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  • Domenica 23 settembre 2018

Il Pakistan vuole costruire due dighe in crowdfunding

Il governo sta facendo di tutto per raccogliere i 12,4 miliardi di dollari necessari chiedendo donazioni a tutti, ma a questo ritmo è possibile che non ci riesca nemmeno in 90 anni

Una diga vicino a Islamabad, Pakistan, in una foto del 2013 ( FAROOQ NAEEM/AFP/Getty Images)
Una diga vicino a Islamabad, Pakistan, in una foto del 2013 ( FAROOQ NAEEM/AFP/Getty Images)

Quest’estate il governo del Pakistan ha lanciato un’imponente campagna di crowdfunding per finanziare il completamento di due grandi dighe per la produzione di energia idroelettrica. È il sistema usato da siti come Kickstarter, che raccolgono soldi da tanti privati per permettere la realizzazione di un progetto. Entrambe le dighe si trovano nel Pakistan del nord: la prima, Mohmand, è in costruzione sul fiume Swāt dal 2012 con finanziamenti dei governi pakistano e francese; della seconda, la più potente Diamer-Bhasha, sul fiume Indo, esiste solo il progetto.

L’iniziativa è senza precedenti, e sembra praticamente impossibile, scrive Al Jazeera, che l’obiettivo venga raggiunto: servirebbero 12,4 miliardi di dollari (circa 10,5 miliardi di euro), e da luglio a oggi ne sono stati raccolti solo 29,1 milioni (24,7 milioni di euro). Anche senza considerare che i costi di dighe così grosse mediamente lievitano del 63 per cento in fase di costruzione, a questo ritmo il crowdfunding dovrebbe durare 87 anni.

Eppure la campagna sta venendo massicciamente promossa dal nuovo governo presieduto da Imran Khan con tutti i mezzi a propria disposizione: i canali televisivi sono pieni di pubblicità a sostegno dell’iniziativa; la possibilità di raccogliere donazioni è stata estesa agli sportelli bancari e agli operatori telefonici, via SMS; l’esercito, che in Pakistan ha un grande peso politico, a inizio settembre ha donato 8,1 milioni di dollari e si sta impegnando a fare appelli alla popolazione.

Il maggiore promotore del crowdfunding è Saqib Nisar, l’uomo a capo della giustizia del Pakistan, che la scorsa settimana ha detto che parlare male dell’iniziativa verrà considerato “alto tradimento” dal governo. È opinione di molti analisti che Nisar stia usando il proprio potere sul sistema giudiziario come merce di scambio per invogliare grandi banche e aziende a fare donazioni: in diversi casi i contenziosi che i donatori avevano con la giustizia sono caduti, dopo la donazione, ed è un fatto che molti dei più grossi donatori sono o erano in attesa di giudizio da parte della Corte Suprema. In altri casi le sanzioni comminate in tribunale si sono trasformate in donazioni per il crowdfunding.

Solitamente i crowdfunding per le infrastrutture statali funzionano quando vengono lanciati in fase di progettazione, non a costruzione avviata, e se si tratta di piccole cifre, spiegano gli analisti; in genere, poi, si chiarisce fin da subito quale pezzo del progetto la donazione andrà a coprire. Il governo del Pakistan non ha invece esplicitato come verranno spese le donazioni, e non è riuscito a offrire nessuna garanzia che riesca a restituire l’investimento ai cittadini nel caso in cui delle dighe non si faccia niente.

Sembra che chi ha donato finora lo abbia fatto per aiutare il proprio paese e per sentirsi parte del successo della realizzazione di un’opera di cui c’è effettivamente bisogno. I critici dell’iniziativa sostengono tuttavia che non si siano considerate opzioni molto più fattibili, come emettere obbligazioni, impiegare nelle dighe soldi ora spesi in altri modi e rivolgersi alle organizzazioni di aiuti internazionali. Il caso più simile a quello del Pakistan è la costruzione di una diga sul Nilo in Etiopia: nel 2011 fu avviata una campagna di raccolta fondi collettiva (molto più piccola) che raggiunse l’obiettivo prefissato, ma la maggior parte dei soldi arrivavano da finanziamenti cinesi e dalla vendita di obbligazioni.