Renzi dice che lo ius soli si può approvare al prossimo giro

«Farne l’unica battaglia di principio paradossalmente non fa l’interesse dei soggetti a cui è rivolta. È un problema tattico, direi»

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

L’edizione di oggi di Repubblica contiene una lunga intervista al segretario del PD Matteo Renzi, su tutti i temi più attuali del momento. Fra le altre cose Renzi ha parlato soprattutto di legge elettorale e degli ultimi mesi del governo Gentiloni.

A una domanda sullo ius soli, la legge sulla cittadinanza agli stranieri che si discute ormai da due anni, Renzi risponde di non condividere l’approccio dei parlamentari che ne hanno fatto la loro unica “battaglia di principio”, che si potrà approvare anche nella prossima legislatura. Renzi si riferisce probabilmente ai parlamentari che hanno aderito allo sciopero della fame organizzato dall’ex senatore del PD Luigi Manconi a sostegno della nuova legge. Renzi lascia intendere che iniziative del genere polarizzano il dibattito rendendo difficile trovare un compromesso, e spiega che in passato riuscì a far passare la legge sulle unioni civili “tenendola bassa”.

Sempre parlando di fiducia: l’avete messa sul Rosatellum, perché non sullo ius soli?
«Per me lo ius culturae arriverà. È scritto. Non so se in questa legislatura o nella prossima, questo non so dirlo. Però so una cosa: farne l’unica battaglia di principio paradossalmente non fa l’interesse dei soggetti a cui è rivolta. È un problema tattico, direi. Lo dice uno che ha ottenuto una legge sulle unioni civili tenendola bassa, e oggi si commuove quando incontra in aereo due ragazzi che, mano nella mano, mi dicono: “Stiamo partendo in viaggio di nozze”».

Delrio fa lo sciopero della fame mentre Boschi parla di rinvio della legge. Il governo non dovrebbe mostrarsi unito

«Parliamo di due amici del cosiddetto Giglio magico, che hanno lavorato in tandem alla legge. Graziano è stato l’ispiratore da sindaco, Maria Elena ha siglato l’accordo di merito quando era ai rapporti col Parlamento. Graziano, che soffre per la legge – che la vive come battaglia di vita o di morte – a domanda risponde che è disposto a fare lo sciopero, gesto che rispetto ma che non farei. Maria Elena ha detto che se non ci dovessero essere i numeri in questo giro, si farà nel prossimo. Dov’è la differenza?».

Renzi ha anche parlato delle future alleanze del PD e del suo rapporto con MDP, il partito nato dalla scissione decisa da Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani e altri leader che facevano parte dell’ala sinistra del PD.

Che obiettivo vi date?
«Penso che questa coalizione sia in tutti i collegi sopra il 30% e possa puntare altrove al 40%. Vedremo cosa farà il mondo di Campo progressista, per il quale le porte sono totalmente spalancate ».

In questo ragionamento c’è anche Mdp?
«Hanno rotto loro e i loro leader non vogliono ricucire. La loro rottura si spiega solo con il risentimento. Però sottovalutano un dato: la seconda Repubblica era caratterizzata dall’idea che un leader fa un partito, poi se ne va e quel partito finisce. La vera novità del Pd è che non appartiene a un leader. Ci sarà anche tra dieci anni, ovunque saranno Renzi, Veltroni o Gentiloni. Questa comunità esiste, comunque. È quello che non hanno capito Bersani e D’Alema. E che, prima di loro, non aveva capito Rutelli. Loro se ne sono andati, il Pd c’è ancora. Ed è più forte di prima».