Come superare la compulsione da smartphone

Quattro dritte per non fare la cosa che avete appena fatto e che farete altre cento volte in un giorno

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Washington (Seattle, Stati Uniti) ha condotto una serie di interviste per studiare l’utilizzo compulsivo degli smartphone, un problema che interessa tutti, seppure con gravità diverse a seconda dei casi. Sono emersi comportamenti comuni tra vari gruppi di persone, con età e livelli d’istruzione diversi, e una tendenza generale a impegnare qualsiasi momento “vuoto” della giornata per dare un occhio alle ultime sullo smartphone. Questa compulsione, dicono i ricercatori, può essere smontata cambiando piccoli tic e abitudini, a patto di essere seriamente interessati a farlo.

Negli ultimi anni gli smartphone sono diventati gli oggetti più presenti nelle nostre esistenze, al punto da controllarli decine (in alcuni casi centinaia) di volte al giorno. I loro sistemi operativi e le applicazioni sono studiati per invogliarci a utilizzarli il più possibile: richiedono di continuo la nostra attenzione, con suoni e notifiche sullo schermo, che possono diventare fonte di distrazioni e causare una certa dipendenza. Le ultime versioni di iOS e Android offrono sistemi per provare a ridurre il tic di controllare di continuo il proprio smartphone, ma queste soluzioni non si sono rivelate finora molto efficaci (cause e meccanismi mentali del fenomeno non sono ancora completamente chiari).

Per capirci qualcosa di più, i ricercatori, guidati da Alexis Hiniker, hanno intervistato tre diversi gruppi di persone: studenti delle superiori, universitari e laureati; i partecipanti erano in tutto 39, residenti a Seattle e con un’età compresa tra i 14 e i 64 anni. A ognuno di loro è stato chiesto di mostrare come utilizzano di solito smartphone e applicazioni, descrivendo a voce alta il loro comportamento. Una fase successiva delle interviste ha poi riguardato domande più specifiche sulle loro abitudini e su cosa li spingesse, più di altro, a controllare lo schermo dello smartphone o a utilizzare una determinata applicazione.

Dalle interviste sono emerse quattro situazioni che favoriscono la compulsione:

  1. riempire un momento di inattività;
  2. concedersi un intervallo nel mezzo di un’attività noiosa;
  3. sfuggire a una interazione sociale poco gradevole;
  4. essere in attesa di un messaggio o una chiamata.

Hiniker e colleghi non si aspettavano di trovare cause così comuni tra i vari gruppi analizzati:

Questo non significa che i giovani utilizzino i loro telefoni come gli adulti. Ma penso che questa compulsione nel tornare sempre a usare il telefono si generi allo stesso modo tra i vari gruppi. Gli intervistati ne hanno parlato con termini identici. Gli studenti delle superiori davano risposte come: ‘Ogni volta in cui c’è un tempo morto, anche se ho solo un minuto tra una lezione e un’altra, tiro fuori il telefono”. E gli adulti ci hanno detto cose come: ‘Ogni volta in cui c’è un tempo morto, anche se ho solo un minuto tra un paziente e un altro al lavoro, tiro fuori il telefono’.

Dalle interviste è emersa anche una certa consapevolezza sul fatto di trascorrere più tempo del dovuto sul proprio smartphone, e una volontà di ridurlo. Alcuni hanno spiegato di avere provato le funzionalità di iOS e Android che limitano l’uso dello smartphone, le notifiche o il tempo che si può trascorrere su specifiche applicazioni, ma senza arrivare a risultati soddisfacenti. Hanno inoltre attribuito agli smartphone e alle esperienze che offrono un valore, come è normale che sia, al quale non riescono a rinunciare (soprattutto con le app che comportano l’interazione con altre persone, seppure a distanza).

Hiniker ha notato che, più o meno consciamente, stimiamo l’utilità di ciò che stiamo facendo con lo smartphone:

Lo descrivono come un calcolo economico. Del tipo: quanto tempo trascorro su questa app e quanto di questo tempo è effettivamente un investimento in qualcosa di duraturo e che trascende questo specifico momento? Alcune esperienze inducono un comportamento più compulsivo, e questo riduce il tempo che viene dedicato ad attività più significative.

La ricerca non porta a risposte definitive, ma fornisce comunque qualche spunto per provare a ridurre la dipendenza da smartphone.

1. Non fare nulla
Anche se la tentazione è forte, avendocelo a portata di mano, un suggerimento è di provare a non controllare sempre lo smartphone nei momenti vuoti della giornata. Annoiarsi un poco può essere molto utile per lasciar correre i pensieri, osservare ciò che si ha intorno e farsi venire qualche idea.

Il consiglio è di cercare di essere più consapevoli quando si prende in mano lo smartphone alla fermata dell’autobus, pensare che magari lo stesso gesto era stato fatto meno di due minuti prima, provando in questo modo a controllare l’impulso.

Usare l’opzione “Non disturbare”, attivare la modalità aereo, oppure lasciarlo ogni tanto a casa, quando si esce per brevi commissioni, possono essere buoni compromessi per abituarsi a stare un po’ più a distanza da app e notifiche.

2. Nei brevi intervalli
Svolgere compiti o lavori noiosi amplifica il desiderio di fare qualcos’altro, che spezzi per un po’ la monotonia dando una via di fuga alla mente. Gli smartphone sono diventati la scappatoia per eccellenza, ma la loro offerta sterminata di contenuti rende difficile controllare i tempi, senza farsi risucchiare nelle discussioni sui social network e le app per i messaggi.

Le ricorrenti interruzioni per controllare lo smartphone non fanno altro che allungare i tempi necessari per terminare la mansione noiosa che stiamo svolgendo, peggiorando ulteriormente la nostra percezione già negativa sul compito da fare. Anche in questo caso servono un po’ di autodisciplina e una maggiore consapevolezza di ciò che si sta facendo: impostare un timer e contingentare i tempi, con pause a intervalli regolari e per pochi minuti, possono aiutare a migliorare le cose.

3. Con gli altri
Gli smartphone offrono una buona via di fuga anche quando ci si trova in compagnia di altre persone, con situazioni complicate da gestire. Tirare fuori il cellulare quando una conversazione cade e non va più avanti, soprattutto con le persone con cui si ha poca confidenza, sembra di solito una buona idea per allentare una certa sensazione di disagio.

In alcuni casi può essere una buona soluzione, l’equivalente tecnologico di mettersi a leggere la targhetta delle raccomandazioni nell’ascensore, a patto di chiedersi se non ci siano migliori alternative e se non si stia semplicemente reagendo così per la pigrizia. Resistere alla tentazione e provare a rianimare la conversazione può essere un buon esercizio per migliorare i propri rapporti sociali, oltre al vantaggio di non ripiegare per l’ennesima volta sullo schermo del proprio smartphone.

4. L’attesa
A volte capita di essere in spasmodica attesa di un messaggio o una chiamata, al punto da controllare di continuo lo schermo dello smartphone per scoprire se sia arrivato qualcosa. È una situazione che per alcuni può essere snervante e straniante, fino a impedire di godersi una serata con gli amici o un film senza distrazioni.

Solo per queste circostanze, può essere utile impostare il telefono in modo che le notifiche arrivino forte e chiaro, con un suono o con una vibrazione: essere certi di non potersele perdere renderà un po’ meno snervante l’attesa, o almeno ridurrà l’impulso di controllare ogni istante. Per modificare suoneria e vibrazione è sufficiente accedere alle impostazioni del sistema operativo.

Naturalmente nessuna soluzione potrà davvero funzionare in mancanza della volontà di cambiare le cose, riducendo la propria dipendenza dallo schermo. Non si deve nemmeno eccedere nel senso opposto: gli smartphone ci hanno dato la possibilità di avere sempre in tasca la mole sterminata di informazioni su Internet, rimanere in contatto con i nostri amici e scattare fotografie al volo di ciò che abbiamo intorno o stiamo facendo, solo per citare qualche vantaggio. È però vero che tendiamo a trascorrere molto più tempo sugli smartphone: non è necessariamente un male, ma in alcune circostanze può precluderci esperienze migliori, lontane da uno schermo luminoso.