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  • Martedì 10 aprile 2018

Londra è davvero una città pericolosa?

Ci sono stati più di 50 omicidi nei primi tre mesi del 2018 – sì, più di New York – ma questo numero da solo non racconta tutta la storia

Agenti della polizia scientifica di Londra sulla scena di un omicidio, il 4 aprile (Dan Kitwood/Getty Images)
Agenti della polizia scientifica di Londra sulla scena di un omicidio, il 4 aprile (Dan Kitwood/Getty Images)

Lo scorso febbraio Londra ha superato New York nel numero di omicidi in un mese per la prima volta nella storia moderna. Per questo, vista la fama di New York come “città pericolosa”, da giorni ci sono estese conversazioni sulla situazione del crimine a Londra. Le discussioni sono arrivate anche sui giornali italiani per via dell’affastellamento di alcuni casi di cronaca nera che ben si prestavano ad illustrare il complicato momento di Londra, dove da inizio gennaio ci sono stati 50 omicidi, il doppio rispetto a quelli registrati nello stesso periodo un anno fa. Ma questo numero cosa vuol dire? Londra è davvero diventata una città pericolosa?

Capirlo non è semplicissimo. Perché a Londra sembra essere in crescita un tipo specifico di violenza che riguarda in modo sproporzionato i giovani e l’uso di coltelli, ma anche perché è difficile comprendere le dimensioni di un problema in una città così grande e particolare. Un modo di inquadrare il problema è provare a fare dei paragoni. Per esempio, come se la cava Londra tra le altre capitali europee?

La violenza a Londra
Solo negli ultimi 10 giorni, due adolescenti di 16 e 17 anni sono stati uccisi con colpi di pistola in due diversi incidenti il 2 e il 3 di aprile, un 20enne è stato accoltellato mentre tornava a casa l’1 aprile, e un altro 20enne non ancora identificato è stato trovato morto con ferite da taglio il 4 aprile. Alla morte di queste 4 persone, tutte molto giovani, ne vanno aggiunte altre tre avvenute in circostanze diverse: un tentato furto domestico, una rissa e uno scontro con la polizia. Solo giovedì scorso, il 5 aprile, nove persone sono state ferite a Londra con armi da taglio e una è stata ferita da un proiettile al volto.

Fiori lasciati ad Hackney – un quartiere di Londra – dove il 18enne Israel Ogunsola è stato pugnalato e ucciso il 7 aprile (Chris J Ratcliffe/Getty Images)

Per una grande città come Londra, un certo numero di omicidi ogni anno è probabilmente inevitabile. Tuttavia, se le cose continuassero come in questi primi mesi, nel 2018 Londra potrebbe tornare ai livelli di violenza del 2005, quando in un solo anno furono uccise 181 persone. I casi di cui si è parlato di più in queste ultime settimane, però, sembrano riguardare un certo tipo di violenza: coinvolgono per la maggior parte persone giovani e molto giovani, sono spesso legati all’uso di coltelli e hanno a che fare con dispute tra gang per il controllo dello spaccio di droga. Delle 51 persone uccise a Londra da inizio 2018, 25 avevano meno di 30 anni, 13 meno di 20 anni. Avevano meno di 20 anni anche 8 delle 10 persone ferite nei diversi incidenti di giovedì scorso.

Nonostante gli ultimi numeri, i dati di lungo periodo suggeriscono che Londra sia diventata con il passare del tempo una città sempre più sicura e le statistiche sulla criminalità – che non tengono in considerazione solo il numero degli omicidi – dicono che quasi tutte le attività criminali sono calate. Se da una parte è vero che ci sono sempre meno omicidi, sempre meno rapine, sempre meno truffe e sempre meno furti in casa, dall’altra è altrettanto vero che negli ultimi anni c’è stato un fenomeno in controtendenza: è aumentato il numero di incidenti legati all’uso di pistole e soprattutto coltelli. È proprio a questo tipo di violenza “di strada” che sembra legato il recente aumento del numero degli omicidi.

Un articolo del New York Times del maggio 2017 aveva già raccontato la preoccupazione per l’aumento dell’uso di coltelli a Londra, soprattutto tra gli adolescenti. L’articolo raccontava come per molti fosse diventata abitudine portare con sé un coltello quando uscivano di casa, anche tra persone che non avevano particolare vicinanza con gang o organizzazioni criminali di altro tipo. A questa tendenza, spiegava l’articolo, avevano contribuito la grande disponibilità di coltelli considerati “fighi” (per esempio i cosiddetti coltelli per gli zombie) e il fatto che molti ragazzi – soprattutto provenienti da famiglie e quartieri più poveri – avessero subito violenze in passato e considerassero i coltelli come una forma di difesa personale. Il problema è noto da tempo e a Londra sono attive da anni campagne per la raccolta di coltelli da parte della polizia: chi è stato da quelle parti avrà notato i contenitori per consegnarli in maniera anonima, che si trovano in diversi quartieri della città.

Uno dei contenitori per la raccolta di coltelli che si trovano in diversi quartieri di Londra (Chris J Ratcliffe/Getty Images)

Qual è il problema?
La sempre maggiore diffusione di coltelli, però, non basta da sola a spiegare il crescente numero di omicidi. Secondo gli esperti, le violenze hanno a che fare in molti casi con le rivalità tra gang, con le lotte per il controllo del traffico e dello spaccio di droga e con la facilità con cui grazie ai social network nascono rivalità molto accese e personali. In molti hanno suggerito anche un legame stretto con i tagli dei fondi per la polizia e per i servizi sociali, che si sono fatti sempre più profondi negli ultimi 8 anni di governo dei Conservatori.

La relazione tra il numero di agenti di polizia in servizio e l’aumento della violenza è una questione di cui nel Regno Unito si dibatte da tempo. Negli ultimi anni il numero di agenti di polizia in servizio nel paese è diminuito di circa 20.000 unità. Sfruttando le lamentele dei diversi corpi di polizia, l’opposizione Laburista ha spesso accusato il governo di mettere a rischio la sicurezza del paese per risparmiare soldi. Negli ultimi giorni anche il sindaco di Londra Sadiq Khan ha detto che per risolvere il problema della violenza servirebbero nuovi investimenti nelle forze di polizia e lunedì il segretario del partito Laburista Jeremy Corbyn ha detto che «non si può mantenere la coesione sociale se si tagliano i fondi alla polizia e ci sono 21.000 agenti in meno».

Un’analisi superficiale spingerebbe a credere che ci sia in effetti un rapporto di causalità tra il numero di agenti di polizia in servizio e i livelli di violenza e criminalità, ma le cose sono più complicate di così. Come ha spiegato anche il Guardian – un giornale molto critico nei confronti delle politiche di austerity del governo britannico – anche in anni in cui il numero dei poliziotti era ai suoi livelli più alti si sono registrati picchi di violenze e omicidi, mentre ci sono stati miglioramenti in anni in cui il numero degli agenti eran già stati pesantemente ridotto dai tagli (tra il 2009 e il 2014, per esempio).

La ministra dell’Interno britannica Amber Rudd lunedì 9 aprile durante la presentazione del nuovo piano contro la violenza (John Stillwell/PA via AP)

Presentando la sua nuova strategia per combattere la violenza nel Regno Unito, lunedì 9 aprile la ministra dell’Interno britannica Amber Rudd ha detto di ritenere dannoso e semplicistico dare la colpa della violenza ai tagli alla polizia, suggerendo che ci siano altri fattori più rilevanti per spiegare il problema. Rudd ha insistito molto sulla dannosità dei social network nella diffusione tra i giovani di una cultura violenta e criminale e ha promesso nuovi investimenti sia per la polizia che per combattere le cause sociali della violenza.

Il fatto che nelle più di 100 pagine di analisi e proposte presentate da Rudd non si parlasse per nulla dei tagli alla polizia ha comunque provocato diverse critiche al piano. Se è vero che non basterebbe avere più agenti di polizia per risolvere il problema della criminalità, ci sono esperienze passate – come quella di Glasgow (Scozia) – che suggeriscono come sia utile partire comunque da lì, in qualche misura.

Fino a una decina di anni fa la Scozia era il secondo paese d’Europa per numero di omicidi e a Glasgow c’era una delle situazioni peggiori. Nel 2005, per provare a combattere il problema, fu creata la VRU, l’unità di riduzione della violenza (Violence Reduction Unit), che per la sua efficacia è diventata negli anni un modello a cui sta provando ad ispirarsi anche la polizia di Londra. Il punto centrale dell’approccio della VRU è stato quello di trattare il problema della violenza come una questione di “salute pubblica”, invece che di polizia: il suo attuale direttore, Will Linden, ha spiegato come almeno nei primi anni di lavoro sia stato fondamentale avere molti e bravi agenti di polizia in servizio. «Abbiamo cominciato con il lavoro di polizia, agenti per le strade, perquisizioni, far rispettare le regole», ha detto Linden al Guardian.

Ma quindi Londra è una città pericolosa?
Il problema della violenza a Londra esiste, ma esiste anche un problema di percezione della realtà. Nel Regno Unito molti giornali hanno insistito sul fatto che Londra fosse diventata più pericolosa di New York, una città che nell’immaginario di molti è ancora violenta e in qualche misura pericolosa. In Italia, solo per fare un esempio, si sono letti titoli come “Notte di paura a Londra” o “Una notte di terrore a Londra”.

Il paragone con New York, ha spiegato BBC, è forzato per almeno due ragioni collegate. La prima è che per poter dire che “Londra ha più omicidi di New York” bisogna prendere in considerazione solo i mesi di febbraio e marzo 2018: se già si contano anche gli omicidi di gennaio, New York torna in testa alla classifica. La seconda ragione è che New York non è più la città pericolosa dei primi anni Novanta, quando ogni anno c’erano migliaia di omicidi, e ha fatto progressi enormi nel diventare più sicura. Se nel 1990 – l’anno peggiore di sempre – a New York ci furono 2245 omicidi, nel 2017 ce ne sono stati meno di 300. Insomma, anche se quest’anno Londra dovesse avere più omicidi di New York sarebbe in gran parte merito di New York e delle sue efficaci politiche di contrasto alla criminalità.

Dall’Italia, invece, può essere difficile capire cosa voglia dire che in una notte ci siano due omicidi a Londra, una città di più di 8 milioni di abitanti e una superficie dieci volte più grande di quella di Milano. Due omicidi in un posto che ha quasi la popolazione della Lombardia difficilmente potrebbero provocare una “notte di terrore”. Nel 2017 in Lombardia ci sono stati 0,4 omicidi per 100.000 abitanti. A Londra nello stesso periodo sono stati 1,2: un numero più alto, ma non drammaticamente più alto.

Un’auto della polizia di pattuglia a Caracas, nel 2014 (FEDERICO PARRA/AFP/Getty Images)

Altri paragoni possono aiutare a dare le dimensioni del problema di Londra, per evitare quanto meno il rischio di ingigantirlo. A New York, nel 2017, ci sono stati 3,4 omicidi per 100.000 mila abitanti, ma altre città negli Stati Uniti hanno avuto livelli di omicidi 20 volte più alti. A Detroit gli omicidi sono stati 39 per 100.000 abitanti e a Baltimora più di 55. A Caracas, in Venezuela, sempre nel 2017 gli omicidi per 100.000 abitanti sono stati 111; a Città del Capo, in Sudafrica, 62. A Berlino – che però ha meno della metà degli abitanti di Londra – ci sono stati 91 omicidi in tutto; a Madrid – che ha poco più di 3 milioni di abitanti – ce ne sono stati 39, mentre a Roma – dove vivono 2,8 milioni di persone – ce ne sono stati 21.