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  • Sabato 28 luglio 2018

Cos’è rimasto dopo il crollo della diga in Laos

Le ricerche dei dispersi e i soccorsi vanno avanti da quasi una settimana, e sembra che le autorità stiano sottostimando il numero di morti e dispersi

Un uomo in cerca di riparo nella città di Sanamxa (Jes Aznar/Getty Images)
Un uomo in cerca di riparo nella città di Sanamxa (Jes Aznar/Getty Images)

Dopo quasi una settimana dal crollo della diga nel sud del Laos – nel distretto di Sanamxay, nella provincia di Attapeu – non ci sono ancora informazioni precise su quante siano le persone morte e disperse, e quante si trovino nei campi profughi provvisori messi in piedi per accogliere chi è stato costretto a lasciare le proprie case. Negli ultimi giorni le autorità hanno dato cifre contraddittorie e poco realistiche, non si sa se per mancanza di coordinamento tra le varie forze di soccorso e di polizia coinvolte, per incapacità o per ragioni ancora diverse. Ad oggi i morti confermati vanno da 3 a 27, i dispersi sarebbero 131 e circa 6mila persone sarebbero state sfollate. Come ha scritto il New York Times, però, i sopravvissuti raccontano una storia molto diversa: parlano di molti morti e centinaia di dispersi.

Bounna Eemchanthavong, per esempio, è un uomo di 61 anni che viveva in un piccolo paesino di circa 650 persone nel sud-est del Laos, colpito dall’acqua fuoriuscita dopo il crollo della diga. Eemchanthavong ha raccontato al New York Times che solo 65 dei suoi concittadini sono stati segnalati all’interno dei campi profughi provvisori, mentre di tutti gli altri – poco meno di 600 persone – non si hanno più notizie. Sone Saenkanya, una donna di 43 anni proveniente dal paesino di Kaeyai, ha detto che circa 40-50 suoi concittadini sono ancora dispersi. I soccorsi intanto stanno proseguendo, così come la ricerca di tutte quelle persone che ancora non si trovano.

La situazione è diventata piuttosto critica anche nella vicina Cambogia, che confina con il Laos a nord. Anche qui le informazioni sulle aree evacuate e sull’intervento dei soccorsi sono molto confuse. Il governo della provincia di Sting Treng, nel nord della Cambogia, ha detto per esempio che più di 1.200 famiglie sono state costrette a lasciare le proprie case a causa delle inondazioni seguite dal crollo della diga. Solo il giorno prima, però, l’agenzia di news statale cambogiana aveva parlato del trasferimento di 25mila persone.

La diga crollata, che si chiama Xe-Plan Xe-Namnoy, era una delle dighe in costruzione in Laos nell’ambito di un progetto infrastrutturale idroelettrico dal valore di un miliardo di dollari: è una joint venture fra due società sudcoreane, una thailandese e una statale laotiana. L’agenzia di news statale Lao News Agency ha diffuso due stime diverse riguardo alla quantità di acqua che si sarebbe riversata sulle aree abitate dopo il crollo della diga: quella più bassa parla di più di 500 milioni di metri cubi.

Le cause del crollo non sono ancora state chiarite con precisione, anche se il ministro dell’Energia laotiano, Khammany Inthirath, ha parlato di «costruzioni scadenti», riferendosi forse al materiale utilizzato. Richard Meehan, ex costruttore di dighe ed ex docente alla Stanford University, ha detto al New York Times che il crollo sembra essere stato provocato da una «erosione interna», derivante da problemi come la preparazione inadeguata delle fondamenta. Per il momento le società coinvolte nella costruzione hanno preferito non commentare le dichiarazioni del ministro, in attesa di un’indagine formale che faccia chiarezza sulle cause dell’incidente.