I bianchetti esistono ancora

Non è chiarissimo chi continui a usarli e perché, eppure il mercato dei correttori liquidi è in crescita

David Livingston/Getty Images
David Livingston/Getty Images

Nel 2005 il New York Times scrisse un articolo intitolato “Un backspace non può cancellare tutto“. Il backspace è quel tasto, in alto a destra nelle tastiere, che raffigura una freccia che guarda verso sinistra e che serve a cancellare quel che si è scritto. L’articolo del New York Times partiva da quel tasto per raccontare di alcuni suoi antenati, che in italiano chiamiamo bianchetti, cancelline o scolorini. Sono gli strumenti di cancelleria che permettono di rimediare a errori su fogli di carta, coprendo in bianco una parte di testo, così che ci si possa scrivere sopra qualcosa di nuovo (e questa volta giusto). Come ha raccontato di recente l’Atlantic esistono ancora, e se la passano meglio di quanto direste.

Il New York Times scrisse che nel 2005 il mercato dei correttori universali (che ora comprende liquidi, correttori a nastro e correttori a penna) generava circa 120 milioni di dollari all’anno. Pochi giorni fa l’Atlantic ha scritto che tra il 2017 e il 2018 il settore è cresciuto dell’1 per cento e negli ultimi anni ha aumentato la sua fetta all’interno delle vendite di prodotti di cancelleria. Tutto questo significa, scrive l’Atlantic, che non sono solo «peculiari anacronismi» ma oggetti del presente.

È innegabile che negli uffici di tutto il mondo i bianchetti fossero più diffusi quando ancora si usavano carta, penna e anche macchine da scrivere. A inventarli fu proprio una segretaria statunitense che lavorava per una banca di Dallas: Bette Nesmith Graham. Per sua stessa ammissione faceva diversi errori, e quindi usò un frullatore da cucina per creare una miscela biancastra con cui cancellarli. All’inizio metteva la miscela in alcune boccette di smalto per unghie che si portava in ufficio e teneva nel cassetto della scrivania, per correggere gli errori di nascosto. Poi iniziò a farlo avere ad alcuni colleghi, brevettò il prodotto (chiamandolo “Liquid Paper”, carta liquida) e arrivò a creare un’azienda che negli anni Settanta produceva milioni di boccette ogni anno. Nel 1979 vendette l’azienda per 47,5 milioni di dollari e donò diversi milioni in beneficenza.

Negli anni sono ovviamente arrivate anche altre aziende: se avete usato un bianchetto nella nostra vita ci sono buone possibilità che fosse di un marchio dell’azienda tedesca Henkel (per esempio Pritt) o di BIC (per esempio Tipp-Ex). Tipp-Ex è anche il marchio di una famosa pubblicità interattiva del 2010, che ora – dopo Bandersnatch – può far sorridere ma che ai tempi ebbe molto successo, perché “innovativa”.


Per decenni i bianchetti di ogni tipo sono stati usati sia negli uffici che nelle scuole e l’Atlantic ha spiegato che anche ai tempi delle prime stampanti (quelle a inchiostro) era spesso più comodo usare un bianchetto anziché ristamparlo dopo aver corretto l’errore.

Ma la domanda è: chi continua a comprare questi prodotti? Non c’è una risposta certa, perché ovviamente le aziende (che già non danno molti dati sulle vendite dei loro bianchetti) non sanno poi l’uso che ne fa chi li compra, ma ci sono un po’ di ipotesi. Qualche tempo fa il sito AdWeek ipotizzò che qualcuno li comprasse per dipingere, più che per correggere. Ma è più probabile, spiega l’Atlantic, che i bianchetti continuino a essere usati da quelle persone che scrivono lettere o diari e che continuano a usare i fogli di carta per cose che ritengono importanti, con un valore maggiore rispetto a una mail. Un portavoce di BIC ha detto che l’azienda sta pensando di introdurre bianchetti colorati (che forse a quel punto non potremo più chiamare bianchetti).

Qualche consiglio, già che ci siamo, per chi continua a usare i bianchetti. Quando si usano quelli liquidi bisogna passare una sola mano, in una sola direzione; lasciar asciugare (senza soffiare, sventolare il foglio o provare a appoggiarci il dito) e, solo nel caso l’errore sia ancora visibile, passare un’altra mano. Prima di versare il liquido bisogna poi agitare il contenitore, per evitare grumi. Se il liquido dovesse restare sulla pelle, il solvente per smalto è un ottimo modo per rimuoverlo (ma spesso basta grattare un po’ per ottenere lo stesso risultato). Nel caso di correttori a nastro o a penna, e comunque tutto molto più semplice, anche se meno nostalgico.

Charlie McCaffrey, che nel 2005 era presidente di Liquid Paper, spiegò al New York Times che già allora era possibile fare bianchetti inodori, ma che non si faceva perché i consumatori erano cresciuti associando quell’odore a quel prodotto, e avevano associato l’odore alla qualità del prodotto.