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  • Giovedì 14 giugno 2018

In Irlanda si voterà per togliere dalla Costituzione le norme contro la blasfemia

E probabilmente anche il passaggio che afferma che il posto di una donna è la casa

La statua di un angelo al cimitero di Enniskerry, Irlanda, marzo 2015 (CTK via AP Images)
La statua di un angelo al cimitero di Enniskerry, Irlanda, marzo 2015 (CTK via AP Images)

Il prossimo ottobre, probabilmente in concomitanza con le elezioni presidenziali, in Irlanda ci sarà un referendum per stabilire se la frase che definisce la blasfemia un reato debba essere tolta dalla Costituzione. Nel paese si sta cercando di organizzare anche un’altra votazione popolare sul passaggio che, sempre nella Costituzione, afferma che il posto di una donna è la casa.

In Irlanda la religione cattolica è molto influente e radicata; fino allo scorso maggio, il divieto di abortire era scritto nella Costituzione. La Costituzione irlandese, che è stata scritta nel 1937, ha una sezione intitolata “Diritti fondamentali” e all’articolo 40 dice: «La pubblicazione o l’espressione di opere o di parole blasfeme, sediziose o indecenti, costituisce un reato punito dalla legge». Poco dopo, all’articolo 41, dice: «Lo Stato riconosce alla donna che dedica la sua vita alla famiglia un contributo indispensabile per la realizzazione del benessere della comunità. Lo Stato, pertanto, ha cura che le madri non siano costrette dalle necessità economiche ad impegnarsi in occupazioni che le costringano a trascurare i doveri familiari». Nella pratica nessuna di queste disposizioni costituzionali ha un ruolo importante nella moderna Irlanda, ma ha comunque un significato simbolico e culturale, e delle conseguenze.

Qualunque sia il rischio che corrono con la Chiesa o l’eternità, i blasfemi irlandesi hanno poche possibilità di essere puniti da un tribunale. Ma al divieto costituzionale corrisponde una legge piuttosto recente e riformata nel 2009 che prevede per i blasfemi una multa da circa 25 mila euro (le disposizioni precedenti vietavano solo la blasfemia contro il cristianesimo, non altre fedi, ed erano state considerate discriminatorie). L’anno scorso ha fatto notizia il caso dell’attore inglese Stephen Fry, denunciato alla polizia dopo aver fatto alcuni commenti su Dio e il mondo in un’intervista del 2015 alla tv irlandese. Al conduttore che gli chiedeva cosa avrebbe detto a Dio se avesse potuto incontrarlo, Fry aveva risposto: «Gli direi: come hai osato creare un mondo in cui c’è una tale pena che cade addosso alla gente senza colpa. Non è giusto. È profondamente, profondamente malvagio. Perché dovrei rispettare un Dio capriccioso, malevolo e stupido che crea un mondo così pieno di ingiustizia e dolore?». I pubblici ministeri si erano rifiutati di perseguire il caso.

Eoin Daly, docente di diritto costituzionale all’Università di Galway, è stato intervistato dal New York Times e ha detto che è possibile che la condanna di blasfemia si possa comunque concretizzare se il caso fosse eclatante. Michael Nugent, portavoce del gruppo Atheism Ireland, ha accolto con favore la notizia del referendum affermando che, anche in assenza di conseguenze penali, la disposizione della Costituzione e la conseguente legge stavano causando un reale danno alla libertà di espressione nel paese e alla sua reputazione nel mondo. Nugent ha detto di essere a conoscenza di casi di giornali che si sono “auto-censurati” per evitare la possibile multa derivante da una denuncia per blasfemia. E ha anche aggiunto che a livello internazionale quella frase della Costituzione è stata ripresa da alcuni stati per giustificare le loro leggi sulla blasfemia: «Non è mai una buona cosa quando il Pakistan, dove le persone vengono uccise per blasfemia, sta parlando con favore delle tue leggi».

Annunciando il referendum, Charlie Flanagan, il ministro della Giustizia, ha detto: «Per la reputazione internazionale dell’Irlanda, questo è un passo importante. Eliminando questa disposizione dalla nostra Costituzione, possiamo mandare un forte messaggio al mondo: le leggi contro la blasfemia non riflettono i valori irlandesi».

La seconda cosa su cui potrebbero votare a ottobre i cittadini e le cittadine irlandesi ha a che fare con il ruolo delle donne. Ailbhe Smyth, docente universitaria e attivista femminista, ha detto che la disposizione sulle donne è una reliquia fondata sul patriarcato: «Il problema era che le donne non andavano mai bene». Di fatto quell’articolo della Costituzione non è mai stato usato da nessun governo per garantire che le donne rimanessero a casa: «Ma è obsoleto e deve essere riposto con tutte le altre reliquie di cui l’Irlanda si sta liberando».

Negli ultimi anni i cittadini irlandesi hanno avuto diverse occasioni per rivedere le restrizioni sociali imposte dalla loro Costituzione. Hanno votato per consentire il divorzio, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e, il mese scorso, per abrogare un emendamento che proibiva l’interruzione di gravidanza. A differenza di questi ultimi tre casi, la Chiesa cattolica irlandese e la maggior parte delle altre istituzioni religiose non stanno protestando più di tanto per la depenalizzazione della blasfemia.