C’è un pianeta mai osservato nel sistema solare?

La scoperta di un nuovo lontanissimo sasso spaziale ha riportato di attualità la teorie su "Pianeta X": un grande pianeta oltre Nettuno che nessuno ha mai visto

L'ipotetico Pianeta X in un'elaborazione grafica (Carnegie Institution for Science)
L'ipotetico Pianeta X in un'elaborazione grafica (Carnegie Institution for Science)

La scoperta di un oggetto spaziale in un’area molto remota del nostro sistema solare sta offrendo nuovi elementi a sostegno delle teorie sull’esistenza di “Pianeta X”, un pianeta che secondo alcuni ricercatori si troverebbe oltre l’orbita di Nettuno. L’ipotetico pianeta non è stato mai osservato, ma negli ultimi anni l’analisi di quella porzione di Spazio ha permesso di identificare diversi corpi celesti che indicano la sua possibile presenza. La scoperta di un nuovo pianeta nel sistema solare sarebbe storica e avrebbe notevoli implicazioni sulle conoscenze del posto che ospita anche la Terra, per questo i ricercatori sono molto cauti e ci sono astronomi che non nascondono il loro scetticismo.

Il nuovo corpo celeste è stato chiamato TG387, “Il Goblin” per gli amici, ed è un sasso spaziale con un diametro massimo intorno ai 300 chilometri. È stato osservato dagli astronomi della Carnegie Institution of Science (Stati Uniti) grazie al telescopio giapponese Subaru alle Hawaii. Identificato per la prima volta nel 2015, i ricercatori ne hanno tenuto traccia per analizzare il percorso che compie intorno al Sole. Dai loro studi è emerso che Goblin impiega 40mila anni per compiere un’orbita completa intorno al Sole, seguendo una traiettoria ellittica molto schiacciata. Nel suo punto di massimo avvicinamento, mantiene una distanza di 65 unità astronomiche dal Sole, pari cioè a 65 volte la distanza tra la Terra e il Sole, la massima distanza è invece pari a 2.300 unità astronomiche. Viaggia lontanissimo, e a quanto pare indisturbato, ai confini del sistema solare.

L’orbita di TG387 rispetto alla posizione dei pianeti giganti del nostro sistema solare e della Fascia di Kuiper, la porzione del sistema solare oltre Nettuno dove orbitano numerosi oggetti spaziali (Carnegie Institution for Science)

Le caratteristiche orbitali, spiegano i ricercatori, fanno di TG387 un buon indiziato da pedinare per scoprire se esista o meno Pianeta X. Fa parte di una famiglia di sassi spaziali che ormai conta 14 membri, tutti con caratteristiche orbitali simili, come se qualcosa di molto grande li avesse influenzati con la sua gravità. E quel qualcosa potrebbe essere stato Pianeta X.

A questo punto molti di voi si staranno chiedendo: ma se davvero esistesse un altro pianeta, non lo avremmo già dovuto osservare come è successo con Marte, Venere, Giove e tutti gli altri? Il problema è che la zona dove gli astronomi stanno cercando il nuovo pianeta è lontanissima ed enormemente più vasta di quella dove abbiamo trovato gli altri pianeti, molti dei quali sono (in proporzione) così vicini da essere osservabili a occhio nudo. Gli oggetti che si trovano dove dovrebbe esserci anche Pianeta X sono talmente distanti dal Sole da rifletterne molto flebilmente la luce, rendendo la loro osservazione ancora più difficoltosa. Inoltre, i ricercatori possono osservare quella gigantesca area di spazio con telescopi potenti, ma che permettono di guardarne porzioni limitate per volta: è un po’ come osservare ciò che abbiamo intorno attraverso un mirino.

Per tutti questi motivi gli oggetti come TG387 sono importanti: le loro caratteristiche e i loro spostamenti ci possono dare preziosi indizi per capire se là in fondo ci sia qualcos’altro. La nuova scoperta ha per esempio permesso di ridurre il numero di potenziali orbite da analizzare per trovare Pianeta X. I ricercatori avevano iniziato con circa 30, ora sono diventate 25: sono ancora molte e richiederanno anni di studi, ma la scoperta di ulteriori sassi spaziali nella zona potrebbe permettere di ridurre ulteriormente il campo di ricerca. I 14 oggetti trovati finora non sono infatti sufficienti per potere dire con certezza che esista un pianeta mai osservato.

Le ipotesi sulla presenza di qualcosa di grosso e ingombrante ben oltre l’orbita di Nettuno ci fanno compagnia da decenni, con teorie (alcune un po’ strampalate) che a seconda dei casi hanno portato a nominare il nuovo corpo celeste Pianeta X o Pianeta Nove. Nel 2012 un gruppo di ricercatori guidati da Scott Sheppard, l’astronomo autore del nuovo studio su TG387, identificò un oggetto spaziale (VP113) particolare e a oggi il più distante mai osservato nel nostro sistema solare. Gli astronomi non solo notarono la sua orbita, con una distanza massima pari a 80 volte quella tra Terra e Sole, ma anche il fatto che ci fossero altri corpi celesti con caratteristiche orbitali simili.

Negli anni seguenti, altri ricercatori utilizzarono modelli matematici per valutare le orbite di sei di questi oggetti, arrivando alla conclusione che potessero essere influenzate da un pianeta con una massa pari a dieci volte quella della Terra, in orbita oltre Nettuno. Conclusero che questo pianeta richiedesse tra 10mila e 20mila anni per compiere un’orbita completa intorno al Sole. Lo studio divenne il punto di partenza di nuove ricerche e indagini alla ricerca di questo fantomatico Pianeta X.

Potrebbero essere necessari almeno altri 10 anni di ricerche prima di arrivare a qualcosa di più concreto, e forse a una osservazione diretta di Pianeta X. Se la sua esistenza dovesse essere confermata si aprirebbero molte domande sul nostro sistema solare, e sulle turbolente fasi della sua formazione 4,5 miliardi di anni fa. Sarebbe improbabile che un pianeta si sia formato così distante dal Sole e dalla grande quantità di materiale che gli orbitava intorno che, con ripetute collisioni, portò alla formazione della Terra e dei suoi compagni. Pianeta X si sarebbe potuto formare nel sistema solare interno (l’ampio raggio tra il Sole e Marte) ed essere poi stato proiettato in un’orbita molto più grande, forse a causa dell’influenza gravitazionale di Giove o Saturno. Tra molte ipotesi e poche risposte, la ricerca del nuovo inquilino del sistema solare prosegue: se mai lo troveremo, ci farà rivedere parte della grande e caotica storia che ci ha portati a essere dove siamo.