara e Calafiore sono coinvolti in un’inchiesta per corruzione e compravendita delle sentenze al Consiglio di Stato. Secondo quello che si sa delle accuse, Palamara avrebbe ottenuto viaggi e vacanze a suo beneficio e a beneficio di familiari e conoscenti che sembrerebbero essere state pagate, almeno in parte, da Centofanti: a Taormina, a Madonna di Campiglio e a Dubai, tra le altre. Si parla poi di un anello del valore di 2mila euro che Palamara avrebbe regalato a un’amica e di altri 40mila euro ricevuti per facilitare la nomina a procuratore capo di Gela di Giancarlo Longo; nomina poi bloccata da Sergio Mattarella, presidente del CSM.

In cambio dei regali, secondo le accuse Palamara avrebbe favorito gli indagati con una serie di nomine o di tentate manovre negli uffici delle procure che interessavano Amara e Calafiore. Spiega Carlo Bonini su Repubblica di oggi:

Quello che la coppia Amara-Colafiore chiede a Palamara, spesso attraverso Centofanti, richiede pelo sullo stomaco. Come sfregiare professionalmente Marco Bisogni, pm di Siracusa, che indaga proprio su Amara e che è titolare di procedimenti che gli stanno a cuore (Eni). Amara monta contro Bisogni un pretestuoso esposto disciplinare di cui il Procuratore generale della Cassazione chiede l’archiviazione. E che Palamara, al contrario, in quel momento componente della commissione disciplinare del Csm, tiene vivo (manovra perché venga rigettata dalla commissione del Csm la richiesta di archiviazione). Consapevole, tuttavia, che a quel pm nulla possa rimproverarsi, come poi dimostrerà la sua completa assoluzione disciplinare.

Dalle indagini sembra poi che Palamara fosse interessato alla nomina del nuovo procuratore capo di Perugia, posizione che da domani sarà libera per il pensionamento dell’attuale capo. Ieri la procura di Roma ha inviato un avviso di comparizione anche al consigliere del CSM Luigi Spina e al pubblico ministero di Roma Stefano Fava, entrambi indagati per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento: tra l’aprile e il maggio di quest’anno Fava e Spina avrebbero informato Palamara degli accertamenti a suo carico presso la procura di Perugia. Palamara, scrive il Corriere riportando un virgolettato dei pm, cercava per Perugia un capo «sensibile alla sua posizione procedimentale».

Spina e Fava avrebbero rivelato a Palamara anche un’altra informazione riservata: il deposito di un esposto del pm Fava contro il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone (ormai ex, visto che è andato in pensione lo scorso 9 maggio) e contro il procuratore aggiunto Paolo Ielo. Da Pignatone e Ielo era partita la trasmissione degli atti a Perugia da cui è iniziata l’indagine su Palamara. L’interesse di Palamara per la procura di Perugia era dunque doppia, secondo le accuse: nominare qualcuno che fosse sensibile all’indagine a suo carico e qualcuno che allo stesso tempo potesse danneggiare Pignatone e Ielo. Aver ottenuto entrambe quelle informazioni secretate avrebbe insomma permesso a Palamara di ricostruire dove era nata l’inchiesta che lo riguardava a Perugia e prendere delle contromisure contro chi l’aveva avviata.

In un’intercettazione dello scorso 7 maggio, di cui alcuni giornali riportano oggi il testo, Palamara avrebbe detto a un collega: «Ma io non c’ho nessuno a Perugia, zero». I due stavano parlando dei possibili candidati che avrebbero dovuto prendere il posto dell’attuale procuratore capo che domani andrà in pensione: «Chi glielo dice che deve fa’ quella cosa lì? Deve aprire un procedimento penale su Ielo, cioè stamo a parla’ de questo…». Per gli inquirenti «da tale conversazione (…) traspare l’interesse di Palamara a che venga nominato un procuratore a Perugia che sia sensibile alla sua posizione procedimentale e all’apertura di un procedimento fondato sulle carte che Fava sarebbe intenzionato a trasmettere a tale ufficio», contro Ielo.

I giornali parlano anche di conversazioni e incontri di Palamara con Cosimo Ferri, deputato del PD considerato “renziano” ed ex sottosegretario alla Giustizia nei governi Letta, Renzi e Gentiloni, e molto influente nella corrente Magistratura indipendente, e Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi, imputato di favoreggiamento nel caso Consip dopo la richiesta di rinvio a giudizio firmata da Pignatone e Ielo. Le carte degli inquirenti non nominano né Ferri né Lotti, ma lo fanno i giornali di oggi. Lotti, scrive Repubblica, sarebbe stato messo al corrente «del piano (di Palamara, ndr) per mettere a Perugia un procuratore amico».

Ieri Palamara è stato interrogato per cinque ore. L’interrogatorio proseguirà anche oggi, davanti ai pm Gemma Miliani e Mario Formisano. Lui ha già dichiarato di aver «consegnato una serie di ricevute per dimostrare» di non aver fatto favori a nessuno e di non aver avuto rapporti con Amara e Calafiore.