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  • Giovedì 2 agosto 2018

Le proteste contro il divieto del niqab, in Danimarca

Una nuova legge prevede multe anche oltre i mille euro per chi si copre il volto nei luoghi pubblici, ma per qualcuno è un'indebita limitazione della libertà

(MADS CLAUS RASMUSSEN/AFP/Getty Images)
(MADS CLAUS RASMUSSEN/AFP/Getty Images)

L’1 agosto in Danimarca è entrata in vigore una legge approvata a maggio che dice: «chiunque indossi in pubblico un indumento che ne nasconde la faccia sarà punito con una multa». Le multe previste vanno da 1.000 a 10mila corone (in caso di violazioni ripetute): 1.000 corone sono circa 150 euro. La legge, per come è enunciata, colpirà soprattutto le donne musulmane che indossano il niqab, il velo che consiste in un pezzo di tessuto che serve a coprire completamente il volto di chi lo indossa, lasciando solo una fessura per gli occhi, a volte coperta da un tessuto semi-trasparente. Questo ha causato molte proteste, tra cui una manifestazione mercoledì a Copenhagen a cui hanno partecipato sia donne che uomini, non solo di religione musulmana. Tra i manifestanti c’erano quindi anche donne danesi senza niqab e persone con maschere di vario tipo, per esempio quella di Guy Fawkes (resa popolare dal film V per Vendetta e poi usata in molti altri contesti).

Come hanno scritto sul New York Times Martin Selsoe Sorensen e Megan Specia, «al centro di una protesta per il diritto delle donne di coprirsi c’erano donne che non lo fanno. Gambe scoperte, spalle in vista e lunghi capelli biondi; in mezzo a veli e niqab». Nonostante la legge fosse già in vigore al momento della manifestazione, nessuna delle donne che indossavano il niqab è stata multata e la polizia non ha interferito con lo svolgimento della manifestazione.

La manifestazione – organizzata tra gli altri dall’associazione Kvinder i Dialog – è iniziata nel quartiere residenziale di Mjolnerparken, che è abitato soprattutto da immigrati e che alcuni esponenti del governo danese hanno definito “ghetto” e “società parallela”. Al termine della manifestazione alcuni partecipanti hanno fatto una catena umana intorno a una delle principali stazioni di polizia di Copenhagen.

I sostenitori della legge dicono che è stata introdotta per motivi di sicurezza e il ministro della Giustizia Soren Pape Poulsen disse, a marzo: «Vedo che si parla di che tipo di società dovremmo avere, date le nostre radici e la nostra cultura: non copriamo le nostre facce e i nostri occhi, dobbiamo essere in grado di vedere le espressioni facciali degli altri. In Danimarca è un valore».

In altri paesi europei sono stati presi simili provvedimenti. È successo in Belgio, in Austria e nei Paesi Bassi e si parlò molto, nel 2011, della decisione di introdurre in Francia un divieto all’uso di un velo che coprisse interamente il volto.

Il Parlamento danese, guidato da una coalizione di centrodestra, ha approvato la legge con 75 sì e 30 no, mentre in aula erano presenti diverse attiviste che indossavano il velo integrale per protesta. La legge è stata condannata dagli attivisti per i diritti umani come “né necessaria né proporzionata”. Gauri van Gulik, direttrice di Amnesty International per l’Europa, ha detto che il divieto viola i diritti alla libertà di espressione e di religione e che «tutte le donne dovrebbero essere libere di vestirsi come vogliono e di indossare abiti che esprimano la loro identità o le loro convinzioni (…) Se l’intenzione di questa legge era quella di proteggere i diritti delle donne, fallisce in maniera clamorosa. Invece, la legge criminalizza le donne per le loro scelte di abbigliamento e così facendo tradisce quelle libertà che la Danimarca pretende di sostenere».