I braccialetti di Amazon e la pistola di Čechov

Stefano Bartezzaghi consiglia di trattare con meno sufficienza le preoccupazioni di chi si è sentito minacciato dal brevetto di Amazon

(YOAN VALAT/AFP/Getty Images)
(YOAN VALAT/AFP/Getty Images)

Sull’edizione domenicale di Repubblica, Stefano Bartezzaghi ha scritto di uno dei temi più discussi di recente in questa campagna elettorale: i braccialetti brevettati da Amazon per facilitare e automatizzare il lavoro dei propri magazzinieri (che per ora rimangono solo un brevetto). Bartezzaghi spiega che nonostante la polemica sia stata banalizzata dalla discussione di questi giorni, «il problema c’è e riguarda l’integrazione di uomo e macchina»: tanto più nel caso di un dispositivo del genere, di cui bisogna considerare per forza anche gli abusi che potrebbero farne le aziende. Il ragionamento è lo stesso di una vecchia legge della narrativa attribuita allo scrittore russo Anton Čechov, e sintetizzata così da Bartezzaghi: se nel primo atto in scena si vede una pistola, quella pistola dovrà sparare entro il terzo.

Fra gli artificiosi ardori della campagna elettorale, l’effetto si è moltiplicato immensamente e così la polemica sui “braccialetti elettronici” di Amazon è divenuta grottesca con inusuale rapidità. Alla sua base, però, c’è un pattern banale, un automatismo descritto dalla scienza delle comunicazioni quando era ai suoi albori, più di cinquant’anni fa. Del resto, una legge individuata ancor prima dice che nulla è più inedito della carta stampata. Viene confermata ogni giorno.

Il pattern prevede un passo preliminare, che è l’introduzione di una innovazione tecnologica. A commentarla saranno coloro che la ritengono un passo ulteriore verso la prossima fine del mondo e coloro che invece ammirano il nuovo progresso dell’umanità.

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