• Mondo
  • Giovedì 21 settembre 2017

In Messico si cercano i dispersi del terremoto

Soprattutto tra le macerie di una scuola vicino a Città del Messico dove sono morti almeno 21 bambini: in tutto il paese i morti sono oltre 230

(PEDRO PARDO/AFP/Getty Images)
(PEDRO PARDO/AFP/Getty Images)

Nel terremoto avvenuto in Messico lo scorso martedì sono morte almeno 230 persone, ma la stima è ancora provvisoria perché decine di squadre di soccorso sono al lavoro per cercare un numero imprecisato di dispersi tra le macerie degli edifici crollati. Il presidente messicano, Enrique Peña Nieto, ha proclamato tre giorni di lutto per ricordare le persone morte a causa del terremoto di magnitudo 7.1, che si è verificato a circa 120 chilometri a sud-est della capitale Città del Messico, dove interi palazzi sono crollati e altri edifici hanno subìto seri danni.

Le attività di soccorso nelle ultime ore si sono concentrate nei pressi della scuola elementare Enrique Rébsamen, a sud di Città del Messico nel distretto di Coapa. L’edificio è crollato durante il terremoto causando la morte di almeno 21 bambini e di 5 adulti: la ricerca dei dispersi prosegue ormai da quasi due giorni, con i genitori dei bambini in attesa fuori dalla scuola. I media locali hanno dato notizie di alcuni sopravvissuti individuati con telecamere termiche, o che si sono fatti sentire facendo rumore tra le macerie dove sono intrappolati. Le operazioni di soccorso nelle ultime ore sono state complicate dalla pioggia ma non hanno comunque fermato il lavoro di circa 500 persone tra soldati, poliziotti e volontari alla ricerca dei dispersi.

In tutta Città del Messico gli edifici completamente crollati sono 39, e intorno alle macerie si ripete quasi sempre la stessa scena, con decine di persone impegnate nella ricerca di eventuali sopravvissuti. Le ricerche sono a volte complicate dall’instabilità dei detriti, che rende necessarie ulteriori precauzioni di sicurezza. Si stima che da dopo il terremoto siano state recuperate almeno 50 persone ancora vive dagli edifici crollati o rimasti seriamente danneggiati.

I morti a Città del Messico per il terremoto sono almeno 100, altri 69 sono morti nello stato di Morelos, 43 in quello di Puebla e almeno una decina nello stato del Messico. In quasi tutte le città e i centri abitati coinvolti dal terremoto è stata decisa la sospensione delle lezioni scolastiche, in attesa degli accertamenti sulla stabilità degli edifici.

I governi di molti paesi dell’America centrale e del resto del mondo hanno offerto il loro aiuto al Messico, soprattutto per quanto riguarda la gestione dell’emergenza e le risorse per assistere le persone rimaste senza casa. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si è sentito telefonicamente con Peña Nieto offrendo aiuto. Trump era stato criticato per non avere espresso solidarietà e non avere contattato tempestivamente il suo collega in occasione del precedente terremoto, avvenuto a inizio settembre.

Il 7 settembre un altro terremoto, più intenso e di magnitudo 8.1, si era verificato al largo della costa occidentale del Messico, causando numerosi danni e la morte di almeno 98 persone. I due eventi per ora non sembrano essere collegati considerata la distanza di circa 650 chilometri tra i due ipocentri (il punto nel sottosuolo dove inizia a propagarsi la frattura che produce un terremoto), ma i sismologi dovranno analizzare i dati raccolti mercoledì e quelli degli ultimi giorni per capire meglio natura e caratteristiche della scossa. Buona parte del Messico è ad alto rischio sismico, perché il paese si trova sopra tre grandi placche tettoniche. Il terremoto di ieri e quello del 7 settembre hanno interessato la placca di Cocos, che nel suo lento movimento verso est sprofonda sotto la placca Nordamericana, sulla quale si trova buona parte del Messico. La placca di Cocos si avvicina di circa 75 millimetri ogni anno, creando tensioni negli strati profondi di roccia che si liberano quando si fratturano, causando i terremoti.