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  • Martedì 8 maggio 2018

Negli Stati Uniti vogliono usare l’azoto per eseguire le condanne a morte

Un metodo oggi escluso anche per abbattere gli animali, visto quanto è potenzialmente doloroso: ma gli altri mezzi per eseguire le condanne scarseggiano

Una stanza usata per l'esecuzione delle condanne a morte nel carcere di Huntsville, Texas, Stati Uniti (Joe Raedle/Newsmakers)
Una stanza usata per l'esecuzione delle condanne a morte nel carcere di Huntsville, Texas, Stati Uniti (Joe Raedle/Newsmakers)

Alabama, Mississippi e Oklahoma hanno approvato l’uso dell’azoto per le esecuzioni dei prigionieri condannati a morte, con l’obiettivo di rimpiazzare le iniezioni letali, sempre più difficili da praticare a causa della scarsa reperibilità dei composti. La scelta ha portato a molti dubbi e critiche tra medici e associazioni per i diritti umani negli Stati Uniti, perché l’utilizzo dell’azoto per uccidere i condannati non è stato mai praticato prima e di conseguenza non è chiara la sua efficacia. Come spiega il New York Times, il timore è che per provare a risolvere il problema della scarsità di mezzi per le esecuzioni se ne crei uno nuovo, introducendo un sistema non sperimentato e che potrebbe causare ulteriori sofferenze per i condannati.

Negli Stati Uniti ci sono circa 2.750 persone condannate a morte in 31 stati. La maggior parte di loro trascorrono le giornate in cella senza sapere se e quando sarà eseguita la condanna. Negli ultimi anni il numero di condanne eseguite è diminuito sensibilmente non solo per motivi etici e morali, ma per la mancanza di sistemi adeguati per effettuarle. L’iniezione letale – introdotta circa 40 anni fa come un mezzo più efficace e “umano” rispetto alla camera a gas e alla sedia elettrica – non ha mantenuto le aspettative e ha portato spesso a terribili sofferenze per i prigionieri.

Il New York Times cita un recente caso avvenuto a febbraio in Alabama, su un condannato a morte con i vasi sanguigni danneggiati a causa dell’abuso di sostanze stupefacenti e di una chemioterapia cui era stato sottoposto per trattare un tumore. Il gruppo di esperti incaricato di somministrargli l’iniezione letale ha provato per circa due ore a trovare un vaso in buone condizioni per inserire il preparato che lo avrebbe ucciso. Dopo decine di tentativi e visibili sofferenze del condannato a morte, hanno dovuto rinunciare. L’avvocato del prigioniero ha accusato il gruppo di avere lacerato un’arteria del suo assistito e di avergli anche perforato la vescica. In seguito lo stato dell’Alabama ha deciso di non eseguire più la condanna a morte.

Il preparato per l’iniezione letale contiene due principi attivi: uno serve per paralizzare il condannato, l’altro per causargli un arresto cardiaco. Il farmaco per indurre la paralisi era stato introdotto con l’obiettivo di rendere, almeno all’apparenza, meno dolorosa e traumatica l’esecuzione della condanna. Prima dell’iniezione letale vera e propria, al condannato viene somministrata un’alta dose di sedativo in modo da renderlo privo di sensi. In molti casi, però, il sedativo non funziona correttamente o non fa effetto nei tempi calcolati, causando quindi sofferenze al condannato che riceve l’infusione per essere ucciso.

Il forte sedativo è a base di barbiturici, ma negli ultimi anni i produttori di questi farmaci hanno rifiutato di vendere le dosi necessarie per le esecuzioni. Per questo motivo molti stati sono alla ricerca di alternative per sedare i condannati prima di ucciderli. Le sostanze provate finora non si sono però rivelate adeguate e in molti casi hanno fatto sì che le esecuzioni durassero più a lungo, con minuti di visibile agonia per i condannati. Il fentanyl, un oppioide sintetico molto potente, potrebbe essere un sostituto ed è in fase di valutazione in Nevada e Nebraska. Alcuni avvocati dei condannati contestano il suo utilizzo, considerato che le leggi federali prevedono l’utilizzo del fentanyl come solo farmaco salvavita, quindi non per indurre la morte di una persona. Un processo su questi contenziosi legali inizierà il prossimo 14 maggio e potrebbe ritardare, se non fermare del tutto, l’uso dell’oppioide nelle esecuzioni.

L’azoto non è di per sé velenoso per gli esseri umani e costituisce circa il 78 per cento dell’atmosfera terrestre. I problemi sorgono quando lo si respira in un ambiente quasi del tutto saturo, quindi con carenza di ossigeno. Dai casi di incidenti gravi sul lavoro, sappiamo che l’azoto comporta uno stato di anossia (cioè di mancanza di ossigeno nell’organismo) del quale non si è spesso consapevoli, perché non si avvertono da subito difficoltà a respirare. Senza ossigeno, si perdono improvvisamente i sensi e in assenza di una rapida compensazione si muore. Il processo può essere più o meno rapido e può richiedere pochi respiri per portare allo stato di incoscienza, ma non c’è la certezza medica che la morte sopraggiunga in modo indolore.

Negli istanti prima di perdere i sensi, una persona che ha inalato molto azoto può avvertire capogiri, problemi alla vista e uno stato di euforia. Ma come ha spiegato al New York Times Charled D. Blake – un medico che studia i sistemi per la morte assistita – non ci sono dati sufficienti per affermare con certezza che l’inalazione di azoto porti a una morte priva di sofferenze. Secondo i medici e i ricercatori consultati da Blake, non si può escludere che respirare azoto porti comunque all’accumulo di anidride carbonica nel sistema respiratorio, con la conseguente sensazione di soffocamento. Anche per questo motivo l’azoto non viene usato nei casi di morte assistita, per i quali si ricorre ad alte dosi di barbiturici.

L’uso dell’azoto non viene nemmeno consigliato in campo veterinario per uccidere i mammiferi. L’Associazione veterinaria americana, una delle più importanti del settore, ha escluso il suo utilizzo già nel 2013 perché: “Le attuali prove indicano che questo metodo è inaccettabile perché può causare forti stress prima della perdita di coscienza”.

I sostenitori dell’utilizzo dell’azoto dicono invece che i condannati a morte soffrirebbero molto meno rispetto all’iniezione letale, anche perché non sarebbe necessario un metodo invasivo che prevede l’utilizzo di aghi e preparati chimici di vario tipo. Tra alcuni documenti legali, il New York Times ha inoltre trovato prove di un’azienda dell’Arizona che già nel 2016 si era mossa per promuovere la vendita dell’azoto di cui è fornitrice. Nel documento sosteneva che il gas porti a: “Una sedazione pacifica seguita da un’inebriante sensazione di euforia. […] Non richiede conoscenze mediche”. Il documento diceva anche che con l’azoto si ottiene la morte di “qualsiasi mammifero entro 4 minuti”.

Il ricorso all’azoto comporterebbe nei fatti un parziale ritorno al sistema delle camere a gas, utilizzato per l’ultima volta negli Stati Uniti nel 1999. È ritenuto la soluzione più complicata e costosa tra quelle disponibili per eseguire una condanna a morte. Il condannato viene legato a una sedia all’interno di una camera a tenuta stagna, che è poi isolata dal resto dell’ambiente esterno. Viene poi attivato un meccanismo che fa cadere del cianuro di potassio in una vaschetta di acido solforico, collocata al di sotto della sedia. La reazione porta alla formazione di acido cianidrico, un gas molto tossico che dopo alcune inalazioni causa incoscienza e poi morte per soffocamento. Il processo richiede diversi minuti e non tutti i condannati reagiscono allo stesso modo: sono frequenti convulsioni, vomito, schiuma dalla bocca, incapacità di trattenere le feci e le urine. Dopo la morte della persona condannata, la stanza viene ventilata in modo da eliminare il gas e poi aperta per rimuovere il corpo del deceduto. Questa operazione deve essere eseguita con grandi precauzioni, perché nella camera potrebbero essere rimasti pericolosi residui di acido cianidrico.

Non è ancora chiaro come potrebbe essere utilizzato nella pratica l’azoto per indurre la morte delle persone condannate. Se fosse utilizzata una camera a gas ci potrebbero essere gli stessi problemi del vecchio metodo, considerato che rimuovere richiede precauzioni. Un’alternativa potrebbe essere l’utilizzo di una maschera da applicare sul volto, come viene fatto in alcuni casi per i pazienti che ricorrono all’eutanasia.

In molti altri stati in giro per il mondo, dove la pena di morte è prevista dagli ordinamenti giudiziari, le condanne sono eseguite con metodi più drastici e violenti come l’impiccagione o l’utilizzo di un plotone di esecuzione. Campagne e sentenze su come viene somministrata hanno portato gli Stati Uniti a mettere più volte in discussione non solo i metodi, ma anche la necessità stessa della pena di morte. Le esecuzioni sono previste negli ordinamenti di 31 stati e dal governo federale, per i casi giudiziari che gli competono. Nel 1972 la Corte Suprema bloccò la pena di morte, ma in seguito una maggioranza di stati approvò a livello locale statuti appositi per reintrodurla e la Corte stessa ne riaffermò la legittimità nel 1976. Da allora si stima che almeno 7.800 persone siano state condannate a morte e che siano state eseguite le condanne per almeno 1.400 di loro.