Forse Tesla si ritira dalla borsa

Lo ha annunciato Elon Musk con un tweet ermetico e vago che ha creato un po' di scompiglio: le ragioni sono le troppe pressioni del mercato

(KARIM SAHIB/AFP/Getty Images)
(KARIM SAHIB/AFP/Getty Images)

Elon Musk, il visionario capo di Tesla, ha detto che la società potrebbe ritirarsi dalla borsa: il suo annuncio è però arrivato su Twitter, e non si è capito bene se fosse un’idea astratta o un piano concreto. Questo ha provocato un po’ di agitazione tra gli azionisti, finché Tesla non ha diffuso un comunicato spiegando che non è ancora stata presa nessuna decisione, ma dando ai dipendenti dell’azienda – che sono tutti azionisti – alcuni dettagli su come si svolgerebbe l’operazione. A fine giornata, le azioni di Tesla erano salite dell’11 per cento, a 379,57 dollari.

«Sto pensando di togliere Tesla dalla borsa a 420 dollari per azione. I fondi necessari ci sono»

Musk fondò Tesla nel 2003, e da allora l’azienda è diventata una delle più discusse e celebrate nel settore delle energie rinnovabili, per i suoi ambiziosi piani per produrre rivoluzionari impianti di stoccaggio energetico e per portare le auto elettriche al grande pubblico. Nonostante l’innegabile aspetto pionieristico del lavoro di Tesla, simile a quello delle altre aziende di Musk come SpaceX, i conti della società non vanno molto bene. Soltanto quest’anno, Tesla ha perso 3 miliardi di dollari, e nonostante valga più di Ford e General Motors da anni continua a mancare gli obiettivi di produzione e vendita (irrealistici secondo gli analisti), generando quella che Musk considera una preoccupazione nociva tra gli azionisti, che potrebbe a sua volta spingere la dirigenza a decisioni sbagliate.

Musk ha spiegato che essere una società quotata in borsa, che quindi deve pubblicare ogni tre mesi i suoi risultati, «mette una grande pressione su Tesla per prendere decisioni che possono essere giuste per un dato trimestre, ma non necessariamente per il lungo periodo». Essendo quotata in borsa, poi, Tesla ha attratto recentemente un grande numero di cosiddetti short sellers, cioè quegli speculatori che “scommettono contro” una società, con operazioni finanziarie che diventano redditizie se il valore di una certa società scende e che quindi – in grandi volumi – possono avere effetti negativi sull’andamento di quella stessa società.

Ritirare la società dalla borsa – un’operazione chiamata delisting – permetterebbe a Musk di gestire Tesla in modo più libero e lungimirante, senza doversi preoccupare dei dati sul breve periodo. In un tweet, ha spiegato che gli attuali azionisti potrebbero decidere se vendere le proprie azioni a 420 dollari, con un guadagno rispetto al valore attuale, oppure se rimanere come azionisti privati. Musk ha specificato che non è una mossa per acquisire maggiore controllo personale sull’azienda, di cui possiede il 20 per cento. Nel 2013 lo fece la società di informatica Dell, che però recentemente ha annunciato che tornerà a quotarsi in borsa.

L’annuncio “informale” di Musk è stato comunque poco ortodosso, considerando le dimensioni di Tesla. È infatti normale che le società informino il pubblico in modo più ufficiale e prudente di simili considerazioni, da cui potrebbe dipendere il futuro di enormi capitali. «Sto pensando di ritirare dalla borsa Tesla, con le azioni a 420$. I finanziamenti ci sono» ha invece laconicamente scritto Musk, e per giunta su un social network (lo stesso sul quale, poche settimane fa, aveva dato del pedofilo a uno dei capi della missione dei soccorsi nella grotta in Thailandia).

Una decisione della U.S. Securities and Exchange Commission (SEC), l’agenzia statunitense di controllo sulla borsa, stabilisce che le società possono dare comunicazioni importanti sui social network, se gli azionisti erano stati avvertiti in precedenza – come ha fatto Tesla – che quelli sarebbero stati canali per simili informazioni.

Ma la SEC ha stabilito anche che le stesse società devono contemporaneamente rendere quelle comunicazioni disponibili al grande pubblico attraverso altri canali più tradizionali: tra il tweet di Musk e il comunicato ufficiale di Tesla c’è stato però un ritardo di circa due ore e mezza, durante il quale c’è stato un po’ di trambusto intorno alle azioni della società, la cui compravendita è stata infatti sospesa per alcune ore. Questo ritardo potrebbe essere indagato dalla SEC, ha detto un ex dirigente dell’agenzia al New York Times.

Musk ha detto sbrigativamente che i finanziamenti necessari per ritirare Tesla dalla borsa, cioè quelli per comprare le azioni di chi le venderà, ci sono già. I rappresentanti di diverse grossi fondi e banche americani, contattati dal New York Times, hanno però negato di essere stati coinvolti nella preparazione dell’operazione. Recentemente, il Fondo Pubblico d’Investimento (FPI) saudita, un fondo sovrano che sta investendo milioni e milioni nel settore tecnologico nel mondo, ha comprato una percentuale di azioni di Tesla. Secondo una fonte del New York Times, ne ha acquisito meno del 5 per cento, mentre secondo il Financial Times le azioni sono state comprate sul mercato secondario con la mediazione di JP Morgan Chase. Non si sa di più però su un eventuale coinvolgimento del FPI nel finanziamento del ritiro di Tesla dalla borsa.