Il secondo giorno dopo le elezioni politiche di domenica 4 marzo è stato occupato principalmente dalle discussioni sulle possibili maggioranze che si potranno formare nel nuovo Parlamento: diversi leader del PD, tra cui Dario Franceschini, Matteo Orfini e soprattutto di nuovo Matteo Renzi, hanno escluso un sostegno del loro partito a un governo del Movimento 5 Stelle, e tantomeno del centrodestra. Con lo scrutinio praticamente finito, però, le possibilità non sono molte.
Alla Camera il centrodestra otterrà probabilmente 260 seggi, il M5S 221, il centrosinistra 112 e Liberi e Uguali 14; al Senato, il centrodestra avrà probabilmente 135 seggi, il M5S 112, il centrosinistra 57 e LeU 4. Né il centrodestra né il M5S hanno quindi la maggioranza per governare, e un qualche tipo di accordo sarà necessario. Oggi non ci sono state dichiarazioni o novità particolarmente rilevanti per quanto riguarda il possibile dialogo tra M5S e Lega, che ovviamente potrebbero governare se si alleassero tra loro.
Matteo Salvini, leader della Lega e principale vincitore di queste elezioni, ha detto che il centrodestra andrà unito a parlare con il presidente della Repubblica. Non ci sono state però dichiarazioni da parte di Silvio Berlusconi o di Forza Italia sul fatto se Salvini sarà effettivamente il candidato a presidente del Consiglio del centrodestra, anche se il suo partito è stato quello più votato della coalizione e controllerà più seggi in Parlamento (e d’altra parte così era stato promesso in campagna elettorale).
L’altra notizia politica della giornata è che Carlo Calenda, ministro per lo Sviluppo Economico e considerato da molti un possibile futuro leader del centrosinistra, ha annunciato che si iscriverà al PD, accolto con molto entusiasmo dai suoi futuri compagni di partito. Intanto la governatrice del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani si è dimessa dalla segreteria del PD. Si è parlato molto anche di una presunta dichiarazione di Renzi, che ieri ha annunciato le sue prossime dimissioni da segretario del PD, che avrebbe detto di non voler partecipare alle consultazioni con il presidente della Repubblica e anzi di voler andare a sciare. Lo ha riferito Massimo Giannini di Repubblica, spiegando di aver ricevuto dei messaggi da Renzi, ma Renzi ha smentito la storia di volere andare a sciare.
Toni Iwobi, 62enne nato in Nigeria e in Italia dal 1976, a capo di un’associazione che si occupa di cooperazione internazionale, è il primo senatore nero della Repubblica italiana: è stato eletto nel collegio di Bergamo, dove era candidato al terzo posto del listino plurinominale. Ed è della Lega.
https://www.ilpost.it/2018/03/06/toni-iwobi-lega-senatore/
I collegi uninominali che non sono ancora stati assegnati ufficialmente sono 10 alla Camera e 6 al Senato: sono tutti in Lazio, e in tutti i casi mancano pochissime sezioni alla fine degli scrutini. I vincitori sono quindi già sicuri, anche se non sono stati chiusi ufficialmente. Stando al sito del Viminale, i collegi che ancora non hanno concluso definitivamente gli scrutini sono: alla Camera quelli di Rieti, di Fiumicino, di Roma Trionfale (quello di Paolo Gentiloni), di Roma Montesacro, di Roma Collatino, di Roma Torre Angela, di Roma Gianicolense, di Roma Ardeatino, di Roma Tuscolano e di Marino. Al Senato quelli di Guidonia Montecelio, Roma Collatino, Roma Gianicolense, Roma Tuscolano, Frosinone e Fiumicino.
E per chi ha bisogno di un ripasso sulla storia di Carlo Calenda prima che tutti iniziassero a parlare di Carlo Calenda:
https://www.ilpost.it/2018/01/15/carlo-calenda-elezioni-2018/
Per avere un po' di contesto e dati sulle analisi del voto che si iniziano a leggere: chi è che sta sempre meglio in Italia? Chi ha subito meno gli effetti della crisi? Gli anziani.
https://www.ilpost.it/2017/07/14/poverta-ricchezza-anziani-giovani/
Ieri sera il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio ha detto durante la trasmissione Otto e Mezzo che due tra le principali promesse di M5S e Lega, rispettivamente il reddito di cittadinanza e l'abolizione della legge Fornero, non potranno essere realizzate. «È chiaro che né il reddito di cittadinanza né l'abolizione totale della legge Fornero sono praticabili perché costerebbero troppo. Ma qualcosa, per queste categorie, che sono le uniche categorie sulle quali si è scaricato tutto il peso della crisi da parte dei governi che l'hanno gestita così male, loro dicono di volerlo fare».
Lo scrutinio dei voti degli italiani all'estero – in base al quale si assegnano 12 seggi alla Camera e 6 al Senato – è ancora in corso e i dati sul sito del ministero dell'Interno riguardano 1.769 sezioni su 1.858. Alla Camera, il Partito Democratico risulta il più votato con il 26,5 per cento dei voti, seguono la coalizione di centrodestra con il 21.5 per cento dei voti e il Movimento 5 Stelle con il 17,5 per cento dei voti. Oltre che il PD, all'estero sono andati meglio anche Liberi e Uguali e +Europa, che hanno ottenuto entrambi circa il 5,5 per cento dei voti. Al Senato, le percentuali sono molto simili.
Lunedì prossimo ci sarà la direzione nazionale del PD, e la relazione d'apertura – visto che il segretario Matteo Renzi è dimissionario – la farà il vicesegretario Maurizio Martina. La direzione sceglierà quale sarà la delegazione del PD che incontrerà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per le consultazioni, delegazione di cui – a quanto sembra – Renzi non farà parte.
Un altro retroscena circolato stamattina è stato quello secondo il quale Dario Franceschini, ministro per la Cultura e tra i più importanti dirigenti del PD, vorrebbe sostenere un governo del M5S o del centrodestra. Franceschini lo ha smentito su Facebook, dicendo anche che «non trovo nemmeno traccia nel Pd di qualcuno che abbia in mente di farlo». «Abbiamo perso le elezioni e quindi l’unica strada giusta è possibile è andare all’opposizione», dice confermando la linea di Renzi.
https://www.facebook.com/paginaDarioFranceschini/posts/10156332727022792
C'è un nuovo sviluppo nella questione di Renzi che vorrebbe andare a sciare al posto di andare alle consultazioni al Quirinale: lo aveva detto oggi a Radio Capital Massimo Giannini, dicendo che glielo aveva scritto lo stesso Renzi, che però poi lo aveva smentito.
Parlando con la trasmissione di La7 L'aria che tira, Giannini ha dato la sua versione di com'è andata: Renzi gli ha mandato dei messaggi mentre era in diretta su Radio Capital, e lui li ha letti. Renzi voleva smentire che le sue dimissioni fossero state “false”, come sostenuto da Giannini in un video pubblicato ieri da Repubblica.it, e gli avrebbe scritto: «“Io mi sono dimesso, mi sono dimesso a tal punto che a me non interessa neanche fare le consultazioni al Quirinale. A me non frega niente, io vado a sciare”. E io ho riportato esattamente questa affermazione, tutto qua». Giannini ha ammesso che poteva essere una battuta.
Il segretario della Lega Matteo Salvini ha parlato con i giornalisti dopo un incontro con l'ex governatore della Lombardia Roberto Maroni e con il nuovo governatore Attilio Fontana, avvenuto oggi a Milano. Salvini ha detto tra le altre cose che è «contento della compattezza del centrodestra, andremo insieme al Quirinale», e che «c’è un Parlamento, c’è un candidato premier e c’è un programma che porterà l’Italia fuori dalle sabbie mobili. Chi vuole sostenere questo programma lo accettiamo. Ma non faremo accordi partitici». A una domanda su una possibile alleanza con il M5S, ha detto che non è in contatto con Luigi Di Maio o con altri: «Li vedo in televisione»
Si sta parlando da stamattina di una presunta candidatura del presidente della regione Piemonte Sergio Chiamparino alla segreteria del PD, che però non ha annunciato ufficialmente. Rispondendo a una domanda al riguardo, ha detto: «Sono qui a dare una mano, a fare quello che serve. Non sono qui a sgomitare perché non ho più l'età per farlo». Intervistato da Radio Anch'io, ha dato una risposta simile.
Matteo Renzi ha pubblicato un post su Facebook per chiarire le cose che aveva detto nella sua conferenza stampa di ieri e spiegare meglio quale sarà la posizione del Partito Democratico nei confronti del prossimo governo. Renzi ha ribadito la sua intenzione di dimettersi da segretario del partito e ha confermato la sua idea che il PD non debba allearsi alla destra o al Movimento 5 Stelle, chiedendo ai membri del partito che la pensano diversamente di discuterne nel partito.
Tra le altre cose, Renzi ha smentito di aver detto che non parteciperà alle consultazioni del Presidente della Repubblica per andare a sciare: lo aveva detto Massimo Giannini nel suo programma su Radio Capital, sostenendo che fosse stato proprio Renzi ad averglielo detto.
https://www.facebook.com/matteorenziufficiale/posts/10155728950999915
Due segretari regionali del PD nelle ultime ore hanno annunciato le loro dimissioni dall’incarico. Sono Giacomo Leonelli dell’Umbria e Assunta Tartaglione della Campania. Entrambi hanno ritenuto di farlo in seguito ai risultati ottenuti dal partito nelle loro rispettive regioni.
Oltre alla conferenza stampa, ieri Matteo Renzi ha anche pubblicato sui social network un videomessaggio diretto agli elettori del PD, nel quale spiega la sua scelta di dimettersi non appena sarà stato formato il nuovo governo, con il partito all'opposizione.
Anche il CEO di FCA, Sergio Marchionne, ha commentato i risultati elettorali rispondendo ad alcune domande nel corso di una conferenza stampa a Ginevra, in Svizzera, dove sta per iniziare il Salone dell’auto: “Salvini e Di Maio non li conosco, non mi spaventano. Paura del M5S? Ne abbiamo passate di peggio”.
Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha commentato i risultati delle elezioni in rapporto a possibili effetti sulle attività industriali in Italia e più in generale sull’economia: “I 5 Stelle non fanno paura, valutiamo provvedimenti, stiamo parlando di partiti democratici: l’importante è che si assicuri un governo al paese”. Boccia ha anche detto di confidare che “non si cambino provvedimenti che hanno avuto effetti sull’economia reale”.
In molti si chiedono quanto potrà durare questa nuova legislatura, viste le condizioni in cui è iniziata e la difficoltà nell’immaginare maggioranze solide per sostenere un governo. Nella storia della Repubblica, la legislatura più breve di sempre fu la XI, iniziata il 23 aprile 1992 e finita il 15 aprile 1994: 723 giorni. A essere precisi, considerandola una legislatura, la più breve fu però quella dell’Assemblea Costituente, che durò 683 giorni, subito dopo la Seconda guerra mondiale.
Nella storia della Repubblica solo 9 legislature sono state portate a compimento, quindi alla loro naturale scadenza dopo 5 anni. Quattro sono durate 4 anni, una 3 anni e 4 due anni circa (compresa l’Assemblea Costituente). Formalmente l’attuale legislatura non è ancora iniziata: dovremo attendere il 23 marzo prossimo, giorno della prima convocazione del Parlamento.
Un rapido ripasso dei seggi assegnati finora sulla quasi totalità dei voti espressi (ne mancano poche migliaia):
Camera
Centrodestra 260
Movimento 5 Stelle 221
Centrosinistra 112
Liberi e Uguali 11
Senato
Centrodestra 135
Movimento 5 Stelle 112
Centrosinistra 57
Liberi e Uguali 4
Dai conteggi, che naturalmente sono ancora provvisori, mancano i seggi assegnati nelle circoscrizioni estere.
Prima del voto e subito dopo i primi risultati elettorali, sono circolati articoli e analisi su possibili ripercussioni in borsa e per l’euro. In realtà la borsa di Milano non ha avuto particolari scossoni nelle ultime 24 ore: ieri il principale indice, Ftse Mib, ha chiuso a -0,4 per cento, mentre oggi si sta mantenendo intorno all’1,5 per cento. Del resto c’è ancora tempo per fare previsioni e passeranno settimane prima di capire con quali modalità si formerà un governo.
La pagina Facebook dei Giovani Democratici Pesaro, cioè dell'organizzazione giovanile del PD del collegio dove ha perso Marco Minniti, ha fatto una battuta sui problemi del partito che è stata molto condivisa. Dice, in pratica, che il problema del PD sta nell'età dei suoi elettori.
https://www.facebook.com/GdPesaro/posts/588070818210394
Silvio Berlusconi non ha ancora fatto dichiarazioni pubbliche sull’esito delle elezioni di domenica, dove Forza Italia ha ottenuto un risultato molto al di sotto delle aspettative, con il 14 per cento circa. Lunedì Berlusconi ha ricevuto brevemente ad Arcore il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha preso più voti di tutti nella coalizione di centrodestra. Sempre ieri, Forza Italia ha diffuso un comunicato dove dice che: “Il centrodestra è il vincitore politico di queste elezioni e l’apporto numerico-politico di Forza Italia è stato evidentemente determinante per questa affermazione, nonostante il grande svantaggio causato dall’incandidabilità del suo leader Berlusconi”. Nella nota c’è anche scritto che Forza Italia si augura che “al centrodestra venga conferito il mandato di formare il governo”.
Un video pubblicato dalla pagina Facebook del Partito Democratico mostra Matteo Richetti escludere categoricamente un sostegno a un eventuale governo del Movimento 5 Stelle.
https://www.facebook.com/partitodemocratico.it/videos/10155717517261896/
Massimo Giannini ha detto a Radio Capital che Renzi gli avrebbe detto di voler "andare a sciare" invece che guidare la delegazione del Partito Democratico che incontrerà il Presidente della Repubblica durante le consultazioni per formare il prossimo governo.
Dopo l’annuncio di Matteo Renzi di non volere stringere nessuna alleanza con M5S e Lega in vista della formazione del nuovo governo, si sta aprendo un dibattito molto ampio all’interno del PD, tra chi sostiene la linea del segretario e chi vorrebbe invece un atteggiamento più interlocutorio con gli altri partiti. Tra i sostenitori di questo secondo approccio c’è Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali di Milano:
In seguito Majorino ha chiarito meglio la sua posizione, spiegando di essere convinto che il PD non debba allearsi col M5S, ma che dovrebbe comunque avere un atteggiamento più aperto nei suoi confronti, soprattutto per quanto riguarda i singoli temi. I suoi tweet hanno ricevuto numerose risposte, compresa quella di Ivan Scalfarotto, che si è detto contrario a qualsiasi forma di accordo.
Ivan Scalfarotto, parlamentare del PD e sottosegretario allo Sviluppo economico, analizza nel suo blog sul Post le ragioni della sconfitta elettorale e identifica i modelli da cui ripartire per rilanciare il PD. Riconosce gli errori fatti negli anni di governo e in campagna elettorale, a partire da quello di “non aver saputo ascoltare a sufficienza” e di avere trascurato molte parti d’Italia, a cominciare dal Mezzogiorno, dove il PD ha ottenuto risultati molto deludenti e dove il M5S ha raccolto enormi consensi. Scalfarotto rivendica però di “non avere ceduto alle promesse facili e sbagliate” e di avere tenuto “un profilo riformista”.
Noi abbiamo perso, M5S ha vinto, la Lega ha vinto. Gli elettori hanno chiaramente chiesto un governo M5S-Lega, che è l’unico che pare avere una maggioranza per governare. Gli italiani hanno anche bocciato il nostro lavoro al governo e ci hanno mandato con chiarezza all’opposizione, che è il posto dove ora dobbiamo stare.
Questo il telegramma.
Poi ci sono le riflessioni. Per esempio, che la Lega probabilmente non ci starà a fare il junior partner di M5S, perché Salvini non vorrà lasciare Palazzo Chigi a Di Maio. O che M5S in fondo in fondo pensa che sarebbe meglio restare ancora all’opposizione per fare il botto al prossimo giro. O che qualcuno, tipo Michele Emiliano, dall’alto del suo successo in Puglia (zero collegi e sparizione politica del PD, poco sopra il 13%) suggerisca di fare noi la stampella del M5S. O ancora che altri ci suggeriscano di sostenere governi tecnici o del Presidente, o altre formule del genere. Tutte idee che faremo bene a mandare indietro al mittente, tanto quelle di Emiliano che quelle degli altri.
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Emma Bonino ha tenuto una conferenza stampa per commentare il risultato di +Europa: ha detto che non aveva capito che quella dell'antieuropeismo, del populismo e del sovranismo non era un'onda ma uno tsunami. «Anche avendolo capito prima, non so cosa avremmo potuto fare di più». Bonino ha detto che +Europa «ha perso, questo va detto con nettezza. Indipendentemente dal numero di chi entrerà in Parlamento». Ha detto comunque che +Europa continuerà.
L'enorme successo del M5S in Sicilia, dove ha vinto in tutti i collegi uninominali sia alla Camera sia al Senato e dove ha ricevuto circa il 49 per cento dei voti totali, ha avuto un effetto collaterale. Alcuni candidati del M5S erano infatti candidati sia all'uninominale che al plurinominale: in caso di elezione all'uninominale, la legge elettorale prevede che prevalga quella, e che l'eventuale seggio ottenuto al plurinominale passi al nome successivo nel listino. Ma per legge i nomi dei listini possono essere al massimo quattro, e in alcuni casi gli eletti del M5S sono stati più di quelli disponibili, perché alcuni candidati nel plurinominale sono stati eletti anche all’uninominale. È successo alla Camera nel collegio plurinominale di Messina ed Enna, a Catania e a Siracusa-Ragusa, e al Senato nel collegio della Sicilia orientale. Non è chiaro come verrà risolto il problema, che riguarda in sostanza tre seggi alla Camera e uno al Senato.
Finito definitivamente lo scrutinio, sistemate le procedure burocratiche di insediamento dei nuovi parlamentari, centrodestra e M5S dovranno decidere come gestire la propria posizione di forza nel Parlamento. Se come sembra il leader del centrodestra sarà Matteo Salvini, dovrà verificare se c'è un modo di trovare abbastanza deputati e senatori da raggiungere una maggioranza, senza ricorrere a «alleanze strane», come ha detto lui. Luigi Di Maio dice che vuole l'incarico, visto che il M5S è il primo partito, ma per governare dovrebbe trovare la collaborazione di decine di altri parlamentari, non si sa ancora quali. E il centrosinistra dovrà decidere come comportarsi, tenendo conto che Matteo Renzi ha detto che rimarrà segretario ancora per un po' proprio per evitare alleanze con Lega e M5S.
I risultati di queste riflessioni, decisioni e trattative politiche li osserveremo e li leggeremo sui giornali in questi giorni, probabilmente, in mezzo a mille altre ipotesi che non si verificheranno: qualcosa di concreto si vedrà per la prima volta dal 23 marzo in poi, quando il nuovo Parlamento eleggerà i nuovi presidenti di Camera e Senato. Per eleggerli servirà trovare una maggioranza assoluta di qualche tipo, e quindi capiremo per la prima volta quali partiti politici avranno deciso di collaborare e in che modo.
Tutte cose che torneranno utili a Sergio Mattarella, che dopo l’elezione dei presidenti di Camera e Senato inizierà le consultazioni: parlerà con tutti i rappresentanti dei gruppi parlamentari e poi, sulla base di quello che avrà ascoltato, deciderà a chi affidare l’incarico di formare un governo. Una cosa importante da sapere: il presidente della Repubblica tradizionalmente affida l’incarico a chiunque ritenga in grado di avere la fiducia della maggioranza assoluta del Parlamento, non a chi rappresenta il partito o la coalizione che ha preso più voti.
Tra i deputati molto in vista del Movimento 5 Stelle ad aver perso ai collegi uninominali, invece, c'è l'ex direttore della Padania Gianluigi Paragone, che ha perso a Varese, Danilo Toninelli, candidato a Cremona al Senato e Vito Crimi, anche lui al Senato a Lumezzane, in provincia di Brescia. Il M5S non ha vinto in nessun collegio in Lombardia. Paragone, Toninelli e Crimi sono stati comunque eletti nel proporzionale.
Uno che non aveva il cosiddetto “paracadute”era Dino Giarrusso, ex inviato delle Iene, che ha perso nel collegio Gianicolense di Roma alla Camera e non essendo candidato nel proporzionale è rimasto fuori dal Parlamento.
https://www.facebook.com/ienadinogiarrusso/posts/2310728285611357
Tra le storie di cui si è parlato di più ieri c'è stata quella del collegio uninominale di Pesaro, dove il Partito Democratico candidava Marco Minniti, ministro dell’Interno e storico dirigente del PdS e dei DS, prima ancora che del PD. Lo stesso Renzi ha citato il caso di Pesaro come emblematico, secondo lui, di quello che è successo domenica: Pesaro è una storica roccaforte della sinistra, e Minniti è uno dei ministri più popolari del governo Gentiloni. Con il suo lavoro – apprezzato da molti e criticato da molti altri per le sue misure considerate troppo dure e poco umanitarie – era riuscito a rallentare il numero degli sbarchi di migranti sulle coste italiane.
Il principale avversario del PD era Andrea Cecconi del Movimento 5 Stelle, uno dei parlamentari che durante la campagna elettorale avevano ammesso di aver falsificato i rimborsi da versare ogni mese a un fondo per il microcredito. Nonostante Cecconi avesse smesso di fare campagna elettorale, e avesse annunciato di voler concludere la sua carriera politica e di volersi dimettersi non appena fosse stato eletto, ha battuto Minniti, che è addirittura arrivato terzo dietro alla candidata di centrodestra.
https://www.ilpost.it/2018/03/05/collegio-pesaro-minniti-cecconi/
Alcune mappe di come sono andate le sfide ai collegi uninominali, piene di cose interessanti. Si vede per esempio il collegio uninominale più a Sud in cui è stato eletto un candidato della Lega: alla Camera è Francesco Zicchieri, che ha vinto con il 41 per cento a Frosinone, al Senato è Umberto Fusco, che ha vinto con il 38 per cento a Guidonia Montecelio, entrambi in Lazio. A sud della Toscana, invece, il centrosinistra ha vinto soltanto in alcuni collegi di Roma.
L'aspetto più impressionante però è quello dei risultati al Sud, dove il M5S ha vinto ovunque. Gli unici collegi uninominali in cui ha vinto il centrodestra sono stati quello di Agropoli, in Campania, e di Vibo Valentia e Gioia Tauro in Calabria, per quanto riguarda la Camera; al Senato, ha vinto solo a Reggio Calabria (la mappa di YouTrend ha un errore: il collegio di Messina al Senato è andato al M5S).
Alle regionali in Lazio intanto lo spoglio è praticamente finito: Nicola Zingaretti ha vinto con il 33,9 per cento circa, mentre Stefano Parisi del centrodestra è al 31,3. Roberta Lombardi, candidata del Movimento 5 Stelle, si è fermata al 27,9 per cento circa. È stata una vittoria più risicata di quella del leghista Attilio Fontana in Lombardia, che ha ottenuto circa venti punti in più di Giorgio Gori del centrosinistra.
C'è un nuovo corto del fumettista Gipi, andato in onda durante la trasmissione di Zoro Propaganda Live. È sul giorno dopo il 4 marzo.
https://vimeo.com/257529122
Pippo Civati, leader di Possibile e candidato nei listini plurinominali alla Camera a Bergamo e Brescia con Liberi e Uguali, non è stato eletto: sul suo blog ha pubblicato un post per ringraziare comunque i suoi elettori, e spiegare cosa non ha funzionato nella campagna elettorale di LeU (e in quella degli altri partiti del centrosinistra).
Ero molto pessimista negli ultimi giorni e purtroppo avevo ragione: il paese andava in un’altra direzione e il detto tedesco secondo il quale «dalle larghe intese si esce sempre a destra» non è mai stato così drammaticamente vero.
La destra cresce in tutte le sue forme, fino ai neofascisti che salgono come mai prima d’ora.
I 5 stelle godono dell’eredità che cinque anni più uno di larghe intese hanno lasciato loro. E la maggioranza delle larghe intese si restringe fino ai minimi storici, eppure leggo ancora molta arroganza nelle parole del dopo voto.
Dopo il referendum del 4 dicembre, chiunque avrebbe cambiato linea e modalità di relazione politica. Invece si è deciso di proseguire come se nulla fosse accaduto, in un continuo autocompiacimento di se stessi, con modi gentiloni e però lo stesso schema politico in testa.
La sinistra è partita tardi, dopo i lunghi mesi trascorsi ad aspettare Godot, il leader individuato che, come sapete, era stato un altro. La sinistra ha scommesso sull’autonomia, che è cosa buona (anche se per molti tardiva), ma non ha puntato che molto parzialmente sull’innovazione, né sulle modalità democratiche che in molti di noi avevano caldeggiato, fino a doverne litigare.
Carlo Calenda, ministro per lo Sviluppo Economico e da alcuni mesi considerato un possibile futuro leader del centrosinistra, ha detto che domani si iscriverà al Partito Democratico, perché «non bisogna fare un altro partito ma lavorare per risollevare quello che c'è». Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni lo ha ringraziato.
In molti avevano dubbi sulle reali intenzioni di Calenda di diventare un leader del centrosinistra, perché finora era sembrato poco interessato a entrare nelle dinamiche del PD.
Ieri erano iniziati a circolare i nomi dei leader dei vari partiti che erano stati battuti nei propri collegi uninominali: molti erano del centrosinistra, e tra gli altri c'erano il ministro dell'Interno Marco Minniti, quello della Cultura Dario Franceschini e quella della Difesa Roberta Pinotti, che hanno perso a Pesaro, Ferrara e Genova. Claudio De Vincenti, ministro per la Coesione territoriale e Mezzogiorno, ha perso nel collegio uninominale di Sassuolo. Di poco, ha perso anche la ministra per l'Istruzione Valeria Fedeli, candidata nell'uninominale al Senato a Pisa. Tutti sono stati comunque eletti perché erano candidati anche nei listini plurinominali.
I ministri della Giustizia Andrea Orlando e dell'Agricoltura Maurizio Martina sono stati eletti direttamente con il proporzionale, mentre il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, la ministra alla Pubblica Amministrazione Marianna Madia, il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, il ministro dello Sport Luca Lotti e il presidente del Consiglio uscente Paolo Gentiloni hanno vinto nei propri collegi a Siena, Bolzano, Roma, Reggio Emilia, Empoli e Roma.
La situazione della nuova Camera e del nuovo Senato ci dice soprattutto una cosa, e cioè che non esiste una maggioranza di quelle che si ipotizzavano prima del voto: cioè del centrodestra unito, o del PD + Forza Italia. Gli scenari possibili, quindi, sono piuttosto arditi:
Centrodestra + "responsabili"
Centrodestra unito + centrosinistra unito
Movimento 5 Stelle + Lega
Movimento 5 Stelle + PD + LeU
Qui abbiamo spiegato i problemi di ciascuna, e come potrebbero realizzarsi:
https://www.ilpost.it/2018/03/06/numeri-parlamento/
Il Viminale non ha ancora comunicato le ripartizioni ufficiali dei seggi al Senato, ma abbiamo già un'idea piuttosto chiara. Con il sistema proporzionale, il centrodestra dovrebbe ottenere 77 seggi, il M5S 68, il centrosinistra 44, LeU 4. Sommandoli a quelli assegnati dai collegi uninominali già decisi, il centrodestra dovrebbe ottenere 135 senatori, il M5S 112-114, il centrosinistra 57-59, LeU 5.
Visto che sono stati scrutinati quasi tutti i circa 33,5 milioni di voti ricevuti, sappiamo già quanti seggi riceveranno i partiti alla Camera con il sistema proporzionale, che assegna due terzi dei deputati. Li ha comunicati il Viminale: 151 li ha ottenuti il centrodestra, che ha raggiunto il 37 per cento; 133 il Movimento 5 Stelle, che ha raggiunto il 32,68 per cento; 88 il centrosinistra, che ha raggiunto il 22,85 per cento; 14 Liberi e Uguali, che ha raggiunto il 3,39 per cento.
Insieme ai seggi uninominali alla Camera già assegnati, il centrodestra arriva a 260 deputati, il M5S a 221, il centrosinistra a 112, LeU a 14. Ci sono ancora dieci seggi dei collegi uninominali da assegnare, più i 12 eletti dall'estero.