Perché si parla del sindaco di Mantova

Mattia Palazzi del PD è stato denunciato per avere chiesto favori sessuali in cambio di aiuti economici: ma la donna interessata nega, e ci sono altre cose che non tornano

Il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, a Roma, nel 2015 (ANSA/GIORGIO ONORATI)
Il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, a Roma, nel 2015 (ANSA/GIORGIO ONORATI)

Il sindaco di Mantova Mattia Palazzi, eletto nel 2015 con il Partito Democratico, è stato indagato per concussione dopo una denuncia secondo la quale avrebbe chiesto dei favori sessuali in cambio del sostegno economico del Comune a un’associazione culturale cittadina. Se ne sta parlando molto sui giornali nazionali per via di alcune stranezze intorno alla vicenda: subito dopo la pubblicazione del primo articolo sulla storia, la donna alla quale secondo la denuncia Palazzi avrebbe chiesto favori sessuali ha detto di non essere stata lei a sporgere denuncia, e ha negato di avere ricevuto proposte del genere dal sindaco.

Inoltre, sia lei che l’avvocato di Palazzi, Paolo Gianolio, hanno fatto notare che l’associazione in questione non ha mai ricevuto finanziamenti dal Comune, ma soltanto un patrocinio – cioè una semplice approvazione – per un’iniziativa che poi, peraltro, non è stato usato.

In due articoli, uno di ieri e uno di oggi, la Gazzetta di Mantova ha spiegato quello che si sa della vicenda. Finora non sono stati diffusi né il nome della donna che avrebbe ricevuto le richieste di favori sessuali da parte di Palazzi, né il nome dell’associazione di cui è vicepresidente. Si sa però che sia lei sia la presidente dell’associazione sono state interrogate dalla sostituta procuratrice di Mantova Donatella Pianezzi come persone informate dei fatti. I loro smartphone sono stati sequestrati dai Carabinieri, così come quello del sindaco, insieme al suo tablet e a un suo vecchio computer. I carabinieri hanno anche chiesto una copia degli atti amministrativi del Comune sui rapporti con l’associazione.

Il sindaco ha detto di aver conosciuto la vicepresidente dell’associazione nel 2016, per ragioni politiche, e di averla incontrata più volte per parlare dell’associazione scambiando con lei alcuni messaggi. La donna ha detto di non aver mai ricevuto «pressioni indebite» dal sindaco, e di essere pronta a difenderlo. Secondo fonti all’interno dei Carabinieri della Gazzetta di Mantova i messaggi sarebbero stati scambiati via WhatsApp e su Facebook, e sarebbero numerosi: il giornale non ne ha però riportato nessuno che giustificherebbe l’accusa.

La Gazzetta di Mantova ha anche fatto un’ipotesi sull’origine della denuncia, di cui per ora non si sa nulla di certo:

«La vicenda si sviluppa in un teatro di piccole rivalità tra associazioni attive a vario titolo in città: l’una contro l’altra per contributi di entità contenuta, ma molto agguerrite (alcune sono in aperto dissenso con l’amministrazione accusata di averle penalizzate). Il sindaco commette la leggerezza di concedersi qualche confidenza con una rappresentante di uno di questi gruppi e i messaggi iniziano a circolare fino a terminare nelle mani di qualcuno che ci vede un’ipotesi di reato e informa i carabinieri. Nell’entourage di Palazzi i sospetti si indirizzano decisi sul consigliere di Forza Italia Giuliano Longfils, la cui passione per le iniziative giudiziarie è consolidata da decenni. Lui si trincera dietro ad un “no comment”».

Nella notte tra giovedì e venerdì Palazzi ha riunito la giunta comunale e ha raccontato la sua versione agli assessori prima che la notizia uscisse sui giornali. Dopodiché è andato fuori città, lasciando a capo del Comune il vicesindaco Giovanni Buvoli, che come il resto della giunta e delle forze di maggioranza ha detto di credere all’innocenza di Palazzi e di sostenerlo. Il sindaco parlerà con gli investigatori martedì 28 novembre.