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  • Mercoledì 27 settembre 2017

Cosa manca per fare il referendum in Catalogna

Un po' tutto, sembra: le schede elettorali, i seggi e una commissione che riconti i voti, ma per il governo catalano si farà, anche in strada e con "scatole di scarpe"

Un poster mostra un segnale di pericolo con dentro un seggio elettorale all'Università di Barcellona (JOSEP LAGO/AFP/Getty Images)
Un poster mostra un segnale di pericolo con dentro un seggio elettorale all'Università di Barcellona (JOSEP LAGO/AFP/Getty Images)

Mancano quattro giorni al referendum sull’indipendenza della Catalogna e nessuno sa cosa potrebbe succedere domenica: nemmeno se si riuscirà davvero a tenerlo, il referendum. Negli ultimi giorni il governo e la procura generale della Spagna hanno fatto di tutto per fermare la votazione, giudicata illegale dal Tribunale costituzionale: hanno mandato la Guardia civile a sequestrare le schede elettorali, hanno ordinato alla polizia catalana di impedire l’apertura delle scuole e altri locali designati come seggi, e costretto i cinque membri della commissione elettorale a pagare 12mila euro di multa al giorno, forzando la chiusura dello stesso organo. Il governo catalano non ha fatto passi indietro: in qualche modo il referendum si terrà, ha detto, anche se non è per niente chiaro in che modo.

Finora, dicono i giornali spagnoli, la polizia ha sequestrato 9,8 milioni di schede elettorali e ha bloccato l’invio delle lettere di convocazione dirette agli scrutatori dei più di 3mila seggi che avrebbero dovuto essere aperti per il referendum.

Non è chiaro invece dove siano le urne: il governo spagnolo, ha scritto il Pais, crede che siano tenute in un posto fuori dalla Catalogna, mentre qualche giorno fa un dirigente dell’Assemblea Nacional Catalana, un’organizzazione che promuove l’indipendenza della Catalogna, ha detto a Le Monde che si trovano a Barcellona, in un consolato di un paese amico. Le ultime indicazioni dei gruppi indipendentisti ai loro militanti, comunque, sono di portare delle casse di cartone affinché possano essere usate come urne, nel caso quelle originali non riescano ad arrivare ai seggi (o nel caso arrivino, ma i seggi vengano chiusi dalla polizia): «Nessuno rimarrà senza votare, anche se le urne saranno scatole per le scarpe. E se per caso la polizia arrivasse prima di noi ai seggi e non ci facesse entrare, voteremo per strada con le urne di cartone alternative», ha detto una persona del movimento indipendentista al Confidencial, rimanendo anonima.

La scorsa settimana, dopo le perquisizioni, i sequestri e gli arresti della Guardia civile spagnola negli edifici del governo locale a Barcellona, il vicepresidente catalano Oriol Junqueras aveva ammesso che le operazioni di polizia contro gli organizzatori del referendum avevano compromesso la votazione. Martedì il portavoce del governo catalano, Jordi Turull, ha detto una cosa simile, ma ha aggiunto che si voterà lo stesso, anche se non ha spiegato come: per esempio non ha specificato a chi sarà affidato il riconteggio dei voti dopo la chiusura forzata della commissione elettorale. Il governo catalano ha detto anche che domenica arriveranno in Catalogna accademici internazionali che certificheranno i risultati della votazione, ma non si sa nulla della loro identità. Il corpo di polizia responsabile di far rispettare gli ordini della procura spagnola sarà quello dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, accusata in passato dal governo spagnolo di avere fatto poco per fermare le azioni illegali degli indipendentisti. Se ai Mossos servissero dei rinforzi potranno intervenire le polizie municipali, mentre la Polizia nazionale e la Guardia civile, entrambe dipendenti dal governo spagnolo, verranno considerate solo come ultima risorsa.

Il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, ha detto che il risultato del referendum sarà valido anche senza il raggiungimento di un quorum: questo significa che non sarà richiesto un numero minimo di votanti per rendere valida la votazione, almeno per come la vede il governo catalano.

Secondo la “Llei de transitorietat jurídica i fundacional de la República” – cioè la legge che stabilisce come dovrà avvenire la transizione della Catalogna in uno stato indipendente, approvata l’8 settembre dal Parlamento catalano – l’indipendenza potrà essere proclamata dal Parlamento catalano riunito in seduta plenaria entro 48 ore dalla fine del referendum (questa norma, così come quella che rendeva possibile il referendum, è stata sospesa dal Tribunale costituzionale spagnolo e quindi oggi per la legge spagnola non può essere applicata). Di nuovo, non è chiaro cosa potrebbe succedere a questo punto, cioè cosa voteranno i membri dei partiti indipendentisti in Parlamento: per esempio il deputato Carles Campuzano del  Partit Demòcrata Europeu Català (PDeCA), cioè uno dei partiti che formano la coalizione indipendentista al governo Junts pel Sí, ha scartato l’ipotesi di una dichiarazione unilaterale di indipendenza e ha chiesto invece l’inizio di negoziati con lo stato spagnolo. Almeno per ora, però, il governo catalano sembra essere di parere diverso.