“Free Solo”, che ha vinto l’Oscar per il miglior documentario

Racconta come l'americano Alex Honnold ha scalato senza corde e imbragature una parete di circa 900 metri nel parco di Yosemite, in California

Free Solo stanotte ha vinto l’Oscar per il miglior documentario: gli altri candidati erano Hale County this morning, this evening; Minding the gap; Of fathers and sons e RBG. Il documentario vincitore racconta una scalata in “free solo” (cioè slegato, senza corde o protezioni) fatta nel giugno 2017 da Alex Honnold.

Free Solo è in alcuni cinema italiani dal 19 febbraio ed è prodotto da National Geographic. È stato diretto dalla documentarista Elisabeth Chai Vasarhelyi e dal fotografo e regista Jimmy Chin. La via scalata da Honnold si chiama Freerider ed è già molto difficile da scalare normalmente, assicurati con le corde. È una parete alta circa 900 metri e Honnold ci mise circa quattro ore per percorrerla tutta. Dopo che ci riuscì il New York Times scrisse che la sua impresa «avrebbe dovuto essere celebrata come uno dei più grandi traguardi atletici di ogni tipo, di sempre».

Dopo l’arrampicata, Honnold disse: «Anni fa, quando pensai per la prima volta alla free solo della Freerider, c’erano una mezza dozzina di punti che mi facevano pensare “oddio, questo fa paura”, ma poi ho allargato la mia zona di comfort fino a quando quegli obiettivi che sembravano totalmente folli sono diventati possibili». L’arrampicatore Tommy Caldwell disse che l’impresa di Honnold stava all’arrampicata così come l’allunaggio stava all’esplorazione spaziale.

Come ha scritto il GuardianFree Solo racconta l’impresa (strapiombi, muscoli tesi, grandi inquadrature, momenti di panico) ma soprattutto la sua preparazione. «Penso che gran parte del film sia mostrare il lungo processo che serve per arrivare al punto in cui qualcosa non fa più paura», ha detto Honnold. «Ma fare free solo vuol dire non poter mai sbagliare, perché sbagliare vuol dire cadere a corpo libero per centinaia di metri: è una cosa che non può mai smettere di fare paura». Peter Debruge ha scritto su Variety che «per quelli a cui piacciono i documentari di avventura e adrenalina, forse non esiste di meglio».