Luca Zaia può candidarsi a un terzo mandato come presidente del Veneto

Se ne è parlato a causa di una nuova legge elettorale regionale approvata in questi giorni, ma in realtà non c'entra: è tutta una questione di tempi

Luca Zaia a Palazzo Chigi, Roma, febbraio 2018 (© Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire)
Luca Zaia a Palazzo Chigi, Roma, febbraio 2018 (© Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire)

Martedì 22 maggio il Consiglio regionale del Veneto ha approvato a maggioranza (con 31 sì, 13 no e un astenuto) un progetto di legge unificato che modifica le regole per l’elezione del presidente della regione e del Consiglio stesso. Tra le altre cose, è stato votato un emendamento che toglie il limite dei due mandati per i consiglieri e un altro che introduce la possibilità di pluricandidature in tutti e sette i collegi provinciali per i  consiglieri. Sulla prima questione sui giornali stanno circolando molti commenti, ma anche un po’ di confusione: c’è chi dice che Zaia abbia voluto questa modifica per potersi ricandidare per un terzo mandato, chi invece che la modifica abbia fatto arrabbiare Zaia. Alla fine della fiera, però, Luca Zaia – che si è vantato del limite dei due mandati in Veneto – nel 2020 si potrà ricandidare per un terzo mandato, se lo vorrà.

Sul bollettino della regione Veneto non è ancora stato pubblicato il testo della nuova legge elettorale (l’ultima venne approvata nel 2012 e poi modificata nel 2015). La nuova legge è stata pensata e approvata per adeguarsi alla normativa nazionale con riferimento, in particolare, alla doppia preferenza di genere e alle previsioni della legge di stabilità del 2014, che aveva disposto come le operazioni di voto dovessero svolgersi in un unico giorno (la domenica) anziché in due giornate. Nella nuova legge però sono state introdotte anche delle modifiche che vanno oltre le necessità di adeguamento.

Una nota stampa del Consiglio regionale del Veneto dice che la riforma introduce una serie di modifiche soprattutto di carattere tecnico-giuridico. La parte più rilevante della legge riguarda il fatto che alla coalizione regionale collegata al candidato eletto presidente vada un premio di maggioranza fino a ottenere il 55 per cento dei seggi se non è stata raggiunta la soglia minima del 40 per cento dei voti, e un premio di maggioranza al 60 per cento se viene raggiunta la soglia del 40 per cento. Tra le modifiche introdotte, però, ce ne sono tre molto contestate:

– è stata tolta l’incompatibilità tra la carica di consigliere comunale e quella di consigliere regionale;
– sono state introdotte le pluricandidature in tutti e sette i collegi della regione;
– è stato abolito il limite dei due mandati per i consiglieri.

Compatibilità
La legge ha abolito l’incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e consigliere comunale. Questo significa che i consiglieri regionali potranno candidarsi alle comunali e ricoprire entrambi gli incarichi. Le opposizioni hanno fatto notare come questo specifico articolo della legge sull’incompatibilità vada in vigore da subito, sia cioè immediatamente applicabile, mentre il resto del provvedimento avrà valore dalla prossima legislatura in poi.

Pluricandidature
La legge ha poi modificato il limite dei tre collegi in cui presentarsi: ora ci si potrà candidare in tutti e sette i collegi elettorali del Veneto. Le opposizioni hanno contestato molto la questione perché, ci ha spiegato la consigliera regionale del PD Orietta Salemi, «svilisce il ruolo della rappresentanza territoriale, è una sorta di asso pigliatutto. Se il candidato presidente si può presentare in tutti i collegi, o non si fida dalla rappresentanza che ha sul territorio o svilisce il ruolo degli altri candidati sul territorio. Se vince può poi decidere quale collegio accettare, potendo giocare sul nome che preferisce escludere. La ratio sembra essere quella di volersi garantire e rafforzare attraverso la leadership».

Limiti di mandato
L’emendamento sull’abolizione dei due mandati consecutivi è stato approvato dalla Lega, di cui fa parte anche il presidente Luca Zaia, e dagli altri rappresentanti della maggioranza di centrodestra. Il limite era stato introdotto con la legge n.5 del 16 gennaio 2012, ma valeva solo per il presidente della giunta e per gli assessori:

«Non può essere immediatamente ricandidato alla carica di Presidente della Giunta chi ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi».

«Non possono essere immediatamente rinominati assessori regionali coloro che hanno rivestito ininterrottamente per due mandati consecutivi la carica di componente della Giunta».

La legge consentiva comunque un terzo mandato se la durata di uno dei primi due non superava i due anni e mezzo. Con la legge n. 1 del 27 gennaio 2015, venne introdotto il limite dei due mandati consecutivi anche per i consiglieri, sempre con la specifica sulla possibilità di un terzo mandato se la durata di uno dei due non superava i due anni e mezzo:

«Non possono essere immediatamente ricandidati consiglieri regionali coloro che hanno rivestito per due mandati consecutivi la carica di componente del Consiglio regionale»

La maggioranza che ha approvato l’emendamento sull’abolizione dei limiti di mandato ha fatto notare che in Italia solo il Veneto e il Friuli avevano questo tipo di limitazione dopo tre mandati, che funzionava sostanzialmente come una discriminazione. Alcuni giornali hanno scritto che Zaia avrebbe saputo dell’emendamento dai giornalisti che l’hanno chiamato per un commento dopo l’approvazione e che sarebbe «furioso». L’ufficio stampa del consiglio regionale ha però dichiarato al Post che l’attuale presidente ha lasciato libertà di voto, che non ha voluto dare indicazioni, e che se lui fosse stato un consigliere si sarebbe comunque battuto contro l’abolizione del vincolo. Ci è anche stato detto che tra qualche mese potrebbe essere presentata una norma di modifica per reintrodurlo.

Al di là dei retroscena, del limite dei due mandati Zaia si era vantato proprio all’inizio di marzo. Lo scorso 6 marzo, intervistato su Antenna Tre, poco dopo le politiche, aveva detto: «I grillini? Sono i miei discepoli. Dicono di voler introdurre il limite dei due mandati in Parlamento. Bene, in Veneto lo facciamo già dal 2012, benvenuti. Noi siamo l’unica regione che ha introdotto il blocco dei mandati a due per presidente, assessori e consiglieri regionali, a valere dal 2015».

Per lui, ora al suo secondo mandato, il conteggio parte dal 2015
Veniamo ora alla questione dei mandati del presidente: non c’entra con la legge elettorale regionale approvata ieri, che abolisce il limite dei due mandati consecutivi solo per i consiglieri. Questo non vuol dire però che Zaia nel 2020 non potrà, se vorrà, ricandidarsi per un terzo mandato consecutivo: ma questo valeva anche prima di ieri. Come ha confermato lo stesso Zaia, il limite dei mandati a due per presidente, assessori e consiglieri in Veneto vale dal 2015 (la legge del 2012 all’articolo 27 dice infatti che le disposizioni si applicano «con riferimento ai mandati successivi alle elezioni effettuate dopo la data di entrata in vigore della presente legge»). Zaia è stato eletto una prima volta nel 2010 e poi una seconda nel 2015: il suo primo mandato, insomma, non conta.

(Nel video, dal min, 0.30)

Del vincolo che imponeva il ricambio al termine dei due mandati per i presidenti di regione si era parlato molto a lungo nel 2010 per Vasco Errani in Emilia-Romagna e per Roberto Formigoni in Lombardia. A livello nazionale c’è una legge del 2004, la numero 165, in cui si parla di «previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia». La legge stabilisce dunque a livello nazionale la non immediata rielezione dei presidenti di regione dopo il secondo mandato, ma rimanda anche a specifiche leggi regionali.

Nel 2010 costituzionalisti ed esperti interpretarono la legge nazionale del 2004 in due modi differenti: secondo alcuni non era applicabile retroattivamente ai mandati precedenti e il conteggio doveva partire solo dai mandati successivi a quell’anno, secondo altri invece no. La legge vietava in generale i tre mandati consecutivi.

Contro entrambe le loro ricandidature (entrambi vennero poi eletti) vennero presentati prima degli esposti e poi dei ricorsi. A elezioni concluse, il tribunale di Milano (sul caso Formigoni) e quello di Bologna (sul caso Errani) concordarono che per far valere la norma sull’incandidabilità sancita dalla legge n. 165 del 2004 serviva il suo recepimento nella normativa regionale: cosa che non era mai avvenuta né in Lombardia né in Emilia-Romagna. In Veneto il “recepimento” è avvenuto nel 2015.