Cosa pensa il ministro dell’Economia

Giovanni Tria ha dato la sua prima intervista, che è stata notata per delle idee un po' diverse da quelle di Lega e M5S

Il ministro dell'Economia Giovanni Tria durante il dibattito sul voto di fiducia al governo Conte alla Camera, il 6 giugno 2018 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
Il ministro dell'Economia Giovanni Tria durante il dibattito sul voto di fiducia al governo Conte alla Camera, il 6 giugno 2018 (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

Sul Corriere della Sera di oggi c’è un’intervista al ministro dell’Economia Giovanni Tria, la prima da quando si è insediato il governo Conte. Tria ha rassicurato sulla situazione economica italiana, nonostante le gravi perdite sui mercati delle scorse settimane, spiegandole come «normali interrogativi che accompagnano una transizione politica». Ha poi ribadito chiaramente che il governo non solo non vuole uscire dall’euro, ma che agirà «in modo tale che non si avvicinino condizioni che possano mettere in discussione la nostra presenza nell’euro».

Le proposte di Tria sono state descritte da molti osservatori come rassicuranti per i mercati internazionali, ma in alcuni casi diverse da quelle contenute nel “contratto di governo” tra Lega e Movimento 5 Stelle, e in generale dalle posizioni tenute dai due partiti in campagna elettorale. È per sembrato favorevole alla realizzazione di infrastrutture come la TAV in Piemonte e il gasdotto TAP in Puglia, fortemente osteggiate dal M5S, e contrario all’emissione di mini-Bot, cioè i titoli di Stato di piccolo taglio che dovrebbero funzionare da “moneta alternativa”, la cui efficacia è sostenuta dalla Lega. Ha poi sostenuto la necessità di proseguire con la riduzione del rapporto tra debito e PIL, aggiungendo che vanno preferite le riforme strutturali al deficit spending, cioè l’aumento della spesa pubblica senza coperture nelle entrate statali. In un passaggio, poi, ha riconosciuto che la riforma delle banche popolari del governo Renzi ha portato a «dei passi avanti», anche se il sistema a suo dire va rafforzato.

Giovanni Tria, 69 anni, è un professore dal sorriso ironico dietro il quale s’intuisce la capacità di irrigidirsi per le cose in cui crede. Si scusa di non avere un biglietto da visita da ministro dell’Economia («non ho avuto il tempo di farlo»): da quando è entrato in via XX Settembre non ha fatto che controllare dati e dossier.

Ministro, l’esordio del governo è difficile. I rendimenti dei titoli di Stato sono molto staccati da Spagna e Portogallo. Sulle scadenze brevi c’è stato il sorpasso della Grecia. Come lo spiega? 
«La situazione è complessa in generale, sui mercati internazionali. C’è un aumento del prezzo del rischio e della volatilità ovunque. Su questo sfondo è normale che ci possano essere apprensioni in un momento di forte svolta politica in Italia. Ma i fondamentali della nostra economia sono a posto».

Gli investitori non sembrano crederlo.
«Stiamo ai fatti. Negli ultimi 25 anni, l’Italia ha un avanzo primario(prima di pagare gli interessi, ndr) fra i più alti d’Europa. Non ci si può accusare di politiche di bilancio avventurose. Ci portiamo dietro un debito che viene da lontano, certo. Ma abbiamo una posizione finanziaria netta con l’estero ormai quasi in equilibrio, quasi tanti crediti quanti debiti, e di questo passo saremo creditori netti sul resto del mondo in pochi anni. Vantiamo un avanzo significativo negli scambi con l’estero. Sono elementi oggettivi da crisi finanziaria? Direi di no. Mi spiego questa fase con i normali interrogativi che accompagnano una transizione politica».